Sulla riforma della giustizia ieri è stato scontro. Il Consiglio dei ministri convocato nel primo pomeriggio, prima iniziato in ritardo, poi interrotto a più riprese e infine concluso solo a notte fonda, dà ancora una volta la misura della sostanziale divergenza tra i due partiti di maggioranza all’interno del governo. Luigi Di Maio aveva preannunciato una riforma “epocale” che la Lega non avrebbe potuto non accettare. Al centro della bozza la riduzione sostanziale dei tempi per i processi (per un massimo di 6 anni) la questione delle indagini preliminari, il ruolo dei magistrati in politica e la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Matteo Salvini, però, non ha esitato a bollarla come una riforma “all’acqua di rose”, non sufficientemente ambiziosa e soprattutto povera di aspetti per lui chiave come l’intervento sulle intercettazioni e la separazione delle carriere dei magistrati. In attesa di capire se si arriverà ad un’intesa definitiva in tempi brevi (il nodo ancora in sospeso riguarda il penale), Linkiesta ha intervistato Andrea Pertici, Professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Pisa, per capire, punto per punto, se la riforma sia nata su premesse solide e se si stia muovendo nella giusta direzione.
Professor Pertici, Di Maio dice che l’Italia aspetta una riforma della giustizia da vent’anni. Lei è d’accordo?
Sicuramente c’è bisogno da molti anni di una riforma della giustizia, anche se di riforme della giustizia non ne sono mancate, in particolare le riforme Castelli e Mastella. Effettivamente però non ne sono mai state fatte di utili dal punto di vista del contenimento dei tempi del processo. Diciamo che ora bisognerà vedere il testo che uscirà dal Consiglio dei ministri.
La novità principale dovrebbe essere un intervento significativo nel contenimento dei tempi della giustizia. Come valuta questo aspetto?
Questo naturalmente interessa i cittadini, perché una giustizia dai tempi più contenuti è una giustizia maggiormente certa. Ed è un vantaggio anche per l’economia, perché chi investe ha interesse a sapere che, se mai dovrà rivolgersi alla giustizia, non ci rimarrà impigliato per un numero imprecisato di anni, come oggi spesso avviene. Ricordiamo che l’Italia continua ad essere uno dei Paesi più condannati per durata non ragionevole del processo. Questa riduzione dei tempi si lega poi ad un’altra questione che divide i due partner di governo, ovvero la prescrizione. Nello Spazzacorrotti, la legge entrata in vigore ad inizio anno che cerca di intervenire con delle misure per la riduzione della corruzione, è presente la norma che sospende la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, ma la sua entrata in vigore è stata dilazionata di un anno, proprio perché la Lega riteneva che si dovesse intervenire, appunto, con una riduzione dei tempi del processo. Questa avviene attraverso diversi strumenti, o almeno così risulta annunciato: un limite di 6 anni di durata del processo, che non è chiaro come si realizzerebbe, ma che sembrerebbe legato ad un calendario di udienze preventivamente stabilito, ad una riduzione dei tempi delle indagini preliminari nel caso del processo penale, e ad un’udienza filtro per evitare i processi inutili perché inevitabilmente destinati ad un proscioglimento. Accanto a questo, vi sarebbe la previsione di un illecito disciplinare a carico del magistrato che non abbia svolto con diligenza e tempestività le sue funzioni. Questo agirebbe contro quei magistrati – che sono un’esigua minoranza, ma ci possono essere – che non lavorano abbastanza. Si tratta di una serie di misure che vanno verificate nella loro concreta articolazione, ma la direzione potrebbe essere interessante.
«l’idea di istituire un Csm per i giudicanti e uno per i requirenti presupporrebbe prima la separazione delle carriere. Io avrei delle perplessità, ma comunque dovrebbe avvenire attraverso una revisione costituzionale»
Uno dei motivi di scontro è quello della separazione delle carriere dei magistrati.
La Lega lamenta questo aspetto, che però non si potrebbe attuare attraverso una legge ordinaria, quindi questa è un’obiezione che può apparire pretestuosa da parte della Lega. Allo stesso modo, l’idea di istituire un Csm per i giudicanti e uno per i requirenti presupporrebbe prima la separazione delle carriere. Io avrei delle perplessità, ma comunque dovrebbe avvenire attraverso una revisione costituzionale. La critica quindi è fuori centro in questo caso.L’altra questione che divide il governo è quella delle intercettazioni.
Su questo c’è una posizione molto diversa tra le due forze politiche. La Lega non è arrivata al governo nel 2018, ha governato per sei mesi nel ’94, dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011, cioè nei quattro governi Berlusconi. La questione delle intercettazione è stata un pallino del programma sulla giustizia in quei governi. I Cinque Stelle invece hanno invece una posizione tradizionalmente favorevole alle intercettazioni, non stupisce quindi che la questione non sia stata affrontata.Altro punto caldo è la questione della riforma del Consiglio superiore della magistratura.
Sotto questo aspetto vi sarebbe una modifica rispetto al numero e le modalità di elezione dei magistrati del Csm. Questo è possibile farlo con una legge ordinaria, perché è già disciplinato con una legge ordinaria. Una modifica abbastanza significativa è quella che porterebbe i componenti elettivi da 24 a 30, cioè allo stesso numero che c’era prima della riforma Castelli, che li aveva ridotti a 24. Se confermato, l’aumento costituirebbe l’unico caso di un organo che cresce anziché ridursi, anche se si tratterebbe di un numero limitato di unità. Credo avrebbe l’obiettivo di non concentrare nelle mani di un numero ristretto di persone alcune decisioni che alcune indagini e intercettazioni dell’ultimo periodo hanno fatto emergere come delicate, in particolare l’assegnazione degli uffici giudiziari. Questi episodi che sono emersi in realtà hanno poco a che fare con la composizione del Csm, ma che qualcuno ha inteso ricondurre alla vecchia questione delle correnti in magistratura. Secondo me c’entrano poco, per non dire nulla. In ogni caso questo avrebbe spinto ad ampliare il numero degli eleggibili. Per questi magistrati l’elezione sarebbe preceduta da un sorteggio, seguito tra quei sorteggiati da un’elezione.Altra questione è quella dei magistrati che si dedicano alla politica.
Non ho ben capito se si intenda farli rientrare soltanto per lo svolgimento di funzioni amministrative. Questo sarebbe un cambiamento molto forte. Leggo anche che non potrebbero rientrare nella regione o nella circoscrizione nella quale si sono candidati. Ma questo, a meno che non vi sia una modifica di dettaglio, è sostanzialmente già così. Ad esempio Ingroia, che si candidò in tutta Italia, sostanzialmente poteva rientrare solo ad Aosta, dove poi fu assegnato.«Il ministro Salvini chiede cose come la separazione delle carriere nel Csm e l’intervento sulle intercettazioni. Il punto è che il primo richiederebbe un intervento di natura costituzionale, mentre il secondo è evidentemente impossibile, perché la distanza tra i due partiti è troppo forte»
La riforma nel complesso è stata molto criticata dalla Lega…
Il ministro Salvini dice che non è il momento delle “riformine”, che questa è acqua fresca, chiede cose come la separazione delle carriere nel Csm e l’intervento sulle intercettazioni. Il punto è che il primo richiederebbe un intervento di natura costituzionale, mentre il secondo è evidentemente impossibile, perché la distanza tra i due partiti è troppo forte. Il concetto del “Chi sbaglia paga”, poi, mi pare che lo dicesse già un altro Matteo. Non è chiaro se questa distanza nel merito dei temi della giustizia non faccia riferimento ad una più generale tensione che c’è tra le due forze di governo, e magari non vi sia fastidio per il fatto che viene affrontata la questione della riforma della giustizia ma non quella delle autonomie differenziate. Le quali, però, proprio perché vanno a incidere sull’assetto costituzionale, hanno un procedimento più complicato, com’è noto.Lei condivide la fretta del ministro Bonafede nel voler portare la riforma ad un punto fermo?
Bisognerebbe capire quanto ci sono stati sopra, può darsi che questa riforma sia stata già a lungo valutata. In fondo il passaggio in Consiglio dei ministri è il primo passo, che poi determinerà la formulazione di una proposta al Parlamento, il quale poi vedrà le modalità di discussione da parte delle Camere. La fretta io a volte la critico quando la si mette al Parlamento. Su riforme importanti, come quella della giustizia, le Camere devono avere i propri tempi di discussione. Il governo è in carica da 14 mesi, quindi i tempi ci sono stati. Adesso sarà il Parlamento ad affrontare la questione, mi auguro senza troppa fretta.L’altro provvedimento di Bonafede, lo spazzacorrotti, come lo valuta?
Trovo molto utile la questione delle fondazioni dei partiti, perché queste hanno rappresentato molto spesso uno strumento per sottrarre ai controlli i partiti e quindi ciò che passava attraverso le fondazioni. La questione dell’agente sotto copertura non mi pare che possa presentare un danno. Si può discutere se talvolta possa non essere così efficace, ma tra le misure anticorruzione credo che potesse essere corretto procedere in questo senso. Certamente vedo che un potenziamento delle norme per la prevenzione della corruzione nel complesso mi sembra che vada nella direzione apprezzabile di un maggiore contrasto alla corruzione, che rappresenta uno dei principali costi nel nostro paese. Con una forte riduzione della corruzione, naturalmente i cittadini potrebbero avere molti più servizi a loro disposizione. E anche pagare meno tasse.Cosa auspica per questa riforma?
Auspico che possiamo vedere un testo, che si tratti di un testo che possa dare maggiore certezza ai tempi della giustizia, e che non si indugi troppo nel licenziarlo, anche per poter dare al Parlamento più tempo per la discussione.