Bella ma sbagliata. Suggestiva ma improbabile. E soprattutto, almeno dal punto di vista degli studiosi di biologia, molto diseducativa. È la classica immagine utilizzata per rappresentare l’evoluzione dell’essere umano – prima come ominide molto simile alla scimmia, poi sempre più vicimo alle sembianze attuali, diventando habilis, poi erectus, poi quello che è (siamo) oggi. La conoscono tutti.
Ma come tutte le cose semplici che spiegano concetti scientifici, anche questa figura è fuorviante. Nel senso che non riesce a rendere tutti i meccanismi della teoria di Darwin, più simile piuttosto ai rami di un albero, che nascono dallo stesso tronco e poi seguono, ciascuno, strade diverse ma, almeno per qualche periodo, parallele. In più, i cambiamenti che avvengono nel tempo variano: sono più o meno veloci a seconda della specie e delle condizioni ambientali.
Tutti gli organismi viventi oggi sono il risultato della selezione naturale, che ha agito su di loro in modi e forme diverse: alcuni hanno conservato gli stessi tratti dei loro antenati per milioni di anni, altri invece hanno dato origine a esemplari ed elementi del tutto nuovi e diversi. Del resto la stella marina e l’essere umano sembrano e sono diversi, ma hanno un antenato comune che è vissuto circa 580 milioni di anni fa.
In più, l’evoluzone non ha direzione. Immaginarla in questo modo (immaginarla come “evoluzione”, appunto, cioè miglioramento) è sbagliata. È, piuttosto, adattamento: di conseguenza, tutti gli organismi viventi sono la migliore forma raggiunta per la loro specie e nel loro genere nel rispettivo ambiente. Non esistono, insomma, specie più evolute di altre.
E invece con figure di questo tipo continua a essere alimentata l’idea di una progressione umana: dall’imperfetto e meno intelligente ominide si sarebbe “migliorati” di gradino in gradino, mantenendo cristallizzata l’idea del tipo “l’uomo discende dalle scimmie”. In più oscura del tutto il fatto che spesso diversi tipi di ominide hanno convissuto per diverse centinaia di migliaia di anni. Un problema: forse, come avviene per questioni più gravi, come la discrminazione di genere, si dovrebbe creare un esercito di sentinelle che, ferme sull’attenti, indichino tutte queste volgarizzazioni scientifiche sbagliate e pericolose. Per il bene del sapere.