Fridays For FutureGiovani in piazza: rabbia tanta, fiducia negli adulti nessuna

Greta chiama, gli studenti rispondono da tutta Italia. Sui cartelli che espongono i pensieri di una generazione che crede poco in un reale cambiamento. «Ci rimangono 11 anni, non sono molti, eh»

Greta chiama, anche i giovani italiani rispondono. Sono scesi in piazza in centinaia di migliaia, in oltre 180 città, per il terzo sciopero globale sul clima, chiedendo che si faccia qualcosa al più presto per salvare il pianeta. Nel serpentone romano affollatissimo, nessuno di loro tira fuori dagli zaini una bottiglietta di plastica, chi fuma si è portato il posacenere portatile, qualcuno dice che ha cominciato pure a mangiare meno carne. Ma i cartelli e i manifesti scritti a casa con i pennarelli e le bombolette spray dai ragazzi di Fridays for Future raccontano di una piazza «delusa dagli adulti», come spiega Claudia, 15 anni, che regge in mano il cartello “There is no planet B“. «Abbiamo poca speranza in loro».

La rassegna dei messaggi sui cartoni ricilati va da «La nostra casa è in fiamme», «Ti ricordi di Wall-e?» (con riferimento al cartone distopico della Pixar) a «Pensate al nostro futuro… se ne abbiamo uno». Una piazza che oltre al cambiamento climatico, di cambiamenti reali all’orizzonte ne vede pochi. «Ci hanno rubato il futuro», ha detto Greta Thunberg all’Onu. «Siamo fottuti», ripetono le voci dei circa 200mila adolescenti (questi i numeri degli organizzatori) che hanno sfilato per le strade di Roma.

«Siamo la prima generazione che risente del cambiamento climatico e l’ultima che può agire», spiega Sofia, 16 anni, al terzo anno di liceo classico. «Per evitare la catastrofe, ci rimangono ormai 11 anni. Non sono molti, eh. Non è detto che ci riusciremo». Da due settimana, racconta, è diventata vegetariana, ha cominciato a usare la borraccia per l’acqua e ha rinunciato al motorino. «Ma noi, da soli, non bastiamo. Le decisioni le prendono gli adulti, e non è che mi fido tanto». Certo, «la situazione è tragica, ma un po’ di speranza ce l’abbiamo. Anche se non sarà facile, soprattutto in Italia. Magari in Inghilterra sì».

Le immagini della Terra in fiamme sono le più comuni sui cartoncini, rigorosamente riciclati, preparati a casa. Qualcuno si è travestito da dinosauro. «Anche loro pensavano che non si sarebbero mai estinti», ripetono. «Faremo la stessa fine? Chi lo sa».

Alexandra e Maria Maddalena, all’ultimo anno del liceo linguistico, sfoderano un cartello con un dinosauro che si aggira tra i grattacieli di New York, mentre una palla di fuoco sta per colpirli. «Finiremo così», scuote la testa Maria Maddalena. «La raccolta differenziata? Io nemmeno la faccio, è inutile nel mio quartiere. Non dipende da noi, dipende dagli adulti». «Ma che dici?», interviene Alexandra. «Abbiamo ancora più di dieci anni davanti, facciamo il quinto, intanto ci metteremo a lavorare e potremo fare qualcosa». «Sì», ribatte, «ma io voglio fa’ il medico non il politico».

Rispetto agli “scioperi verdi” precedenti, in strada si è visto qualche «adulto» in più. C’erano gli insegnanti che hanno accompagnato le classi. C’erano i sindacati, e pure qualche volto noto della sinistra italiana. «Si tappano gli occhi, altrimenti sarebbero in tanti qui a manifestare con noi giovani», dice Gloria, al secondo anno del liceo classico. «Alle medie ci avevano fatto studiare un lago a rischio prosciugamento. Tre anni dopo, quel lago si è prosciugato davvero. Lo sapevano, ce l’hanno fatto studiare, ma non hanno fatto niente. Se consideriamo quello che hanno fatto finora, non è che ci sia tanto da sperare».

C’è chi corre, chi balla, chi interviene al megafono e canta: «Siamo nati ieri e dobbiam morire oggi, solo grazie a voi che vi fate i cazzi vostri».

«Siamo dovuti scendere in piazza in così tanti per far capire agli adulti che non abbiamo tempo, speriamo che ci ascoltino». Laura e Lavinia, 20 anni, reggono un cartello con la Terra a forma di orologio e la scritta “Tick-Tock”. «Io sono proprio in ansia», dice Lavinia. «Perché la portata del fenomeno è enorme e siamo già “fottuti”. Non ci è rimasto molto tempo. La verità? Non sono così ottimista, ma mica possiamo perdere del tutto la speranza».

Bernard Arnault, il miliardario proprietario di Lvmh, ha detto che è colpa di Greta Thunberg che «demoralizza i giovani» e si «arrende al catastrofismo». Loro, i giovani, se la prendono con quelli come Arnault che non fanno abbastanza. «Studieremo il passato se ci darete un futuro», recita un cartello. «Se disturbi la natura, la natura ti distruggerà», si legge tra la folla.

Sofia poi ci pensa, torna indietro e dice: «Tra due anni però posso votare e sceglierò anche in base a quello che i politici hanno fatto per l’ambiente». I più disincantanti, intanto le ricordano che «c’è già più ghiaccio negli spritz che al Polo Nord». E che «Babbo Natale morirà di ipertermia». Se la speranza latita, la creatività – almeno quella – no.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter