È slittata al tre ottobre la discussione sul Decreto Clima al Consiglio dei Ministri. E la bozza è stata nel frattempo modificata. Previsto inizialmente uno sconto del 20% sugli acquisti di prodotti alimentari e non, sfusi, al fine di ridurre il consumo degli imballaggi, di questa norma nel Decreto non resta più traccia. «Quella del Ministro per l’Ambiente è stata un’intuizione adeguata», afferma Cinzia Vaccaneo, presidente di Ecologos, ente di ricerca scientifica e ambientale applicata, nato a Torino e attivo da 15 anni.
Che nel 2009 ha dato il via al progetto dei “Negozi Leggeri”. Ci sono 15 punti vendita tra Italia, Francia e Svizzera. Con 1500 prodotti alimentari e non, il consumatore può decidere tra il “vuoto a rendere” o una spesa completamente sfusa. «Il nostro è un settore giovane e innovativo che ambisce al rifiuto domestico zero», afferma Vaccaneo. Che definisce positivo il tentativo del governo. «Il fatto che ci si stia muovendo in questo senso ha un valore, indica un interesse rispetto alla crisi ambientale». «La norma metteva a fuoco la riduzione dei rifiuti alla fonte e, quindi, l’importanza di fare prevenzione. Un tempo questo concetto non c’era – ricorda – mancava una sensibilità politica».
Eppure non sorprende che, in seconda battuta, il governo abbia voluto favorire il comparto automobilistico, incentivando la rottamazione dei veicoli più inquinanti. «È un settore meno innovativo, più tradizionale», precisa il presidente di Ecologos, «non credo sinceramente che la scelta di togliere la norma sul credito d’imposta sia stata fatta per favorire il settore degli imballaggi, mi sembra più che altro un indirizzo nazionale, un percorso più conservatore». «Speriamo solo che quel bagliore d’innovazione che c’è stata nella prima bozza del Decreto Clima, venga poi ripreso».
Dal 2014 al 2017, il settore degli imballaggi non ha mai smesso di crescere, anche durante gli anni della crisi economica. A rivelarlo è l’Istituto Italiano Imballaggio. Con oltre 32,6 miliardi di euro di fatturato, solo nel 2017, l’Italia produce ogni anno circa 16 milioni di tonnellate d’imballaggi. A spingere non è solo l’export, il settore dipende dall’andamento sia del commercio sia del manifatturiero, ma anche la domanda interna, soprattutto, per i prodotti alimentari (bevande incluse), grazie al fenomeno sociale del delivery food.
Con oltre 32,6 miliardi di fatturato solo nel 2017, l’Italia produce ogni anno circa 16 milioni di tonnellate d’imballaggi, esclusa dalla bozza del Decreto Clima la norma sul credito d’imposta a chi acquista prodotti sfusi
A Milano, c’è uno dei 15 punti vendita. All’ingresso salta all’occhio il logo #PlasticFree. La campagna, promossa da Legambiente, a cui ha aderito il Comune di Milano per limitare al massimo il consumo della plastica e degli imballaggi, questi ultimi diffusi soprattutto nelle grandi catene di distribuzione. Proprio la plastica, secondo Vaccaneo, è un materiale che si ricicla male, che perde subito di qualità.
«Già in una prima fase, anche se ben pulita e differenziata, non consente di produrre lo stesso prodotto, ma uno diverso, però di qualità inferiore. E con un dispendio energetico abbastanza alto», spiega il presidente di Ecologos. «Il settore del riciclo della plastica esiste da tanti anni può essere naturalmente potenziato, ma la cosa migliore sarebbe ridurre al minimo l’uso della plastica. A quei settori dove è assolutamente indispensabile, per esempio quello medico-sanitario, in cui l’usa e getta puo’ essere sensato».
Ridurre gli imballaggi può aiutare a una più corretta gestione dei rifiuti. A guadagnarci è solo lo Stato, prima di tutto i Comuni. «Le montagne di rifiuti plastici a cui siamo abituati sono anche il frutto di un consumo elevato di questo materiale, i tanti scarti rendono il sistema poco efficace». L’idea di fare prevenzione è alla base dell’economia circolare, che affinché si realizzi appieno ha però bisogno che si battano tante strade: partendo dalla riduzione dei rifiuti alla fonte; per quella fetta di imballaggi che ancora si rendono indispensabili provvedere a migliorare il sistema del riciclo o, ancora, battere per una riconversione del settore verso le bioplastiche che, come spiega Vaccaneo, «è un comparto che sta andando bene. A oggi è tra i più importanti al mondo e sta dando i suoi frutti». Ma intanto si affaccia un’altra ipotesi, quella di una tassa dello 0,2% sugli imballaggi. Un’iniziativa che abbandona l’idea di promuovere la riduzione alla fonte dei rifiuti e che permette al governo di assicurarsi nuove risorse, senza spendere.