Le migliori 10 migliori pizzerie napoletane di Milano

La margherita si mangia solo a Napoli, un concetto che fino a pochi anni fa era quotidianamente dimostrato dall’incapacità dei milanesi di sfornarne una decente. Ora è cambiato tutto: è super anche qui

Siete amanti della pizza verace napoletana o preferite una croccante pizza a degustazione? Vi piace il gusto unico della pizza di panificio o volete condividere più varietà con altri commensali? Allora Milano può essere il posto adatto per voi. Non solo tradizione e italianità, ma sperimentazione e innovazione: ecco le migliori pizzerie milanesi, capaci di farsi notare in un settore della ristorazione che è ormai colmo di proposte di ogni tipo.

Dry

Nata dalla mente dello chef stellato Andrea Berton, l’insegna di via Solferino – che nel frattempo ha raddoppiato in Viale Vittorio Veneto – si fonda sull’abbinamento insolito tra pizza e cocktail. Il termine Dry, infatti, richiama allo stesso tempo il “secco” – ovvero il “senza alcool” – del proibizionismo americano, perfetto per l’idea di un cocktail bar, e l’asciutto tipico dell’impasto essenziale della pizza, prodotto tipicamente italiano. Il pizzaiolo Lorenzo Sirabella, ischitano, allievo del maestro Enzo Coccia, e Federico Volpe, mixologist, incarnano nella pratica questa bella intesa. L’impasto è leggero e la lievitazione dura 48 ore. Da assaggiare la pizza classica con pomodoro del piennolo, olive nere, olio all’aglio, origano, basilico e acciughe del Cantabrico oppure la “pizza dello chef” con crema di zucca, ventricina pecorino, friarielli e provola affumicata. Se la stagione è quella giusta, non perdete la Cassœula con verza, luganega, cipolla rossa, riduzione di vino rosso, Grana Padano e fior di latte.

La Taverna e La Taverna Gourmet

La pizzeria tipica napoletana di Via Anzani e il locale raffinato di via Maffei sono complementari, così li ha voluti il propietario Davide Iannaco. La Taverna sforna la tipica pizza col cornicione pronunciato, volendo anche ripieno di ricotta. Imperdibile la stracciatella e prosciutto crudo. Mentre la versione Gourmet è specializzata nella pizza a degustazione, a lievitazione naturale e servita a spicchi: una base da condire una volta uscita dal forno con ingredienti selezionati e accostamenti insoliti. Il pizzaiolo Vincenzo Masi e lo chef Leonardo Giannico propongono vari abbinamenti. Da provare la Margherita con bufala a crudo, pomodorino di Corbara, clorofilla di basilico e Parmigiano Reggiano 22 mesi, la pizza cacio e pepe con gli scampi, la pizza con gamberi rossi, lime e guacamole e la Patanegra stracciatella di Barletta e fichi. Convincenti le proposte vegane e vegetariane come la Pizza con fave, pomodorini secchi, tofu, e fiori di zucca cristallizzati. Gli impasti sono lavorati con lievito madre e farine macinati a pietra, ma ci sono anche sperimentazioni senza lievito, risultato di fermentazioni spontanee regolate da pistilli di zafferano, acqua di mela o farina di farro.

Marghe

Rustici tavoli di legno su di un prezioso pavimento d’epoca in uno spazio di stile contemporaneo, caldo ed essenziale: il locale di via Cadore ha conquistato i milanesi grazie all’ambiente conviviale e alla pizza protagonista principale dell’offerta gastronomica. Ben undici le opzioni in carta, a cui si aggiungono le varianti del giorno e della settimana. Certamente da segnalare la pizza con pomodoro San Marzano, fiordilatte, salsiccia stagionata di cinghiale, cacioricotta del Cilento, basilico fresco e olio evo bio. L’impasto è preparato con farina di grano tenero di tipo 1 manicata a pietra, più ricca di fibre, vitamine e sali minerali rispetto alla classica 00. Dalla lunga lievitazione – che va dalle 24 alle 30 ore – deriva una tonda genuina, gustosa e molto digeribile.

Pizzium

Stile vintage moderno, tra tavoli di legno, mattoni, vecchie credenze che ricordano casa e ceramiche colorate: in questo ambiente Pizzium propone una versione moderna della pizza napoletana rivisitata. Alla base una farina Petra di tipo 0 con una lievitazione minima di 24 ore affinché la pizza risulti correttamente digeribile. Oltre alle classiche – Marinara, Margherita e Bufalina – il menu offre un vero e proprio viaggio tra 20 regioni italiane: dalla Piemonte (con Fior d’Agerola Caseificio F.lli Fusco, cornicione con ricotta di bufala Caseificio Franzese, salsiccia di Fassona piemontese a crudo, olio al tartufo Guglielmi, pepe nero) alla Puglia (Burrata Caseificio Lattelier, capocollo di maialino Salumificio Ciarcia, datterini gialli) la scelta è vasta.

Cocciuto

In via Bergognone e in Corso Lodi, due indirizzi di puro design metropolitano, animati da Andrea Godi e Antonio Caputo, giovani talenti di scuola partenopea. Impasti leggeri, cornicioni pronunciati, ingredienti ricercati: questa la ricetta della pizza di Cocciuto. Da assaggiare la Vendicari con fiordilatte, tonno, pomodoro, cipolla croccante, polvere di zenzero, menta e olio evo, la ProvolaPepe con pomodoro lampadina, provola misto bufala, conciato romano, guanciale, pepe, basilico e olio evo, infine la pizza con vellutata di zucca, fiordilatte, salsiccia di maialino nero, fonduta di gorgonzola, basilico ed extravergine. Il locale è davvero elegante: ispirazione newyorkese, 260 metri quadrati, per un totale di 80 coperti con sedute comode, tavoli larghi, mix sapiente tra elementi stile decò e altri contemporanei, atmosfera urban chic.

Lievità

Una pizza leggera e digeribile, grazie all’impasto realizzato con farine italiane integrali e semintegrali macinate a pietra, lasciato lievitare dalle 24 alle 48 ore, e grazie alla eccellenza degli altri ingredienti. Ecco il progetto di Giorgio Caruso per il locale di via Ravizza (ma ci sono altre due sedi in via Sottocorno e in via Varese): una pizza a degustazione piena di gusto e personalità. Oltre alle classiche Margherite, da provare la Mazara (con cuori di carciofi spinosi stufati, gamberi rossi di Mazara, valeriana fresca, fiordilatte e provola affumicata di Agerola) e la Pasqualina (con burrata di Andria, scarola ripassata con pinoli e uvetta, bottarga di tonno rosso e olio evo da olive nocellara del Belice). La carta cambia spesso e anche le stagionali offrono qualche piccola variazione nell’accostamento degli ingredienti: in tal modo il cliente è invogliato a tornare per sperimentare nuovi sapori.

Da Zero

Da Zero conta a Milano due indirizzi, uno vicino alla Cattolica e l’altro in Brera. I tre fondatori, Paolo De Simone, Giuseppe Boccia e Carmine Mainenti, hanno portato qui il loro speciale mix di farine, a cui aggiungono solo sale marino, lievito e acqua, e la maggior parte degli ingredienti per le farciture. La pizza è leggera, digeribile, morbida e croccante. Grande cura nella scelta dei prodotti (dal cacioricotta di capra cilentana alle olive ammaccate Salella, dalla cipolla di Vatolla, al carciofo bianco di Pertosa) sulla base di un rapporto diretto con i produttori locali. Dopo cinque anni di attività e ben cinque pizzerie in giro per l’Italia (oltre alle due milanesi, si trova anche a Torino, Matera e Vallo della Lucania), Da Zero è un vero e proprio brand ambassador del Cilento e della sua enogastronomia.

Lievito Madre al Duomo

Il pezzo forte della casa è l’Antica Margherita, ma sono da ricordare anche la Bufala dop (arricchita con Parmigiano Reggiano 36 mesi), la Cetara con pomodorino del piennolo, provola affumicata, alici, olive nere, capperi, olio evo e origano selvatico, la Calabrese con ’nduja di Spilinga, pomodoro, fiordilatte e un filo d’olio e la celebre Margherita Gialla con pomodoro giallo a pacchetelle, provola, l’antico conciato romano, olio evo e basilico nata come omaggio a Massimo Bottura. Si chiama Lievito Madre al Duomo, ma è il fratello del fortunato locale sul Lungomare di Napoli. Siamo nel regno di Gino Sorbillo, re della pizza napoletana. Gli ingredienti sono tutti rigorosamente selezionati. Da gustare anche i dolci, tutti tipicamente partenopei: il Ministeriale di Scaturchio, la torta ricotta, pera e cioccolato di Sal De Riso, il babà Capparelli..

Crosta

Dopo le esperienze all’estero e da Dry, Simone Lombardi – cuoco, sommelier ma sopra ogni cosa pizzaiolo – ha affiancato il panificatore Giovanni Mineo nella nuova avventura di Crosta. I grani sono solo di filiera e macinati a pietra artigianale. Le pizze sono fragranti e digeribili. Dal pranzo fino alle 18 è il momento della pizza alla pala: alta, croccante e ruvida, 48 ore di lievitazione con lievito madre, servita sui taglieri e già tagliata. Si può scegliere tra Margherita, Marinara, burrata e crudo 18 mesi e stracciatella, pomodorini confit e limone. La cena è il regno della pizza tonda, servita a spicchi, con vasta scelta tra pizze della tradizione e contemporanee. Con la forma cambiano anche le farine (grano di segale piemontese, grani antichi siciliani e grano tenero) e la lievitazione (doppia, con lievito di birra, per 24 ore). La tonda top? Quella con ventricina, coriandolo, cipollotto e ananas.

Briscola Pizza Society

Per finire è opportuno segnalare anche una catena di successo dall’atmosfera contemporanea, colorata e ironica (ideata dal prestigioso architetto Fabio Novembre) che in città conta addirittura cinque indirizzi. Con il suo concept di “pizza sharing”, Briscola ha vinto il premio “Italy’s best restaurant chains – Pizzeria 2019” assegnato dalla rivista di settore Food Service per l’originalità del concept, l’identificabilità del brand e la replicabilità del format all’estero. La formula dello sharing si basa sulle pizzine, due ricette da combinare su piccoli dischi del diametro di 18-20 cm. Da provare la pizza California, con salmone, avocado e pomodori secchi, la pizza Eoliana con pomodorini, capperi, tonno e ricotta salata, la pizza Profile (dal diametro classico di 28-30 cm), da comporre seguendo il proprio gusto con verdure o frutta, conserve, salumi e salse

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