Chi pensa troppo, soffre di più. È un dato di fatto, confermato anche da ricerche scientifiche. Rimuginare a lungo sulle proprie scelte indebolisce il processo decisionale e intrappola la persona in una gabbia emotiva. Alla lunga porta a una sensazione generale di impotenza, insoddisfazione e a rischio depressione.
La soluzione sarebbe allora pensare di meno? Certo che no. Occorre, piuttosto, pensare meglio. Uno dei metodi più efficaci, secondo alcune ricerche e un esperimento piuttosto interessante condotto dallo psicologo Igor Grossman dell’Università di Waterloo, in Canada, è adottare l’illeismo.
È una parola coniata dal poeta inglese Samuel Taylor Coleridge nel 1809, modificando la radice latina “ille”, cioè “lui”, e indicando in questo modo la pratica utilizzata nei resoconti bellici di Giulio Cesare di parlare di sé in terza persona. È un trucco semplice: basta raccontare un litigio che si è vissuto cambiando prospettiva: non si dirà più “ho detto” o “ho fatto”, ma “ha detto” e “ha fatto”. Sembra una banalità, ma funziona. La visione delle cose cambia, così come la capacità di giudicare senza eccessivo coinvolgimento.
Lo dimostra un test condotto poprio da Grossoman. Dopo aver elaborato una scala di misurazione della saggezza (valutando umiltà intellettuale, capacità di immedesimarsi negli altri, riconoscere le questioni incerte e spinta al compromesso), che addirittura permette di prevedere la futura soddisfazione relazionale ed emotiva, ha sottoposto a un esperimento circa 300 persone.
I partecipanti hanno dovuto tenere per quattro settimane un diario: una metà doveva raccontare gli accadimenti della propria vita in prima persona, l’altra utilizzando l’illeismo, cioè la terza persona. Risultato? Questi ultimi hanno dato, a una successiva verifica, risultati migliori nella scala di misurazione della saggezza. Abituarsi a vedere le cose e vedere se stessi da un punto di vista terzo aiuta a mantenere una prospettiva più oggettiva sulle questioni più delicate. Non solo: chi ha tenuto il diario in terza persona si è abituato a esaminare le cose da questo punto di vista, dimostrando di avere acquisito una stabilità emotiva maggiore e più duratura, essendo in grado di prevedere le proprie reazioni di fronte a possibili eventi futuri. Preparandosi a controllarle e, se distruttive, neutralizzarle.