È stata eletta per un soffio. Solo nove voti sopra la maggioranza assoluta. In tutto 383 su 733, la percentuale più bassa degli ultimi 25 anni. Ursula Von der Leyen è la nuova presidente della Commissione europea, ma la sua è una vittoria di Pirro. Non ha superato la soglia psicologica dei 400 voti e ha fattfo peggio di Jean-Claude Juncker, eletto cinque anni fa con 424 voti. Addirittura José Manuel Barroso che non è passato alla storia come il predecessore più amato, nel 2004 ha fatto leggermente meglio di lei: 51.9% contro 51.27%.
E dire che il discorso di ieri così ispirato aveva fatto sperare tutti gli osservatori. Il pronostico prevedeva una vittoria schiacciante. Popolari, socialdemocratici e liberali insieme garantivan 444 voti. Ma avevamo predetto proprio ieri che Vdl avrebbe tribolato, e di molto. Non ci voleva un genio. Il suo discorso sembrava studiato a tavolino per accontentare tutti: un Green New Deal per gli ambientalisti, l’appello alla giustizia cieca che colpirà gli stati autoritari per i liberali e l’accenno alla lotta alla povertà e salario minimo europeo per i socialdemocratici. Ecco, un discorso forse troppo perfetto che ha ottenuto due effetti spiacevoli. Primo, i socialdemocratici e i Verdi non le hanno creduto, secondo i sovranisti di identità e democrazia che potevano venire in soccorso si sono tirati indietro perché il discorso era troppo federalista. La leader dei Verdi Ska Keller l’aveva detto a Linkiesta subito dopo il voto: «Le promesse fatte sono troppo generiche».
Von der Leyen aveva l’obiettivo di non essere eletta dai sovranisti. Non ci è riuscita. Perché se ha superato quella soglia è stato grazie ai 24 voti degli ungheresi di Fidesz guidati da Viktor Orbàn e i 26 PiS di Jaroslaw Kacynsky. Gli stessi due leader che avevano affossato la nomina di Timmermans due settimane fa al Consiglio europeo. Senza contare i 14 voti del Movimento Cinque Stelle, diventato alla fine, involontariamente, l’ago della bilancia che ha sempre sperato di essere. Il problema però è che ora sono tanti i partiti nazionali che si arrogheranno il diritto di essere l’ago della bilancia. Soprattutto quando si dovranno decidere i commissari. Vdl non ha voluto farsi eleggere da una comoda maggioranza di centro destra per essere il più europeista possibile e ora la sua Commissione vivrà molte tribolazioni.
Von der Leyen aveva l’obiettivo di non essere eletta dai sovranisti. Non ci è riuscita
Nove voti di vantaggio sopra la maggioranza assoluta è una dichiarazione di guerra del Parlamento europeo. Le audizioni dei 28 commissari saranno un calvario politico. Quei 327 voti contrari pesano, e tanto. Lo ha fatto capire anche il presidente del Parlamento europeo David Sassoli nella conferenza stampa dopo il voto: «Dovremo prepararci alle audizioni dei commissari designati, che come saprà saranno molto scrupolose da parte dei componenti di questo Parlamento. Ci aspettiamo che i temi di cui oggi ha parlato davanti all’Aulla saranno approfonditi e seguiti anche dai componenti del suo collegio durante le audizioni preso le commissioni competenti», ha detto rivolgendosi alla neo presidente della Commissione europea.
Von der Leyen non potrà sbagliare un nome: tutti i commissari dovranno corrispondere ai principi espressi ieri nel suo programma e forse è meglio così. Fin quando ne avranno potere socialdemocratici e liberali terranno al guinzaglio la commissione per costringere UVDL a rispettare il suo ambizioso programma. Ma il potere di ricatto non durerà a lungo e la stessa Von der Leyen lo sa. «Una maggioranza è una maggioranza. Due settimane fa nessuno mi conosceva» ha commentato la neopresidente della Commissione europea subito dopo l’elezione e ha ragione. Senza il voto a scrutinio segreto avrebbe avuto più consensi e avrà tempo per conquistare il Parlamento europeo. Fino al 31 ottobre non sarà una passeggiata. Ma dopo avrà le mani libere. Certo, bisognerà ricordare al Ppe da cui lei proviene che non è più il partito dominus dell’Aula. E non basterà avere qualche voto in più per imporre la propria agenda. Si vota ogni 5 anni e a tirar troppo la corda la prossima volta potrebbe spezzarsi.