Autorità alternativeLa verissima storia di Norton I, l’unico imperatore degli Stati Uniti d’America

Altro che Repubblica. Altro che democrazia. Anche gli Usa hanno, nella loro storia, un imperatore. Si tratta di Joshua Norton, cittadino di San Francisco autoproclamato massima autorità nel 1862. Non ebbe reali poteri, ma fu molto rispettato

da Wikimedia Commons

Gli Stati Uniti, fin dalla loro nascita, hanno sempre esibito con orgoglio il fatto di non avere mai avuto un re. Niente monarchi, niente dittatori, solo presidenti. E, ma questo non lo sanno tutti, anche un imperatore.

Si tratta di Norton I, imperatore degli Stati Uniti e protettore del Messico, che governò (si fa per dire) dal 1859, anno della sua autoproclamazione, fino al 1880, anno in cui morì. Era un abitante di San Francisco, forse con qualche disturbo mentale (ma in tanti contestano questa osservazione) che, dopo essere caduto in povertà fino a vivere in strada, decise con un proclama di prendere il comando del Paese per correggerne le storture, in particolari quelle relative al sistema legale. Come è ovvio, la sua iniziativa non ebbe riscontro nella realtà e le istituzioni non ne furono nemmeno impensierite. Ma lo rese comunque famoso: Norton, con le sue bizzarrie, finì sui giornali e si attirò la simpatia dei suoi concittadini. Tanto da acquisire, di fatto, una certa autorevolezza.

Nato in Inghilterra, visse a lungo in Sudafrica. Nel 1849 sbarcò negli Usa in cerca di fortuna. Divenne, grazie al gruzzolo familiare di cui disponeva, un bravo imprenditore in poco tempo, ma la sfortuna lo colpì subito. Nel 1852 intravide la possibilità di grandi guadagni sfuttando la crisi del riso, in quei mesi sempre meno diffuso e sempre più caro (la Cina ne aveva vietato l’esportazione per contrastare una carestia). Non appena si presentò al porto di San Francisco un carico di riso trasportato dal Perù, lo comprò subito, investendo tutti i suoi averi. Fece l’errore della vita: dopo poco arrivarono altre navi piene di riso, sempre dal Perù, che fecero crollare il prezzo. Provò a rivalersi facendo causa alla compagnia, sostenendo che la qualità del cereale non fosse buona, ma la corte gli diede torto. Dopo lo smacco sparì dalla circolazione: privo di un soldo, finì nelle classi più povere della società. Il trauma, secondo alcuni, lo fece uscire di senno.

Amareggiato dalla sconfitta legale, pensò di poter intervenire sulle leggi che regolavano gli Usa autoproclamandosi imperatore. Il 17 settembre 1859 inviò ai vari giornali della città le lettere in cui sanciva il nuovo corso: “Secondo la perentoria volontà e il desiderio di una grande maggioranza del popolo americano Io, Joshua Norton, proveniente da Algoa Bay, Capo di Buona Speranza e ora da nove anni e 10 mesi abitante di San Francisco, California, dichiaro e proclamo me stesso Imperatore di questi Stati Uniti. E in virtù dell’autorità a me conferita, ordino ai rappresentanti dei diversi Stati dell’Unione di riunirsi al Musical Hall di questa città, il primo giorno di febbraio, in modo da poter apportare quelle modifiche nelle leggi esistenti dell’Unione che potranno rimediare a quei mali sotto il quale il Paese soffre, modifiche che porterano fiducia nella nostra esistenza stabile e integra, sia qui che all’estero”.

Non funzionò, come si è detto, ma si attirò comunque la deferenza dei suoi concittadini, che presero a chiamarlo “Imperatore” ogni volta che lo incontravano. Addirittura, cominciò a coniare monete, che venivano accettate dai negozianti (una alternativa al dollaro secoli prima di ogni Sardex o Libra). Presenziava ai lavori dei canteri portuali. Si pronunciò a favore della costruzione del Golden Gate, della nascita di una Lega delle Nazioni (e sarebbe avvenuto davvero). In più, godeva di tale carisma e rispetto che il suo intervento da paciere in una manifestazione anti-cinese nel 1870 contribuì a placare le violenze. Lo scrittore Mark Twain lo considerava con ammirazione e, spesso, prendeva le sue parti nelle discussioni generali. A lui, dirà, è ispirata al figura del “Re”, personaggio del suo romanzo Le avventure di Huckleberry Finn.

Quando Norton morì, il suo funerale fu maestoso. Parteciparono più di 10mila persone, “tutte le classi, dai capitalisti ai poveri, dai chierici ai ladri, dalle signore ben vestite a quelle che, dal modo in cui erano acconciate, si capiva appartenessero ai margini”. Per un corteo di tre chilometri. Un vero imperatore, insomma. Perché il potere e l’autorità veri sono quelli riconosciuti dagli altri, non quelli scritti in carte ed editti.

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