È uno dei Paesi più belli del mondo, carico di storia e cultura, amante della musica e dell’arte, attraente per il suo territorio lussureggiante. La sua gente è colta, gentile, ospitale. È un Paese la cui ricchezza naturale e intellettuale potrebbe garantire benessere, progresso sociale, istruzione diffusa, qualità della vita, rivoluzione ecologica. È uno dei Paesi fondamentali nella sua area continentale e per questo i vicini guardano con interesse e preoccupazione l’evoluzione della sua stagione politica.
Il Paese bellissimo ha visto un crollo del mercato azionario del 38 per cento, la sua moneta ha perso il 19 per cento del suo valore in un giorno, il tasso d’interesse è salito al 74 per cento, il livello di povertà è salito al 35 per cento, la produzione industriale è calata, la disoccupazione aumentata. I capitali sono in fuga e cercano di fuggire anche tanti cittadini, sopratutto giovani, per cercare fortuna altrove.
Che cosa è successo di tanto tragico in questo bellissimo Paese? Ci sono analisi complesse e risposte semplici. Sono falliti i tentativi di riforme dei precedenti governi, è fallito il progetto di modernizzazione industriale e tecnologica, sono falliti i propositi di mettere ordine nei conti pubblici, di spazzare via corruzione e burocrazia inutile, di fare pagare le tasse, di abolire privilegi, di ridurre il fardello costoso della casta politica e burocratica. È andato disperso il generoso sostegno di enti finanziari internazionali. È fallita l’idea di un Paese forte, coeso, solidale, inclusivo, è venuta meno la volontà politica di investimenti mirati su scuola, università, ricerca, sviluppo sostenibile.
Ci attendono aumento dell’Iva, una manovra finanziaria da lacrime e sangue, la necessità di rimediare i guasti di sciagurati provvedimenti degli ultimi mesi, l’urgenza di mettere ordine nei conti pubblici, l’obbligo di sottostare a parametri europei dopo estenuanti negoziati che hanno portato a impegni già sottoscritti
In questo Paese bellissimo si voterà probalmente il 27 ottobre, ma il risultato appare scontato. I sondaggi e la volontà popolare dicono che il potere sarà nelle mani di una storica sintesi di antico e di nuovo, un antico che in passato portò il Paese bellissimo sull’orlo del baratro, e un nuovo, figlio scapestrato della stessa famiglia, che promette un futuro naturalmente radioso, che rimedi gli errori delle gestioni precedenti ed esalti valori e tradizioni nazionali. Si chiama “Fronte di tutti” lo schieramento dato per vincente.
Certo i “tango bond” sono una cosa diversa dai “mini bond”. Certo, l’accoppiata peronista Alberto Fernandez-Cristina Fernandez de Kirchner è cosa diversa dal nuovo patto d’acciaio Salvini-Berlusconi-Meloni (gli ultimi due con il cappello in mano alla ricerca di collegi sicuri). Certo, il bellissimo Paese che ha sofferto l’ennesimo “lunedì nero” della propria traballante economia ha una dimensione industriale e una collocazione internazionale ben diversa da un Paese fondatore dell’Europa, fra le prime dieci potenze economiche del pianeta, interconnesso nei principali mercati finanziari, forte e integrato nella moneta più forte del mondo.
I paragoni sono dunque fuori luogo, azzardati, improbabili, tendenzialmente strumentali e offensivi? Risposta affermativa, se si confrontano il quadro presente, i dati economici, le forti differenze industriali e sociali. Risposta più incerta, o quantomeno più complessa, se si confrontano la storia recente e passata di svolte autoritarie e regimi dittatoriali che hanno lasciato ferite profonde e qualche inquietante nostalgia di maniere spicce, derive autarchiche, xenofobia. Risposta prudente su cui vale la pena di riflettere se riusciamo a immaginare il nostro futuro politico ed economico.
Ci attendono aumento dell’Iva, una manovra finanziaria da lacrime e sangue, la necessità di rimediare i guasti di sciagurati provvedimenti degli ultimi mesi, l’urgenza di mettere ordine nei conti pubblici, l’obbligo di sottostare a parametri europei dopo estenuanti negoziati che hanno portato a impegni già sottoscritti.
Ci è promesso un Paese bellissimo, con al centro i valori della famiglia, del matrimonio eterosessuale, dell’identità nazionale, dove si vive in pace e sicurezza, con le frontiere ben sorvegliate, una polizia efficiente, pronta ad stroncare manifestazioni sovversive, sbarchi di stranieri, traffici di cannabis, schiamazzi notturni, raduni pop
Ci sarebbe l’urgenza di rimettere in marcia l’economia, rimettere ordine in un territorio devastato, riformare la macchina dello Stato, rimanendo agganciati al treno europeo, senza scambiare binari e direzione.
Ci arrivano promesse di pensioni a quota cento, tasse al 15 per cento, duro confronto con l’Europa per fare quadrare i conti ad ogni costo e forse permetterci colossali investimenti pubblici: torneremo a parlare di Ponte sullo Stretto, come ai tempi di Berlusconi? E, finalmente, di ferrovie al Sud, mentre i soldi pubblici restano al Nord?
Ci è promesso un Paese bellissimo, con al centro i valori della famiglia, del matrimonio eterosessuale, dell’identità nazionale, dove si vive in pace e sicurezza, con le frontiere ben sorvegliate, una polizia efficiente, pronta ad stroncare manifestazioni sovversive, sbarchi di stranieri, traffici di cannabis, schiamazzi notturni, raduni pop. Un Paese amico dei Paesi in cui si suona la stessa musica, il Brasile di Bolsonaro dove si stanno divorando l’Amazzonia, la Russia di Putin dove chi scende in piazza lo fa a proprio rischio, l’America di Trump e dei Muri, la Cina che apre la via della Seta e chiude gli spazi di democrazia, l’Ungheria di Orban, dove gli stranieri stanno dietro i nuovi fili spinati, trent’anni dopo la cortina di ferro. Un Paese che vede l’Europa come una minaccia, che diffida dei vicini con i quali continua ad avere nonostante tutto il più alto interscambio commerciale, che applaude a chi lascia questa Europa, nonostante i dati evidenti sulle conseguenze della Brexit.
Non sappiamo se tutto questo si chiami peronismo o salvinismo. Abbiamo però sentito parlare di “pieni poteri”, di “prima gli italiani”, di convocazioni del parlamento a Ferragosto, come alla vigilia di una guerra o di…”decisioni irrevocabili”. E anche in questo bellissimo Paese si voterà probabilmente il 27 ottobre.