ColumnLa grottesca commedia del sindacato Rai che protesta contro il linoleum di Fiorello

In via Asiago c’è molto preoccupazione per l’allestimento del nuovo programma RaiPlay dello showman siciliano, tanto che i dipendenti hanno preparato una lettera in involontario stile Monty Python

Mentre c’è chi si diverte, c’è chi lavora e magari ruba il lavoro agli altri, oppure – molto peggio – copre con vile linoleum un pavimento mosaicato su cui tanti piedi illustri hanno passeggiato.

A un certo punto del comunicato sindacale in calce al quale appaiono le sigle RSU CGIL RADIOFONIA – SLC ROMA E LAZIO, pubblicato su Facebook da Loredana Lipperini, si fa notare che da quando a Via Asiago ci si prepara per il nuovo programma di Fiorello, Viva RaiPlay, che comincerà il quattro novembre prossimo e sarà trasmesso sulla piattaforma streaming della Rai, niente è più come prima, tutto è stravolto, rottamato alla carlona, persino i pavimenti di pregio.

Una lamentatio molto novecentesca, con punte d’Ottocento, i cui diffusori sono consapevoli, forse anche orgogliosi – i misoneisti li vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia ma soprattutto dall’excusatio non petita, che qui è tanto manifesta da stare alla seconda riga: «Nostalgia del tempo passato? Certamente no».

No, certo.
Il succo è questo qui. A Via Asiago sono tutti molto disturbati dai lavori per l’allestimento del nuovo programma di Fiorello – apostrofato «Fiorin Fiorello» in incipit di lamentatio – che sarà nuovo in tutti i sensi, perché è stato interamente pensato per la piattaforma streaming della Rai e in Rai questa cosa qui che altrove è consolidata prassi, fa ancora ambiziosa avanguardia.

Dicono i sindacati a mezzo Lipperini che «l’allestimento è una sorta di occupazione militare o sfratto senza preavviso», e che la CGIL ha chiesto incontri e assemblee unitarie con gli altri rappresentanti sindacali ma niente

Dicono i sindacati che «l’allestimento è una sorta di occupazione militare o sfratto senza preavviso», e che la CGIL ha chiesto incontri e assemblee unitarie con gli altri rappresentanti sindacali ma niente (non è specificato per dire cosa, ma non di sola sostanza parlano i sindacati, da che hanno capito che i lavoratori vogliono il pane ma pure le rose), e che gli spazi della democrazia sindacale dove prima ci si incontrava sono stati spostati senza preavviso (non chiusi, eh: spostati senza preavviso, ma che vergogna, ma quante cose pretendono queste brigate di Fiorin Fiorello dai «lavoratori della radiofonia», accidenti, queste povere anime a cui già tocca «esser consapevoli degli scenari che si aprono con il moltiplicarsi delle piattaforme, con lo sviluppo del WEB», ora devono pure cambiar scala ex abrupto per andare a esercitare il loro diritto di riunirsi in assemblea, e poi cosa si vorrà da loro, eh, che paghino il biglietto dell’ATAC con il contactless, di punto in bianco, senza preavviso?).

Si legge sul comunicato che tutto tace mentre tutto si copre di linoleum e cambia destinazione d’uso, e così se a Fiorin Fiorello e al suo show vanno un sacco di soldi, ai redattori e lavoratori ordinari della radio tradizionale tuttavia «non rimasti ai tempi della radio a galena» (ma siamo proprio sicuri?), tocca prestar servizio nell’inaccettabile precariato di sopra descritto, in una scontentante Via Asiago, ormai troppo piccola per tutti.

Alcuni programmi, e qui c’è del raziocinio nella lamentatio ma probabilmente non del dolo nei colpevoli, sono stati sposati in sale non insonorizzate, a scapito della qualità delle registrazioni, e alcuni strumenti di pregio sono stati ammucchiati in corridoi ed «esposti a calcinacci» (accipicchia, ma è la sede Rai di via Asiago o la torre di Mago Merlino?).

E tuttavia i sindacati, con questa letterina da collegio dei docenti di un liceo salesiano del 1958, ribadiscono che i lavoratori di Via Asiago, i pre Fiorin Fiorello, sono disposti a stringersi un po’, e persino a tifare «Viva Rai Play», ma vorrebbero anche poter continuare a «gridare VIVA RADIO RAI» – possibilmente assisi su un pavimento mosaicato, grazie.

In Italia le rivoluzioni non si possono fare perché ci conosciamo tutti, ma pure perché appena ci toccano i nostri già asfittici 140 metri di safe space chiamiamo i carabinieri, che però non rispondono mai, specie a Roma, e quindi si va dal sindacato, che detta pure lettere bellissime, molto molto creative, diciamo mosaicate, d’altronde non ha di meglio da fare che occuparsi del precariato dei corridoi di via Asiago, mica di quei morti di fame che prendono 3 euro l’ora per fare lavori del futuro come portare la cena a casa ai millennial preterintenzionali.

X