Due giorni fa è stato il turno dell’approvazione del decreto Sicurezza bis, con la criminalizzazione dell’operato delle ong, il divieto di sbarco degli immigrati irregolari, in barba alle convenzioni internazionali che impongono il salvataggio di chi è in pericolo, e la rimozione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Prima, la discussione sulla riforma della giustizia, che sull’aspetto della prescrizione sospesa dopo il giudizio di condanna in primo grado ha di nuovo scatenato la lite tra gli esponenti della maggioranza. Non più di qualche settimana fa, poi, il caso di Savoini e dei finanziamenti russi alla Lega, su cui ancora resta molto da chiarire. Il 1 giugno del 2018, quattordici e rotti mesi fa, si insediava il governo Conte. Ma per molti versi potrebbe sembrare molto di più, considerando quante polemiche, scontri, rimpasti e decreti di dubbia utilità ha operato il governo giallo-verde in questi mesi. Ma se tenere il filo di tutto è difficile, e la memoria degli italiani notoriamente corta, c’è chi per tutto l’anno ha raccolto i materiali necessari a stilare il bilancio a tinte fosche di questo primo anno di governo: con il dossier “Stato di diritto” sono i Radicali a lanciare l’allarme: «Ci sono a nostro avviso le premesse per una messa in discussione, appunto, dello stato di diritto in Italia», dice a Linkiesta Silvja Manzi, segretaria dei Radicali e tesoriera di +Europa.
Dal ddl Pillon alla legge sulla legittima difesa, dall’abuso dei simboli delle forze dell’ordine allo scavalcamento delle istituzioni, il volto della politica italiana (e del Paese con lei) sta cambiando, al punto da essere diventato praticamente irriconoscibile. E così per i Radicali fondamentale è stato raccogliere gli elementi che mettono a repentaglio la democrazia e la convivenza civile, in un documento che comunque rimane aperto e «concepito come work in progress, perché quotidianamente ci sono elementi nuovi che destano preoccupazione. Le ultime settimane sono state particolarmente dense di eventi in questo senso», precisa Manzi.
Malgrado la situazione attuale sia inedita, non è che non ce lo si aspettasse: «dalla nascita del governo era chiaro che non si tratta di un governo improvvisato, ma ci sono linee direttrici molto precise che emergono con queste riforme, in particolare con quella della giustizia», dice Manzi. «Sia la riforma dei processi sia i due decreti sicurezza sono preoccupanti, perché scardinano il nostro ordinamento che, seppur imperfetto, garantiva una convivenza civile, ora invece messa in discussione».
«Dalla nascita del governo era chiaro che non si tratta di un governo improvvisato, ma ci sono linee direttrici molto precise che emergono con queste riforme, in particolare con quella della giustizia»
Perché se un ministro della Repubblica può impedire l’attracco di navi e l’arrivo di persone restringendo la loro libertà personale e violandone diritti fondamentali, se può attaccare le autorità indipendenti minacciandole di sostituirne i vertici (Inps e Boeri), se può esultare alla notizia dell’arresto di persone sospettate di un reato, chiamandole “bestie assassine” che “marciranno in galera” (il caso di Desirée), se può indossare pubblicamente le divise dei corpi armati dello Stato in funzione propagandistica, se può prendersi la libertà di far salire il figlio su una moto d’acqua della polizia mentre le forze dell’ordine sono in servizio, se può ringraziare la Madonna per l’approvazione di un provvedimento in uno Stato che pure è laico, se può dichiarare di essere stato “eletto dal popolo” contrariamente ai magistrati che lo inquisiscono (caso Diciotti) e se può parlare di censimento dei rom su base etnica, solo per citare qualche esempio tra i più lampanti, non solo sta violando un gran numero di principi costituzionali e di leggi dello Stato. È il segno che qualcosa di fondamentale non funziona, nella nostra bella democrazia.
Ancora. Se un partito in fase di formazione del governo può arrivare a ipotizzare una procedura di impeachment nei confronti del Presidente della Repubblica, se il presidente di una commissione parlamentare antimafia può pensare di istituire un ‘bollino blu’ per gli iscritti agli ordini professionali per “certificare la moralità” di cittadini e lavoratori, se un ministro della Giusizia può pubblicare un video con tanto di colonna sonora per vantarsi di un ex terrorista che viene scortato in carcere, non si tratta solo di uscite infelici o di scelte di cattivo gusto. È il segno che qualcosa di fondamentale è stato calpestato, nella nostra bella democrazia.
Ancora. Se un governo può affidare funzioni e cariche di massima importanza a soggetti di propria scelta, senza badare alle esperienze o al curriculum, se può nominare a capo del servizio pubblico personalità estremamente politiche, con contenuti monopolizzati e confronto politico azzerato, se può presentare una serie di disegni di legge delega, coi quali chiede al Parlamento di rinunciare ai suoi poteri e conferirgli l’autorità di legiferare su un numero ingiustificato di materie, dal turismo al lavoro, dall’istruzione all’ordinamento militare, se può proporre una legge che vieta ai maggiorenni non iscritti alle liste elettorali di iscriversi o finanziare in alcun modo i partiti o i movimenti politici (Spazzacorrotti), se può pensare di stabilire quanto tempo i genitori separati debbano trascorrere coi figli, delegando ad un “coordinatore genitoriale” ogni potere sul minore (ddl Pillon), se soffoca la concorrenza e favorisce le clientele, anche in deroga alle direttive comunitarie (concessioni demaniali), se boicotta il proseguimento dei lavori di una linea di collegamento ad alta velocità con l’estero, malgrado la sottoscrizione di accordi internazionali e più ratifiche del Parlamento italiano, e se esponenti chiave del governo possono preferire di affidare dichiarazioni su questioni di rilevanza istituzionale ai social network piuttosto che alle aule pubbliche a ciò adibite, non è solo una questione di opinione. È il segno che qualcosa di fondamentale si è rotto, nella nostra bella democrazia.
«Questo governo, e in particolare Matteo Salvini, sono l’espressione perfetta di qualcosa che c’era già e che magari era sotto la cenere, ma sulla quale ora è stata buttata la benzina per accendere il fuoco»
Gli aspetti affrontati all’interno del dossier sono numerosi, dall’assenza di un vincolo di mandato (quello che prevede che gli eletti votino secondo coscienza) nel regolamento 5 Stelle, il quale prevede l’espulsione dal gruppo parlamentare e una multa di 100.000 euro se i parlamentari non si attengono alle istruzioni imposte dal partito, alla modifica retroattiva dei vitalizi degli ex parlamentari, al principio dell’interruzione della prescrizione dopo il giudizio di primo grado (che significa ritenere l’imputato ormai definitivamente colpevole salva la formalità dell’appello), alla legge sulla legittima difesa (che “induce i cittadini a ritenere di avere il diritto di uccidere chi mette in pericolo i loro beni e inverte l’ordine dei valori fra la vita umana e i beni materiali”, cita il rapporto), a naturalmente il decreto sicurezza bis, che aumenta il numero di irregolari, accentuando la povertà e discriminando tra cittadini “nativi” e non, nella sottrazione della cittadinanza in caso di determinati reati.
Un quadro nel complesso «estremamente preoccupante», dice Manzi. Come si sia potuti arrivare ad una situazione tale, però, è complesso da stabilire. «Si tratta di un problema sia di natura legislativa che culturale», spiega Manzi. «Il problema è che questo governo, e in particolare Matteo Salvini, sono l’espressione perfetta di qualcosa che c’era già e che magari era sotto la cenere, ma sulla quale ora è stata buttata la benzina per accendere il fuoco». In più, «costruire un’opposizione forte in grado di contrastare la crescita del centrodestra è impraticabile, perché ad esempio la legge elettorale attuale, frutto del precedente governo, è pessima ed è fatta per non garantire parità di accesso a tutte le formazioni politiche. Senza contare il fatto che costruire consenso su queste cose è impossibile, perché i partiti di maggioranza dominano lo spazio pubblico e l’agenda mediatica».
Savoini è solo la punta di un iceberg, chi ci governa vuole l’influenza di un paese non democratico ma di un regime illiberale»
Pochi sono i dubbi sul fatto che la lista di violazioni sia destinata ad allungarsi. «La Costituzione dice che le istituzioni dovrebbero agire con onore, ma non è questo il caso», dice Manzi. Pochi sono anche i motivi per essere ottimisti, quindi, al di là di quella che sarà l’effettiva durata del governo, al netto delle minacce di far saltare il tavolo. È una politica decisamente diversa rispetto a quella che conoscevamo. E in cui interessi di parte stanno plasmando la ragion di Stato: «Savoini è solo la punta di un iceberg, chi ci governa vuole l’influenza di un paese non democratico ma di un regime illiberale. La subalternità rispetto alla Russia di Putin noi l’avevamo denunciata già anni fa. Se chi ci governa dice che quello è il modello a cui ci si riferisce…», dice Manzi. Chissà come avrebbe commentato Marco Pannella, se ci fosse stato. «Avrebbe certamente detto qualcosa di significativo», dichiara ancora la segretaria. «Non mi piace parlare per altri, già è difficile farlo per sé. Quel che è certo è che una persona come Marco Pannella oggi manca».
E certo è anche che la voglia di rialzarsi, per avere una possibilità, dovrebbe essere pari almeno all’entusiasmo con cui i leoni da tastiera macinano sentenze e insulti sui social e i fan del Capitano si mettono in fila per farsi firmare magliette e scattare selfie. Qualcosa che, ad oggi, appare decisamente più facile a dirsi che a farsi. Eppure, in gioco non ci sarebbe solo l’orientamento di una legislatura infausta, ma soprattutto il futuro del Paese negli anni a venire. «Penso sia necessario non lasciarsi travolgere ma cercare la forza per contrastare quella che sembra una deriva certa. Credo che un contrasto forte e diretto per esempio rispetto al decreto sicurezza, tramite iniziative di disobbedienza civile, il ricorso alla corte costituzionale, al capo dello Stato, dobbiamo prenderle in considerazione. È una responsabilità dei partiti ma anche dei singoli cittadini».