Non è vero che il cielo è sempre più blu. Mi dispiace per Rino Gateano e i rinogaetanisti e i calabresi, e gli antagonisti di sinistra – adesso neo socialisti millennial – che alle manifestazioni, dopo “Bella Ciao”, cantano “Il cielo è sempre più blu”. Poveri illusi. Del cielo è vero soltanto che è aperto, che rima con deserto, la qual cosa significa che l’unico fatto certo che sappiamo, del cielo, è che può portarti molto in alto e, improvvisamente, sprofondarti giù, in un posto di merda, tutto sabbia, e solitudine, e sete, e caldo, e cammelli. Sul punto, è chiarissimo Lucio Battisti in “Io vorrei non vorrei ma se vuoi”, che è tra le prime canzoni che abbiamo ascoltato, tutti, andando a lavoro, o tornandoci, o svignandocela chissà dove e chissà con chi, quando la sua discografia (esclusa quella con Panella) è finalmente arrivata in streaming. È una settimana che non ce ne stacchiamo, e le discese ardite e le risalite ci sembra proprio che siano la sola condizione possibile della vita, un altro mese di ascolto in cuffia sul tram e la smetteremo di pretendere che la vita sia un sentiero dritto e penseremo che l’instabilità e l’incertezza non sono così male, o se anche sono male, gli antidoti sono parecchio peggiori, e comunque non funzionano. Va bene, ormai abbiamo trent’anni (quaranta?), per la vita spericolata siamo anziani, ma le discese ardite e le risalite ce le possiamo ancora permettere, no?
Quand’è stata, l’ultima volta che avevamo ascoltato una canzone di Lucio Battisti per intero? A parte che in qualche pezzettino di Techetè, o in spiaggia, suonata da qualche immeritevole, o durante un karaoke a una festa di qualche amico molto notalgico e molto magro e molto provinciale. Prima non lo avevamo su Spotify, su YouTube, su AppleMusic e figurarsi se ci veniva in mente di prendere un cd (o un disco!) e metterlo su, almeno alla domenica, in fondo eravamo convinti che di Battisti fossimo saturi, dopotutto lo abbiamo sentito anche quando non lo ascoltavamo, da bambini, perché quando il sottofondo di tutte le case non era RaiNew24 ma un disco, un disco che metteva su sempre nostro padre, e che almeno due volte al giorno era un disco di Battisti, del Battisti con Mogol, a esser sinceri. E invece adesso lo abbiamo disponibile ovunque, sempre e sì che lo riascoltiamo, e cazzo se ci ha preso, tutti, e su tutto.
Lucio Battisti spariva dalle nostre playlist e noi diventavamo millennial e femministe che non accettano complimenti non richiesti, e che stringono asfissianti relazioni con maschi plurilaureati ipersensibili forse persino femministi che ogni tanto stendono il bucato ma s’infastidiscono se a cena non sono le loro battute a far ridere tutti
Eravamo bambini quando lo ascoltavamo cantare che non voleva vedere una donna col sorriso professionale, che per vivere con coraggio bisogna cancellare la supplica dagli occhi, che la saggezza è la prudenza più stagnante, che i baci tranquillizanti buttano giù, che come stai è una domanda inutile e la sola che conta è hai mangiato o no?, che avrebbe volentieri venduto la sua donna così da non crearsi mai più problemi senza soluzioni, che amarsi aiuta a non morire e però quanti ostacoli e sofferenze e sconforti e lacrime servono per diventare uniti indivisibili e irraggiungibili, e che bisogna prenderla così senza farne un dramma, e che si può morire in un momento, e che però poi si vivrà ancora, si lavorerà, qualche cosa si farà e quel qualcosa sarà piangere, e basta. Come abbiamo potuto dimenticare tutto questo, e diventare donne col sorriso professionale (ma levateci la faccia, levatecela in fretta!), lavoratori prudenti, dispensatori di baci tranquillizzanti per i quali ci siamo convinti che serva chiedere il permesso e riceverlo, insieme a una manifestazione di chiaro e urlato consenso entusiasta, complicatori del pane, fissati della funzionalità, corsisti del come superare un amore finito amando sé stessi e senza mai versare neanche una lacrima, ma come è stato possibile, come, quando, perché? Lucio Battisti spariva dalle nostre playlist e noi diventavamo millennial e femministe che non accettano complimenti non richiesti, e che stringono asfissianti relazioni con maschi plurilaureati ipersensibili forse persino femministi che ogni tanto stendono il bucato ma s’infastidiscono se a cena non sono le loro battute a far ridere tutti, e crediamo anche di essere fortunate, e se mai uno ci cantasse “al ritorno dalla campagna, prima cosa voglio trovare il piatto pronto da mangiare, e il bicchiere dove bere” chiameremmo il telefono rosa di Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno (ma esiste ancora?), e se uno s’azzardasse a pensare di poterci avere barattando una motocicletta 10hp tutta cromata lo lasceremmo morire di stenti, e se uno ci piombasse in casa dicendoci che non riesce a dormire perché di notte ha ancora bisogno di noi chiameremmo la polizia.
Dio, come vorremmo essere un intero disco di Battisti. E quanto vorremmo che qualcuno ce lo dicesse, o lo pensasse di noi, come in quel romanzo che ci ha formati tutti, di Brizzi, “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, Alex pensa a un certo punto di Aidi: “Ehi! Ma questa ragazza è un intero disco di Battisti!”
E invece quant’è labile tutto, e come siamo cadute nel deserto, dopo la risalita ardita che è stata riascoltare Lucio, quest’altro Lucio immenso su cui si fonda la Repubblica Italiana (l’altro è Dalla, naturalmente, ma quand’è che organizzeremo una bella raccolta di firme per farlo scrivere nella Costituzione che questo è un paese fondato su Dalla e Battisti?). Una settimana di Battisti in cuffia e la sovrastruttura progressista del millennial vulnerabile e accorto è ridotta a brandelli e non facciamo che riguardare le nostre foto e ce ne fosse una dove non abbiamo “l’espressione estasiata di chi ha raggiunto finalmente un traguardo nella vita” e ci rendiamo conto che sembriamo pubblicità patetiche e che non siamo estasiate né felici neanche per idea, e che non sappiamo da dove cominciare per smetterla di “imbalsamare anche l’ultima e più piccola emozione” e di un fatto siamo, purtroppo, abbastanza certe: non riusciremo mai ad ammettere che la sola cosa che abbiamo in mente è una vela candida, quella a cui Lucio pensava guardando lo sfondo del mare in “Io ti venderei”. E però, mentre la cantiamo camminando per queste strade che naturalmente temiamo, urleremo “la stessa che hai in mente tu, STUPIDA!”, urlandoci contro quello STUPIDA! come neanche nostra mamma ci ha mai urlato contro uno STUPIDA!.
Dio, come vorremmo essere un intero disco di Battisti. E quanto vorremmo che qualcuno ce lo dicesse, o lo pensasse di noi, come in quel romanzo che ci ha formati tutti, di Brizzi, “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, Alex pensa a un certo punto di Aidi: “Ehi! Ma questa ragazza è un intero disco di Battisti!”. Chi lo sa se disco di Battisti ci si nasce, o ci si può anche diventare. Chi lo sa.