Era acclamata da tutti. Apprezzata, lodata. Soprattutto per la sua abilità nel canto (era un soprano), le sue doti al clavicembalo e al liuto, e le sue poesie in italiano e in latino. Si tratta della fiorentina Francesca Caccini (detta Cecchina), figlia del compositore Giulio Caccini, senza dubbio una delle donne più importanti nell’ambito della musica rinascimentale. Se non l’avete mai sentita, è grave. Se non avete mai ascoltato una sua composizione, ancora peggio.
Nata a Firenze nel XV secolo, ricevette una buona istruzione (imparò un po’ di greco, matematica e lingue moderne), ma su impulso del padre si dedicò insieme al resto della famiglia alla musica (allora si usava così. Ai tempi nostri lo hanno fatto solo i Jackson, con risultati ambivalenti).
I Caccini diedero vita a un ensemble musicale, noto all’epoca come “le donne di Giulio Romano”, che divenne in poco tempo famoso, soprattutto nell’aristocrazia fiorentina. Cecchina non ebbe problemi, di conseguenza, a farsi conoscere a corte. La sua carriera negli ambienti medicei fu fulminea e la fece diventare la musicista più pagata di tutti: si affermò come insegnante, cantante da camera, trainer (allora non si diceva così) e compositrice almeno fino al 1627. Era la dimostrazione, anche artistica, dell’eccellenza femminile tanto lodata dalla duchessa Cristina di Lorena.
Ma quello che più la contraddistinse fu la sua prolificità: musica da camera, da palcoscenico, melodrammi. Musicò poesie di Michelangelo (non un librettista qualunque), scrisse canzoni e duetti, contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo dello stile barocco italiano.
Di lei rimane poco, ma quel poco è importante: la commedia-balletto “La liberazione di Ruggiero dall’isola d’Alcina”, scritta per onorare la visita del principe ereditario polacco Ladislao Sigismondo, è l’opera (se così si può definire) più antica scritta da una donna. È intensa, ingegnosa e ricca di trovate innovative. Piacque molto.
Si sposò due volte, prima con un collega musicista, poi con un nobile lucchese, e rimase due volte vedova. A quel punto tornò a Firenze, riprese a lavorare dai medici (insegnò e compose), fino al 1641, anno in cui lasciò la casa fiorentina. Da quel momento gli storici non hanno più tracce della sua vita successiva..