Caselle e pattuglie da definire, magari sfumando l’immagine di un governo che nasce come scelta opportunistica. Partire incendiari e arrivare pompieri è una soft skills che in questa stagione di governo sembra imprescindibile. E il percorso ha portato a livelli di demagogia difficilmente riscontrabili, con scenari del tutto inediti. «C’è una macro questione che riguarda il ruolo del centro-destra, il quale rimarrebbe fuori dal governo ma non verrebbe “obliterato” da un giorno all’altro. Questo lo dicono i rapporti di forza del consenso, ce lo dice il fatto che tutto il Nord è governato dalla Lega e che nei prossimi mesi ci sono importanti elezioni regionali, anche se di regioni storicamente della sinistra», afferma Lorenzo Pregliasco, direttore e cofondatore di YouTrend e della startup di ricerche Quorum.
Manca solo un punto al romanzo di mezz’estate, e a metterlo, di certo, non sarà Salvini. Il ministro dell’Interno, o meglio, l’ormai ex ministro dell’Interno, ha dalla sua, però, il consenso elettorale. Il quale non cambia con il cambiare di una maggioranza. «Un Salvini all’opposizione non avrà un potere d’agenda del ministro dell’Interno, ma figuriamoci quanto presidierà contro i porti aperti della sinistra. Pensare che un’azione di potere, come quella del governo nascituro, possa togliere di mezzo le istanze di questi mesi, è puramente illusorio».
Lorenzo Pregliasco, quali scenari vanno ad aprirsi in questa crisi?
La destinazione di questo percorso sembra essere quella Pd-M5s. È chiaro che se lo scenario è quello si vengono a porre molte questioni, due delle quali hanno direttamente a che fare con i due contraenti: Pd e Movimento 5 stelle. Ovvero a che cosa rinunciano e quali invece potenzialità si aprono per loro. C’è una macro questione poi che riguarda il ruolo del centro-destra, il quale rimarrebbe fuori dal governo ma non verrebbe “obliterato” da un giorno all’altro. Questo lo dicono i rapporti di forza del consenso, ce lo dice il fatto che tutto il Nord è governato dalla Lega e che nei prossimi mesi ci sono importanti elezioni regionali, anche se di regioni storicamente della sinistra. Le molte situazioni che si intrecciano potrebbero, quindi, portare a un Conte Bis.
L’Italia per definizione non è un Paese per governi lunghi, tantomeno lo è in questa stagione.
C’è poi la partita regionale…
Ricordo una situazione simile nel 2007-2008, quando c’era il governo di sinistra a livello nazionale e il centro destra in buona parte del Nord. È vero che non c’era la stessa compattezza che vediamo oggi: le regioni settentrionali hanno di fatto espulso la sinistra e i 5 stelle dai governi locali. Per tempi, sistemi elettorali e risonanza, è normale comunque che possa esserci un disallineamento tra regioni e governo nazionale. Fa un po’ sorridere, però, quella retorica pubblicistica del partito del Pil, che nei mesi scorsi ci raccontava come il Nord, o per meglio dire, parte dei settori imprenditoriale di esso, fossero irritati e delusi dal governo Lega-5 stelle; ecco chissà come verrà vissuto un governo sinistra-Movimento 5 stelle.
E poi aldilà del nord, sarà interessante vedere il balance of power, ovvero l’equilibrio dei poteri locali quando si rinnoveranno, nel complesso, tutte le elezioni regionali.Quale rischio si corre nel sigillare un nuovo matrimonio senza elezioni?
Già è difficilmente comunicabile un matrimonio simile, in quanto viene a togliere alcune delle ragioni essenziali del M5s e del Pd, specularmente. È chiaramente anche un’opportunità per dire che in questo modo tieni fuori dal governo il pericolo Salvini, in quello che si è consumato come un cortocircuito da lui stesso innescato, a margine anche della follia dell’ultimo mese che, a mio avviso, difficilmente aiuterà a migliorare il rapporto tra opinione pubblica e politica in Italia. Il rischio c’è nel ripetere, in termini di leadership e protagonisti, i governi passati. E in particolare per il M5s c’è la questione di aver sostituito da un momento all’altro la Lega con il Pd, il che implica un cambio di alcuni valori di fondo i quali dovranno essere spiegati all’elettorato.
Detto questo, anche se instabili e parziali, i dati che hanno spinto le manovre del Movimento 5 stelle un anno fa, non saranno li stessi dopo l’alleanza con il Pd.Si può considerare Salvini il grande sconfitto?
È chiaro che perderebbe il potere, e non è poco. Perderebbe quella centralità politica, amministrativa e di gestione, che aveva conquistato nel derby interno al centro destra con Forza Italia. Il tema però è che non cambierebbe in maniera sostanziale i rapporti di forza nel Paese: quando leggo, dati comunque ancora poco affidabili, il crollo della Lega sotto il 33%, in realtà fa ridere in quanto non cambia praticamente nulla rispetto alla competitività del governo del Paese. Cambia forse nel rapporto tra gli alleati, tra Salvini, la Meloni con Toti e via dicendo, ma non avvicina sicuramente né il Pd né i 5 stelle alla soglia per essere il partito di maggioranza per governare da soli.In un certo senso c’è una scommessa perduta da Salvini, ma non una scomparsa da un giorno all’altro del 33, 35 o 36 per cento di elettori della Lega
Rimarrà comunque a capo della forza principale del Paese…
In un certo senso c’è una scommessa perduta da Salvini, ma non una scomparsa da un giorno all’altro del 33, 35 o 36 per cento di elettori della Lega. Un Salvini all’opposizione non avrà un potere d’agenda del ministro dell’Interno, ma figuriamoci quanto presidierà contro i porti aperti della sinistra. Pensare che un’azione di potere, come quella del governo nascituro, possa togliere di mezzo le istanze di questi mesi, è puramente illusorio.Può avere lunga vita un governo M5s-Pd?
Posso dire che il contratto tra 5 stelle e Lega doveva portarci a 5 anni di governo e dopo un anno e due mesi siamo in questa situazione. L’Italia per definizione non è un Paese per governi lunghi, tantomeno lo è in questa stagione.
C’è una potenziale criticità, questo governo potrebbe durare quattro anni ma mi sembra improbabile. Ho notato anche un marcata semplificazione, nel senso che pensare al programma è illusorio: un governo è fatto di personalità e i punti da seguire sono solo un 10%. La rottura tra Movimento e Lega si pensa sia avvenuta per il programma? Assolutamente no. I governi cadono per le cose che succedono in corsa, quindi vedremo, anche se ripeto è un’occasione da opportunisti e non bisogna sottovalutare il cambio di maggioranza parlamentare. La quale produrrà un’azione di governo diversa, ma, a mio avviso, un Paese non viene cambiato da un cambio di maggioranza.