Musica per la paceNon lo si dice mai, ma gli americani hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale anche grazie ai pianoforti

Per rincuorare le truppe, sollevare loro il morale e farle cantare un po’, vennero inviati sul fronte 2.500 pianoforti, costruiti apposta dalla Steinway per resistere alle dure condizioni del conflitto. Accompagneranno i momenti più bui e quelli più felici

da Flickr, di SDASM Archives

Si vince la guerra anche se si possiede la colonna sonora giusta. L’esercito americano lo sapeva bene: per rinfrancare l’umore delle truppe mandate sul fronte europeo aveva chiesto al governo una fornitura di strumenti musicali (meglio se pianoforti) per far cantare i soldati. E il governo, nonostante da tempo avesse chiesto di interrompere la produzione di pianoforti per concentrare tutto il rame, il ferro e l’ottone nell’industria bellica, accondiscese. E girò la richiesta alla celebre Steinway and Sons, che da decenni si distingueva per la qualità dei suoi pianoforti.

Era necessario, però, un cambiamento totale: il pianoforte di guerra doveva essere molto resistente, perché sarebbe stato paracadutato. Al tempo stesso, doveva essere anche leggero, perché i soldati avrebbero dovuto anche trasportarlo in spalla, se si fosse reso necessario. Economico, che occupasse poco spazio, che sapesse però mantenere le sue qualità intrinseche.

La sfida fu accolta e, dopo non poche difficoltà, nacquero i pianoforti Victory Verticals. Come dice il nome, erano verticali. Niente gambe per sorreggersi,–non avrebbero resistito alla caduta con il paracadute. Colla contro l’acqua, solventi contro gli insetti (presenti ovunque, figuriamoci in trincea), corde coperte con ferro sottile e non con il rame. Utilizzavano un decimo del metallo impiegato di solito per un pianoforte normale, mentre i tasti non erano in avorio (ci mancherebbe), ma in celluloide. Ai lati, c’erano due maniglie per facilitare il trasporto. Il risultato era “Interessante anched al punto di vista estetico”, spiega qui Jonathan Piper, manager delle mostre presso il Museum of Making Music a Carlsbad, in California. “Non erano neri, come è di regola. Ma verde oliva, o blu o grigi”. Una semplicità “elegante”, che si accompagnava “a un’ottima qualità delle sue funzionalità”. In poche parole, suonavano bene.

I Victory Verticals, alla fine della guerra, erano diffusissimi. La Steinway ne aveva prodotti 5mila, metà dei quali destinati all’esercito, mentre l’altra metà fu mandata alle scuole e alle chiese americane. Ma chi suonava, sia che fosse da un lato o dall’altro dell’Atlantico, non poteva non pensare alla guerra in corso. Lo testimonia una lettera del 1943, inviata dal soldato Kenneth Kranes, all’epoca in Africa del Nord, alla madre. “Siamo tutti contenti quando, finito di mangiare, ci mettiamo in gruppo vicino al pianoforte e suoniamo e cantiamo insieme”. Quel giorno, grazie ai pianoforti spediti al fronte, aveva continuato a sorridere e canticchiare per tutto il pomeriggio e aveva deciso di scriverlo nella sua lettera. Non lo sapeva, ma sarebbe stata l’ultima: una settimana dopo sarebbe stato ucciso.