Forse, in una prossima epoca, i nostri disperati tweet quotidiani sullo scempio dei diritti e del buon gusto, del pudore e dell’educazione, ci sembreranno reperti o souvenirs, un po’ come medaglie e cappelli dell’Armata Rossa che finivano al mercato delle pulci dopo il crollo dell’Urss. Ma intanto, senza che molti – e purtroppo sono maggioranza – se ne accorgano, si sta bruciando una generazione, e con la generazione, anche un bel po’ di nonni e genitori ancora viventi.
I cannibali di futuro si stanno divorando tutto, secondo caratteristiche e credenze del loro Dna. Non capiscono parole e concetti come debito pubblico, recessione, tasse, investimenti, borsa, spread, demografia. E se capiscono, fanno finta che il film non abbia mai un finale. Basta uscire prima dalla sala o chiudere il cinema. Non accettano critiche né consigli, avendo ormai raggiunto una granitica certezza morale di che cosa sia bene e che cosa sia male e sanno anche che cosa sia e come si costruisca la felicità.
Un mondo perfetto, con le porte chiuse a doppia mandata, ben sorvegliato e protetto, in cui non saranno nemmeno più necessarie le armi e le condanne a morte (saranno utilizzate per un periodo transitorio) in quanto escluso che delinquenti, scansafatiche, accattoni e potenziali criminali credano ancora di riuscire ad avvicinarsi.
Per evitare che qualcuno sollevasse dubbi, hanno fatto credere che il domani sarebbe stato migliore se le loro teorie si fossero realizzate, hanno così arruolato milioni di membri della tribù, hanno cementato adesione e fedeltà facendo credere che promesse mancate e sogni, ritardati o infranti, di radioso domani fossero comunque colpa degli altri: disfattisti, oppositori per partito preso, alleati e infidi amici folgorati dalla realtà, potenze straniere e ovviamente stranieri per antonomasia: gli immigrati, classificati secondo una classifica eticamente eretta a a prova quotidiana. Tollerate badanti e baby sitter dell’Europa dell’Est, sopportati cinesi e orientali in genere, apprezzati se si compartano bene i filippini (occupano poco spazio), da tenere alla larga, pericolosi, spesso propensi a delinquere, africani, mulatti o negri, come vengono definiti dalla tribù in genere i neri, però con l’avvertenza «Non sono razzista». Il colore della pelle è spesso un‘ aggravante, dato che viene malvisto anche chi la indossa pur essendo nato e cresciuto nello stesso villaggio della tribù, chi pratica sport e anche nel caso in cui sia stato adottato da famiglia bianca. In alcuni casi, vengono già esclusi da alberghi, bar e spiagge, ma questo, nella tribù degli uomini veri, capita talvolta anche agli handicappati bianchi.
Non contenti, i cannibali di futuro hanno pensato di mandare in soffitta il ciarpame culturale in cui sono cresciute le precedenti generazioni, quelle che a scuola studiavano l’educazione civica, cantavano l’Inno di Mameli, crescevano studiando la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese
Non contenti, i cannibali di futuro hanno pensato di mandare in soffitta il ciarpame culturale in cui sono cresciute le precedenti generazioni, quelle che a scuola studiavano l’educazione civica, cantavano l’Inno di Mameli, crescevano studiando la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese, ossia i movimenti da cui è nata quella stupidissima idea che gli uomini e le donne abbiano uguali diritti, sia come uomini e donne, sia come cittadini ai quali non possono essere negate la dignità e la solidarietà in caso di bisogno. Oppure quell’altro inutile e fastioso principio della libertà di stampa, di cui si nutrono personaggi stravaganti e diversi, come gli Hobbit di Tolkien, per scrivere in fondo stupidaggini come questa favola estiva, sollevare dubbi, criticare leggi, strizzare l’occhio complice a pericolose organizzazioni sovversive che resuscitano i morti in mare per farli vivere in mezzo a noi.
Gli imitatori più giovani dei cannibali di futuro hanno di conseguenza pensato che fosse una nobile attività insultare il compagno di banco con la pelle scura, mettersi in gruppo per pestare e uccidere un pensionato o un handicappato, picchiare un cameriere africano, tirare pietre su quelli di sotto che raccolgono ortaggi non si sa bene perchè, e nemmeno se poi li lavano, insultare maestri e professori, alcuni dei quali – forse per quieto vivere o per sudditanza – hanno imparato a memoria il verbo dei cannibali e distribuiscono agli allievi teorie scientifiche e tesi storiche alternative, riguardo ad esempio il colore della pelle, la perniciosa scoperta dei vaccini, la rivoluzionaria ipotesi che la terra sia rotonda. È piatta! È piatta signori! Ed è troppo piccola perchè ci stiano sopra tutti, sopratutto i negri che, si sa, fanno anche più figli. E talmente piccola che secondo alcuni membri responsabili della tribù non ci sia più bisogno di strade, ponti, ferrovie di collegamento con tribù straniere.
Le due tribù fusero leggi e usanze, decisero che il capo dovesse essere uno solo, applaudirono e danzarono allegramente per il resto del tempo
Naturalmente i cannibali non si muovono da soli, ma in branco. Hanno bisogno di danze tribali attorno ai loro totem virtuali e reali, nelle piazze e, d’estate, sulle spiagge. Soprattutto hanno bisogno di un grande, magnetico, attraente stregone al quale affidare ciecamente le sorti della tribù festante. All’inizio della nuova era, gli stregoni erano due, come due erano le tribù. In effetti, avevano riti diversi ed esigenze diverse. Una tribù predicava il ritorno al baratto. L’altra progettava di recintare le proprie praterie e tenersi l’usufrutto. Anche gli stregoni, all’inizio, erano due.
Uno decise di produrne in casa uno più piccolo, senza immaginare che si sarebbe trasformato in cameriere. L’altro andò avanti da solo e fu così intelligente e furbo da conquistare il consenso e i riti della tribù dell’amico. Le due tribù fusero leggi e usanze, decisero che il capo dovesse essere uno solo, applaudirono e danzarono allegramente per il resto del tempo. La prateria era affare loro. Nessuno avrebbe potuto invaderla. Scontenti e stupidi lentamente se ne sarebbero andati a cercare fortuna altrove, nelle praterie confinanti, a nord.
Lo stregone, come tutti gli stregoni, non doveva dimostrare niente, ma solo ripetere alcune formule magiche, distribuire bacioni alla folla e dimostrare un’energia fisica eccezionale, tanto che molti membri della tribù si erano convinti che avesse il dono dell’ubiquità, che non dormisse la notte, che sapesse trovare in ogni momento della giornata una buona parola di speranza per tutti, ma moltissimi restarono risolutamente convinti che la formula magica, più efficace di un ordine, più onnicomprensiva di una speranza, fosse il grido di guerra iniziale : «Vaffanculo».