Più di un italiano su due non si fida dell’Europa. E secondo l’ultimo sondaggio di Eurobarometro è così per un motivo semplice: la sente lontana. Il 55% degli italiani dice di non aver visto i benefici dell’Erasmus, dell’abolizione del roaming, dei controlli alle frontiere, o i maggiori diritti per i passeggeri. Eppure si fidano molto di chi guida l’Italia. Anche se a guardare bene i dati che condizionano ogni giorno la nostra vita: dai trasporti al lavoro, dalla natalità ai processi, più che euro scettici dovremmo essere italo scettici. Tra un giro in moto d’acqua e una riunione ministeriale in camicia e ciabatte, gli italiani ormai sanno a menadito la routine vacanziera del ministro dell’Interno. Per questo suggeriamo qualche dato sull’Italia in Europa da mandare alla vocalist del Papeete beach, a patto che gridi le frasi sulle note dell’Inno di Mameli. Pronti? Siamo ultimi per natalità, ultimi per crescita del Pil, ultimi per investimenti in cultura, secondi per tasso di disoccupazione giovanile, primi per il numero di neo mamme più anziane, penultimi per numero di laureati e ultimi per vita lavorativa. Tradotto: gli italiani sono quelli che in Europa lavorano di meno. Non per pigrizia ma per opportunità, perché entrano molto tardi nel mercato del lavoro. Ce la prendiamo con Bruxelles, ma i nostri problemi hanno la forma di uno stivale. E nemmeno il governo del cambiamento è riuscito a cambiare le cose.
A rischio di passare per servi di Bruxelles denunciamo la nostra fonte. Non è il gruppo Bilderberg, né la Open Society di George Soros, ma l’Eurostat. Basta guardare le classifiche pubblicate dalla banca dati europea per vedere quanto siamo indietro rispetto agli altri Stati Ue. E non parliamo di quelli più virtuosi, ma della semplice media europea che raggiungiamo poche volte. Per esempio il 43,7% degli italiani non può permettersi una settimana di vacanza all’anno. La media europea è molto più bassa: 28,3%. Vuol dire che estoni, lettoni, portoghesi, slovacchi, sloveni hanno più soldi di noi per andare al mare. E tutti questi Stati hanno l’euro. Oppure parliamo di uno dei cavalli di battaglia del leader della Lega Matteo Salvini: i rimpatri dei migranti irregolari. Già ad aprile avevamo denunciato un ritmo imbarazzante rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale: solo 19 rimpatri al giorno, contro i 20 fatti dal suo predecessore Marco Minniti nel 2017. Secondo l’Eurostat siamo meno efficienti della Grecia, ovvero un Paese che ha gli abitanti della Lombardia. L’Italia è al sesto posto per ordini di espulsione dietro alla Francia (105.560), Spagna (59.255), i nostri cugini greci (58.325), Germania (52.930) e Polonia (29.375).
Nessuna delle regioni italiane ha una percentuale di laureati superiore alla media europea
Se sperate che le nuove generazioni risollevino il Paese, forse dovreste fare meglio i conti. Solo due italiani su dieci tra i 25 e i 64 anni hanno una laurea (19,3%), molto meno del 32,3% della media europea. Nessuna delle regioni italiane ha una percentuale di laureati superiore alla media europea. Ma che importa, tanto c’è l’università della vita, no? Quei pochi che riescono a laurearsi hanno più problemi a trovare un impiego rispetto ai loro coetanei europei. Solo il 62,8% dei laureati tra i 20 e i 34 anni riesce a ottenere un lavoro. La media europea? Oltre l’85%. Ancora peggio per i diplomati: solo il 61,7% termina gli istituti superiori, mentre la media europea è del 78,1%. Non è un caso che l’Italia sia il terzo Paese Ue con più disoccupati (10,7%), dopo Grecia e Spagna. Neanche parliamo del tasso di disoccupazione giovanile, anzi sì. I numeri sono implacabili: il 32,8%. Tradotto un terzo dei giovani non ha un lavoro. Un tasso anni luce rispetto a quello della Repubblica Ceca: 6%.
Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori e mammoni. Ci permettiamo di parafrasare una frase di Benito Mussolini, visto che va di moda. Ecco, secondo l’Eurostat quasi la metà (49,3%) dei giovani adulti italiani tra i 25 e 34 anni, vive ancora con i genitori. Non certo per scelta, ma per necessità. Fa rabbia leggere che la media europea è del 28,5%. Negli altri Stati Ue si diventa in media indipendenti economicamente a 26 anni, in Italia troppo spesso dopo i 30 anni. Per non parlare dei neet la categoria di giovani che non studiano, non lavorano e non cercano un impiego. L’Italia è il primo Paese europeo con il 28,9% tra i 20 e 34 anni. La media europea è 16,5%. Il governo gialloverde in questi giorni si è arenato sulla riforma della Giustizia italiana. Uno dei tanti stalli di questi mesi. Ma dovrebbero far presto. Perché secondo un’elaborazione dell’Agi sui dati del Consiglio d’Europa in Italia ci vogliono in media otto anni per arrivare al terzo grado di un processo civile contro i due della media europea. Per non parlare della durata dei processi nella giustizia penale che durano in media 3 anni e 9 mesi, contro la media europea di poco più di un anno. Per terminare il primo grado ci vogliono 304 giorni, nei paesi che formano il Consiglio d’Europa, che non è un organo dell’Ue, solo 138 giorni.
Ah, piccola nota per i politici di casa nostra: non siamo più la seconda manifattura d’Europa, ma la terza. La Francia ci ha superato, dello 0.6% nel 2017. Sarà stato sicuramente il vantaggio di avere il Franco Cfa
Un altro problema di cui non si parla mai è il Sud Italia. Sicilia, Campania, Calabria e Puglia sono tra le cinque regioni più povere d’Europa. Nel Mezzogiorno poco meno della metà degli abitanti tra i 20 e i 64 anni ha un lavoro. La media europea è del 73,1%. A dire il vero la regione più povera è francese: la Mayotte. Solo che non si trova in Europa ma nell’Oceano Indiano tra il Madagascar e Mozambico, perché è una regione d’oltremare. Che facciamo la contiamo? E dire che l’Italia è il secondo Paese nell’Unione europea per fondi ricevuti: 75 miliardi. Il problema però è che non li spendiamo. Dei finanziamenti del bilancio 2014-2020 sono rimasti ancora 58 miliardi inutilizzati. Ma la colpa sarà sicuramente di qualche eurocrate che nasconde le ricevute. Certo, ci sono classifiche dove l’Italia eccelle. Per esempio è il secondo Paese europeo per longevità o il primo per numero di cittadinanze date a stranieri: 146.605 nel solo 2017. L’Italia è anche il Paese ad aver aumentato di più la produzione di birra nel 2018: un 21% di aumento che ci rende leader in Europa nel settore. Che gli italiani bevano per dimenticare i politici di casa nostra? A proposito ecco una piccola nota per i governanti sovranisti: non siamo più la seconda manifattura d’Europa, ma la terza. La Francia ci ha superato, dello 0.6% nel 2017. Sarà stato sicuramente il vantaggio di avere il Franco Cfa.
Mezzogiorno, disoccupazione, natalità, Giustizia. La lista è lunga, lunghissima. Potremmo continuare per almeno altri dieci paragrafi, ma non vogliamo ubriacarvi con altri dati o rovinarvi la vacanza. Il punto è un altro. Per mesi i partiti di governo ci hanno detto che il problema è l’Europa che non ci fa indebitare abbastanza, che siamo contributori netti e diamo più di quello che riceviamo. Senza però aggiungere che per 3 miliardi persi ce ne sono 190 guadagnati ogni anno dalle industrie italiane che esportano in Europa senza dazi grazie al mercato unico europeo. Ma no, la colpa è dell’Euro, della Germania, dello spread, dei mercati finanziari e del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Anzi no di Ursula Von der Leyen che non è ancora entrata in carica ma è già stata accusata di andare contro l’interesse degli italiani. Arrivati al governo Lega e Movimento Cinque Stelle hanno promesso di abolire la povertà e di dare battaglia all’Europa. Ma dopo un anno, quello che secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe dovuto essere, bellissimo, siamo isolati in Europa, più poveri e più indebitati. Crescita zero, potere d’acquisto ai minimi, e il secondo debito pubblico più alto d’Europa. Scegliete voi a chi dare la colpa. I numeri non mentono.