IntervistaGiorgio Gori chiede alla sinistra di fare la battaglia per le autonomie regionali, lasciando alla Lega le solite «fanfaronate»

Il manifesto del sindaco di Bergamo, tra centralismo ed elezioni, le autonomie sono un’esigenza vera, non una battaglia del centrodestra. Il Pd deve farsene carico e realizzare le riforme che Salvini non ha fatto quando era al governo

È ufficialmente riiniziato il walzer delle Regioni, se mai si è fermato. Dalle autonomie alle elezioni stesse, le partite locali hanno un ruolo primario nell’unità nazionale del governo Pd-5Stelle. Come una sorta di trait d’union che può accorciare spazio e tempo tra due architetture partitiche molto distanti tra loro, ma allo stesso tempo anche deciderne la rottura (da sotto e non da sopra, sia chiaro).
A intestarsi la battaglia delle autonomie saranno quindi i dem, che oltre alle questioni interne al governo, dovranno fare i conti con un fronte unito dei governatori del centrodestra. «La sinistra deve stare attenta a non commettere l’errore che sta facendo il centrodestra e Salvini: ovvero quello di sovrapporre la partita delle autonomie con quella del governo e delle opposizioni» spiega Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e fautore di un’autonomia costituzionale.

Qual è la sua idea di autonomia regionale?
Considero l’autonomia una prospettiva di decentramento complessivo che dal centro sposta funzioni e responsabilità verso i territori. Non riesco a definirlo come un tema che si ferma all’autonomia differenziata, perché se così fosse rischiamo di avere nuovi centralismi regionali: la questione deve arrivare fino ai comuni in una catena di sussidiarietà che, per l’appunto, porta il più possibile la risoluzione e la responsabilità dei problemi dove questi si manifestano e dove i cittadini vivono.

Il dibattito su questo tema è terribilmente inquinato per mano dei governatori leghisti. I quali hanno costruito una propaganda, a partire dai referendum promossi per le loro regioni, raccontando ai cittadini che l’autonomia avrebbe garantito decine di miliardi di euro in più sui loro territori. Questa cosa non è vera


Giorgio Gori

Un assetto soft, non proprio in linea con quanto espresso dagli altri governatori interessati…
Il dibattito su questo tema è terribilmente inquinato per mano dei governatori leghisti. I quali hanno costruito una propaganda, a partire dai referendum promossi per le loro regioni, raccontando ai cittadini che l’autonomia avrebbe garantito decine di miliardi di euro in più sui loro territori. Questa cosa non è vera: non è vero che la Lombardia avrebbe avuto 27 miliardi in più di residuo fiscale e non è possibile che il Veneto avrebbe portato a casa i novi decimi delle tasse che i veneti pagano. In compenso, da questi punti è partita tutta la reazione di chi vuole conservare e di chi, giustamente, teme che ci sia una sottrazione di risorse da quei territori più fragili, come quelli del Sud, che si vedrebbero impoveriti.

La realtà dei fatti invece qual è?
Non si sposta neanche un euro, questo va detto. L’unica proposta che si colloca in linea con la Carta costituzionale è quella dell’Emilia Romagna che correttamente chiede di poter avere più libertà di manovra, meno vincoli e più responsabilità per completare alcune funzioni con maggiore efficienza. Il tutto per provare alla fin fine a fare dei cambiamenti: ci sono centinaia di problemi in Italia, da quello climatico, a quello della produttività (perché siamo un paese che non cresce da vent’anni), per finire con quello demografico e di welfare, in quanto non più sostenibile. Questi campanelli di allarme necessitano di cambiamenti importanti, i quali a mio parere non credo che possano essere creati a Roma.

In termini pratici come si può tradurre questo manifesto?
La soluzione è un decentramento che tenga dentro un po’ tutto: dall’aumento della libertà di manovra, al punto di vista di Beppe Sala che sottolinea come ci sia bisogno di dar corpo all’idea delle città metropolitane, garantendo loro un’autonomia che gli consente di giocarsela con le altre capitali del mondo, fino alla posizione dei sindaci, come me, che richiedono soltanto i mezzi per poter esprimere le loro azioni con più agilità. Anche perché i cambiamenti di cui il Paese ha bisogno, a mio avviso, è molto più facile che si producano, anche solo in forma di sperimentazione, dai territori, dal basso e non dall’alto.

Il centrodestra lo ha frainteso, strumentalizzato e poco valorizzato nell’anno e mezzo di governo. In compenso hanno polarizzato impropriamente il dibattito tra gente che si aspetta che gli piovano miliardi in casa e gente che contrasta fortemente questa prospettiva. In realtà, hanno contribuito ad allontanare la prospettiva di fattibilità sull’autonomia prevista dall’art. 116 della Costituzione


Giorgio Gori

Dopo la Basilicata, sono undici contro dieci le giunte regionali del centrodestra, mentre le posizioni dei principali governatori di centrosinistra sottolineano il bisogno di un’alleanza solida Pd-5stelle alle prossime regionali…
Le elezioni nelle due regioni che vanno al voto adesso sono scadenze importanti, anche se di rango diverso. L’Emilia è un test politico molto importante: con la storia che ha e per la buona amministrazione con cui ha saputo valorizzare il campo democratico è una regione che va mantenuta.

C’è il rischio che il “partito” dei governatori del centrodestra possa diventare la vera opposizione al governo?
Il tema dell’autonomia non è un tema del centrodestra. Il centrodestra lo ha frainteso, strumentalizzato e poco valorizzato nell’anno e mezzo di governo. In compenso hanno polarizzato impropriamente il dibattito tra gente che si aspetta che gli piovano miliardi in casa e gente che contrasta fortemente questa prospettiva. In realtà, hanno contribuito ad allontanare la prospettiva di fattibilità sull’autonomia prevista dall’art. 116 della Costituzione.

La sinistra deve stare attenta a non commettere l’errore che sta facendo il centrodestra e Salvini: ovvero quello di sovrapporre la partita delle autonomie con quella del governo e delle opposizioni


Giorgio Gori

Il sentiero stretto, per di più, tocca due macro argomenti: sanità e istruzione. Molto cari sia al Pd sia ai 5 stelle. Chi si intesterà la sfida?
I comportamenti demagogici di alcuni governatori su questi temi non mi pare che spostino di un centimetro i dettami del governo centrale, anzi, penso che possano solo irrigidire le posizioni. Credo che chiedere troppo sia il contrario di portare a casa il giusto. I temi della scuola e della sanità sono molto delicati e penso che sia giusto garantire un pavimento di prestazioni al di sotto delle quali nessuno si deve trovare. Ma penso anche che il Paese abbia bisogno di buoni esempi, anche nelle scuole e nella sanità. Quella lombarda, per giunta, è già frutto di un’autonomia acquisita e ben sfruttata. Quello che non si capisce è perché lo Stato si fermi di fronte a questi modelli esemplari e non tenti di esportarli nel resto del Paese. La sinistra deve stare attenta a non commettere l’errore che stanno facendo il centrodestra e Salvini: ovvero quello di sovrapporre la partita delle autonomie con quella del governo e delle opposizioni. Nel senso che la sfida dell’autonomia nelle mani del centrodestra sarebbe una grave sconfitta della sinistra, per il semplice motivo che il tema è molto sentito, con particolare attenzione in Lombardia.

E quindi?
Quindi credo che la sinistra che oggi governa debba farsi carico di realizzare quello che il governo 5stelle e Lega non è stato in grado di fare. Scombinare quella sovrapposizione per la quale “centrodestra uguale autonomia” e “centrosinistra uguale centralismo” perché è esiziale, anche da un punto di vista politico. E dimostrare che le autonomie, al contrario delle fanfaronate dei leghisti, noi siamo capaci di farle.

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