La guerra artica Trump compra la Groenlandia? È iniziata la guerra dell’Artico

Secondo il Wall Street Journal il presidente degli Stati Uniti starebbe pensando di fare un'offerta alla Danimarca per comprare l'isola più grande del mondo. Che sia una boutade o meno l'idea di Trump tradisce l'importanza di controllare il mar glaciale artico nell'era del cambiamento climatico

NICHOLAS KAMM / AFP

Un miliardario che compra un’isola deserta. È il cliché più banale del mondo ma anche l’indizio di dove si combatterà la prossima guerra commerciale mondiale. Secondo il Wall Street Journal Donald Trump avrebbe chiesto all’avvocato della Casa Bianca come poter fare un’offerta formale alla Danimarca per comprare la Groenlandia. L’isola più grande del mondo è di proprietà di Copenaghen dal 1814. Il governo danese ha detto già ieri di voler rifiutare qualsiasi offerta anche se mantenere l’isola costa oltre 457 milioni di euro all’anno. Una boutade di Trump? Forse, ma tradisce l’esigenza sempre più forte per gli Stati Uniti di avere un posto d’onore nel nuovo teatro commerciale del secolo: il mar Glaciale Artico.

Trump nega in pubblico gli effetti del riscaldamento globale ma sa che a poco a poco lo scioglimento dei ghiacciai libererà le rotte polari, finora accessibili solo durante l’estate. Per ora esiste la Northern Sea Route che costeggia il confine russo ma si potrebbero creare nuove vie sul maree che ridurrebbero il tragitto delle navi commerciali del 40% rispetto al passaggio nel canale di Suez. Per ragioni geografiche la Russia possiede già un terzo dell’Artico, mentre il gigante Usa ha solo un mignolo del piede bagnato in quelle acque: l’Alaska. La Cina dal 2012 al 2017 ha investito oltre 90 miliardi nell’isola, collaborando a stretto contatto con il governo della Groenlandia che dal 2009 gode di molta autonomia e chiede essere indipendente per sempre dalla Danimarca. Per ora Pechino ha il controllo della miniera di zinco più a nord del mondo, punta ad aprire la più grande miniera di uranio a cielo aperto e sta progettando di costruire tre aeroporti.

Il problema per Trump è che manca un trattato internazionale per regolare l’uso delle risorse nel mar glaciale Artico

Il problema per Trump è che manca un trattato internazionale per regolare l’uso delle risorse nel mar glaciale Artico. Secondo l’Ispi che cita i dati dello Us Geological Survey parliamo di un’area geografica che vale almeno 20 trilioni di dollari e contiene un terzo di tutte le risorse naturali e il 40% delle riserve globali d’idrocarburi. Per non parlare del 10% del petrolio e il 25% del gas naturale mondiale. A oggi esiste solo il Consiglio Artico, un forum internazionale senza potere decisionale, di cui la Cina fa parte come osservatore esterno dal 2013. Proprio a maggio c’è stata l’ultima riunione a Rovaniemi, in Finlandia dove il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha definito «aggressivo» l’approccio del governo russo nell’Artico e poi ha ammesso che Washington sta seguendo attentamente le azioni della Cina.

La paura di Washington non è solo economica, ma anche militare. Finora il passaggio a Nord-Ovest è stata un muro naturale per proteggere Stati Uniti e Canada da possibili sottomarini sovietici durante la Guerra Fredda e per ora è l’unico a non essersi ancora sciolto in inverno. La Nato al momento controlla la base di Thule, una postazione strategica dove è presente una difesa antimissile contro una possibile minaccia russa. Che sia un bluff o meno quello di Trump, la natura ha già in serbo uno scherzo più letale per le potenze che si contenderanno il mar Glaciale Artico. Perché se non faremo niente contro il cambiamento climatico chiunque vincerà la guerra delle rotte commerciali potrà sfruttarle solo per poco tempo. Invece di occuparsi della corsa all’ultima risorsa mineraria disponibile o all’avamposto strategico da controllare, forse sarebbe meglio preoccuparsi dell’innalzamento del livello degli oceani.

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