Il fatto è antico, ma genera sempre interpretazioni nuove. La morte di Alessandro Magno colpì e impressionò gli antichi ma affascina anche i moderni. In particolare gli esperti di retrodiagnosi, cioè quella disciplina che cerca di scoprire le vere cause della morte (o della malattia) di una persona del passato attraverso gli strumenti della modernità. Cosa lo ha ucciso? Quale malanno ha interrotto la vita di uno dei monarchi più gloriosi di sempre?
Una delle ipotesi più antiche, già formulata dai contemporanei del re macedone, è l’avvelenamento. “Una sostanza così potente”, dicono fonti come Giustino nella sua Historia Philippica, “che poteva essere trasportata solo in uno zoccolo di cavallo”. Di cosa si trattava? Alcuni pensano all’arsenico, ma altri, come il tossicologo neozelandese Leo Schep, propendono per un mix letale fatto di vino e veratrum album, cioè l’elleboro bianco. I sintomi raccontati dagli storici (lunga febbre, debolezza, brividi, sudori, dolori addominali) sarebbero compatibili e, in più, Diodoro nota come Alessandro abbia cominciato a stare male “dopo aver bevuto una caraffa di vino”.
Coincidenze? Forse. Molti non ci credono e pensano che sia stata una malattia. La malaria, per esempio, che avrebbe contratto nelle settimane precedenti viaggiando lungo gli acquitrini intorno alla città di Babilonia. È una zona “a rischio anche oggi”, dicono gli studiosi, e i tempi di incubazione coincidono con il decorso della malattia per come è stata raccontata dagli storici. Figuriamoci, replicano altri scienziati, che trovano più plausibile la febbre tifoide, anche quella molto comune all’epoca e che presenta sintomi molto più compatibili di quelli della malaria.
E se invece, ipotizzano altri come Thomas Mather dell’University del Rhode Island, si fosse trattato di febbre del Nilo occidentale? L’avrebbe contratta sulla strada verso Babilonia: alcuni corvi, raccontano le cronache, caddero morti di fronte al suo corteo e vennero calpestati. Fu interpretato come un presagio, a questo punto da considerare negativo. In realtà, il virus uccide solo gli anziani e, in generale, tutte le persone con un sistema immunitario debole. E soprattutto non sarebbe diventato mortale per gli esseri umani prima dell’ottavo secolo d.C. Insomma, non è lui il colpevole.
L’incertezza lascia strada alle ipotesi: alcuni azzardano l’influenza (scartato), altri parlano di leucemia, altri ancora di una pancreatite acuta, causata dalle “enormi bevute e dai banchetti” cui si era dedicato nei giorni precedenti. Infine, c’è chi perfino avanza l’idea di un disordine neurologico, cioè la sindrome di Guillain Barré, causata da un batterio contratto pochi giorni prima. Tutti, nel fare le loro retrodiagnosi, si concentrano sui forti dolori addominali. Ma è anche vero, sostiene la dottoressa Katharine Hall dell’Università di Otago, in Nuova Zelanda, che alcuni storici parlano di una paralisi che saliva lungo il suo corpo. Questo avrebbe causato un equivoco: chi gli stava intorno lo avrebbe considerato morto quando in realtà Alessandro era soltanto immobilizzato e, addirittura, in grado di percepire cosa accadeva intorno a lui. Avrebbe allora assistito, nell’importenza assoluta, alle prime discussioni per la sua successione e agli scontri iniziali tra i suoi generali.
Questa teoria spiegherebbe anche le informazioni, considerate propagandistiche, sulla lenta decomposizione del suo corpo. I primi segni sarebbero cominciati dopo ben sei giorni. Potenza della sua natura divina? Tutt’altro. Alessandro era soltanto morto qualche giorno dopo rispetto a quanto si credette, sostiene la studiosa. E anche per questo la data della sua morte, una delle poche informazioni tramandate con precisione (tra il 10 e l’11 giugno) con tanto di informazioni meteorologiche (era nuvoloso) andrebbe rivista.