Comunemente conosciuta come il male di vivere, c’è chi, come lo scrittore Italo Svevo, sulla depressione ha incentrato un grande lavoro di scrittura auto-ironica. Nella sua opera La coscienza di Zeno Svevo elogia i “malati”, guardando con sospetto coloro che si definiscono “sani”. Per lo scrittore la depressione è la chiave per la verità, che non è alla portata di tutti e che è causa di un incessante senso di inadeguatezza, di perenne insoddisfazione e di tensione verso la vita. E l’incapacità di uniformarsi e di assecondare le regole della competizione, frutto della società di massa, non vengono viste dallo scrittore come un handicap. Per questo della malattia ne parla, ne scrive. Ne prende ispirazione. Liberamente
Sotto il peso dello stigma la depressione viene definita un disturbo psichiatrico e trattato come tale. Non sempre in modo adeguato. A dirlo è Giovanni Maria Ruggiero, medico chirurgo, specialista in psichiatria e psicoterapia cognitiva e professore all’università Sigmund Freud di Milano. «Sebbene meno che in passato, c’è ancora una diffusa vergogna, le persone sono restie a curarsi, per questo sarebbe adeguato parlare di disturbo emotivo, piuttosto che psichiatrico». Una definizione questa che, secondo Ruggiero, aiuterebbe chi soffre di depressione ad avere meno paura.
Il nostro Paese spende per la salute mentale solo il 3,5 per cento contro l’8-15 per cento dei Paesi del G7. Il costo medio sanitario è di circa 2 mila euro a paziente, mentre quello indiretto è di oltre 7 mila euro. Oltre a quello sociale, si aggiunge un impatto economico importante, con 4 miliardi di euro l’anno di ore lavorative perse, a cui si devono aggiungere altri 500 milioni di euro tra assegni di invalidità e pensioni di inabilità con un incremento dei costi per lo Stato del 40 per cento.
In Italia un milione di persone è affetto da una forma «depressiva suicidaria», che solo nella metà dei casi è trattata in modo tempestivo, il 15 per cento sfocia così in suicidio
In Italia le persone affette da depressione sono tre milioni, di cui due milioni sono donne. Tra questi un milione presenta una forma «depressiva suicidaria» che solo nella metà dei casi viene trattata in modo tempestivo. Rispetto a quella europea la media è ferma al 17 per cento. Tanto che nel 15 per cento dei casi essa sfocia in suicidio. Se guardiamo al servizio sanitario nazionale, secondo Ruggieri, la depressione è essenzialmente curata con mezzi psichiatrici, quindi, con farmaci antidepressivi. Mentre la psicoterapia – quella cognitivo-comportamentale – altrettanto importante per la prevenzione è invece «ancora insufficiente». Ci sono i privati che offrono assistenza terapeutica con un «costo medio che varia dai 70 ai 120 euro a seduta, di certo, precisa Ruggiero, in questo modo c’è il rischio di lasciare fuori una fetta di persone con un reddito basso».
Quale principale causa di disabilità – vent’anni fa era solo al quarto posto – la depressione coinvolge oltre 300 milioni di persone nel mondo. Dal 2005 al 2015 i casi sono aumentati del 20 per cento. Cresce tra i bambini e gli adolescenti. L’età media durante la quale si manifestano i primi sintomi è di 25 anni, con picchi tra i 15 e i 19 anni e i 25 e i 29 anni.
Proprio una cura inadeguata, meramente palliativa, e una mancata prevenzione nei casi più gravi aggrava il numero dei suicidi. Anche se, sempre in un caso su tre, anche quando la depressione non è grave, le persone tentano almeno una volta di togliersi la vita. In Italia, che pure è considerato un Paese a basso rischio, ogni anno sono oltre tre mila le vittime di suicidio, circa 300 persone al mese. In media una persona ogni tre secondi. Il numero di vittime di suicidio supera ormai quello per omicidio.
Come malattia cronica tra le più diffuse in Europa, la depressione viene curata in modo tempestivo solo nel 23 per cento dei casi. Guardando i numeri è necessario che la si affronti iniziando a combattere lo stigma, investendo più risorse e concentrando gli sforzi sull’attività di prevenzione. Tutto questo però sarà possibile quando della depressione e del suicidio s’inizierà a parlare, senza vergogna. Senza tabù e né pregiudizi.