È una verità riconosciuta a livello universale che una giovane donna, qualsiasi sia la sua condizione, si trovi ad essere in cerca di un marito. Di questo erano convinti, almeno, i galatei di fine XIX secolo e inizio XX, manuali di bon ton che dispensavano, dall’alto della loro saggezza ed esperienza, consigli severi e perentori (ma che oggi suonano buffi) alla giovinetta che cercava di realizzare il suo “vero, grande, unico successo”: sposarsi.
Può far sorridere, e lo fa, visto come sono cambiati i tempi. Ma come racconta Irene Soave, nel suo splendido Galateo per ragazze da marito, Bompiani (2019), non bisogna lasciarsi ingannare. Il fascino dei manuali di condotta (l’autrice, che li prende in esame con perizia filologica impressionante, ne colleziona oltre un centinaio), non è scomparso. Un po’, forse, per l’odore di passato: rileggerli, al giorno d’oggi, permette un’intrusione smagata ma benevola in un mondo scomparso – ma non estraneo (anche le nonne li leggevano). Un po’ per il confronto invitabile tra le epoche: come siamo noi, come erano loro – e soprattutto, come facciamo noi (Tinder e maschi cincischioni), come facevano loro (cinema con chaperon e Ganimedi da strapazzo).
Un po’, infine, per lo stupore suscitato da un ammasso di norme capillari, inflessibili e sicure che miravano a regolare, tra “i due veli candidi” (cioè prima comunione e matrimonio) la vita delle fanciulle per bene. Erano precetti faticosi e a volte improponibili. Ma davano la tranquillità di una situazione sotto controllo.
Del resto, dalla toeletta alle regole per le vacanze, fino alle frasi giuste da pronunciare a uno spasimante – comprese quelle da utilizzare per respingere i “mosconi” cui non si era interessate, non c’era aspetto dell’esistenza che venisse dimenticato. E che, di conseguenza, non venisse piegato alla missione cui ogni signorina doveva dedicarsi: la scelta del marito. Una questione serissima, “un evento centrale in ogni galateo perché riguarda un momento centrale in ogni vita umana: l’uscire dalla famiglia e la collocazione nella società”.
Sono manuali di norme da seguire (o da affibbiare, dipende dai punti di vista) per inserirsi in società e comportarsi bene. In altre parole, sono strumenti di controllo e di addomesticamento nell’eterna battaglia di potere tra le classi e i sessi
La società: non a caso, fa notare Soave, la maggior parte di questi manuali di condotta vengono pubblicati durante le fasi più convulse e tumultuose della storia del Paese, cioè i primi anni dopo l’Unità d’Italia (l’indagine si dipana tra due date simboliche: il 1861 e il 1968) e il fascismo. Non è strano: sono manuali di norme da seguire (o da affibbiare, dipende dai punti di vista) per inserirsi in società e comportarsi bene. In altre parole, sono strumenti di controllo e di addomesticamento nell’eterna battaglia di potere tra le classi (le autrici dei galatei sono signore, spesso con il doppio cognome, a volte con biografie romanzate che vantavano origini nobili e frequentazioni altolocate) e, visto che il nodo centrale è il matrimonio, nell’eterna battaglia di potere tra i sessi.
Ma attenzione: Galateo per ragazze da marito non è (solo) uno studio sociologico – per quanto sia approfondito, ricco di riflessioni e provocazioni (notevole come fa a pezzi la mitologia “della ragazza di una volta”, mai esistita ma che certe pulsioni conservatrici continuano a riproporre – tradendo, nella nostalgia, un forte disagio verso il presente?). È anche una vorticosa, esuberante giostra di storie, aneddoti, citazioni colte (anzi, coltissime), sostenute da una scrittura estrosa, di talento, dalle trovate originali e felici (che ricorda, si parva licet, il miglior Edmondo Berselli),
Lo si vede poi anche nella disinvoltura con cui l’autrice, alle note sulle regole dei manuali, trova occasione di intercalare esperienze personali, in modo divertito, ironico e a volte addolorato. È un contrappunto efficace (come si diceva sopra, il “noi/loro”). Ma è anche un gesto di lealtà: si può sorridere delle norme astruse, levitiche, contraddittorie, che venivano rifilate alle nostre nonne, ma non è corretto sogghignare della loro ingenuità. I secoli sono cambiati, ma gli esseri umani no: e nessuno, neppure oggi, impara a vivere leggendolo da un manuale. E verrebbe da dire “purtroppo”, certo. Perché quando capita di muoversi con passi malsicuri – e capita sempre – sopra l’abisso insondabile delle relazioni e della solitudine, viene il sospetto (fondato?) che anche a noi farebbero comodo, in realtà, quelle assurde regole antiche.