Investimento grungeIl cardigan di Kurt Cobain va all’asta, e anche noi non stiamo bene

Il settore reperti dismessi da rocker vari è in fermento, e il golfino del leader dei Nirvana è valutato tra le prede migliori. Tutto molto naturale (e tutto abbastanza triste)

Prima di tutto siamo andati a controllare. Quando il 23 febbraio 1994, poco più di un mese prima di suicidarsi, Kurt Cobain e gli altri Nirvana – ormai in formazione stabilmente a quattro, col magnifico Pat Smear a rafforzare le chitarre – fecero ingresso al centro-tv Dear di Roma, per partecipare con un live set di due pezzi (“Serve the Servant” e “Dumb”) a “Tunnel”, lo show di Serena Dandini e soci, Kurt indossava il solito macilento, orribile-magnifico cardigan verde, capolavoro assoluto dell’infeltrimento contemporaneo.

Dopo, quando entrerà in scena per mettere giù 10 minuti di musica roboante (la sera prima era quella del celebre-funesto concerto del Palaghiaccio di Marino, noto come l’orazione funebre dell’artista e della band, ben celebrato da un articolo del cronista punk Nick Kent), il golf non c’è più, lasciato in camerino, giudicato televisivamente inutilizzabile, chissà da chi, visto che l’entourage della band era, a dir poco, all’osso, e di Courtney Love, l’unica con un po’ d’occhio estetico, non c’era manco l’ombra. La voce quella invece c’era tutta, il suono pure, in quel set nello studiolo televisivo che suona ancora smagliante – correte su Youtube a rivederlo. Ma Kurt indossa un’improbabile giacca a vento, che pare appena staccata da una stampella, chissà da dove arrivava, magari dal reparto costumi.

Il cardigan in questione – accuratamente mai lavato, anche perché se lo lavassero, lo sa chi se n’intende, si decomporrebbe – adesso va all’asta, presso i battitori della Julien’s Auctions, con una proiezione di quotazione tra i 200 e i 300mila dollari

Le foto di Marino, invece, rimettono le cose a posto: per sentirsi a suo agio e sparare quell’esibizione terrificante, Kurt si era tenuto la sua coperta di linus, di quel colore senza nome che conteneva tutta l’indefinibilità del grunge, così pateticamente delizioso. Momenti notevoli. Direi superiori a questi, in cui leggiamo che il cardigan in questione – accuratamente mai lavato, anche perché se lo lavassero, lo sa chi se n’intende, si decomporrebbe – adesso va all’asta, presso i battitori della Julien’s Auctions, con una proiezione di quotazione tra i 200 e i 300mila dollari, perché pare che i memorabilia del rock adesso costituiscano un investimento di massimo livello.

Per presentare l’oggetto, il catalogo gli attribuisce un ruolo ancora più rilevante della storia dei Nirvana: Kurt lo indossava la sera in cui negli studi di Mtv si registrò “Unplugged”, il mistico canto del cigno. Adesso, nella notte di venerdi, durante l’evento “Icons & Idols: Rock ‘N’ Roll” sarà messo in vendita insieme a un altro pezzo prezioso: la Fender Mustang turchese con cui Kurt suonò “In Utero” e tanti concerti (modello economico di solid body, per la cronaca).

«Ma quel cardigan è il sacro graal» dichiara Darren Julien, l’organizzatore del business. A rendere ancora più fastidiosa la notizia si aggiunge il particolare che la stessa reliquia era già stata battuta all’asta nel 2015 dalla medesima organizzazione, aggiudicata per 137.500 dollari (la base era 60mila) che andarono, salvo i diritti, a Jackie Farry, la governante di Frances Bean, la figlia dei coniugi Cobain, un’amica di Courtney che gliene aveva fatto dono all’indomani del suicidio di Kurt, il 5 aprile del solito ’94.

Il settore memorabilia rock è in ebollizione, valutato tra una le migliori scommesse per realizzare forti guadagni. Evidentemente quelli che furono dei fan, adesso sono pronti a trasformare la passione in business

I conoscitori ora spiegano che dobbiamo abituarci a notizie del genere: il settore memorabilia rock è in ebollizione, valutato tra una le migliori scommesse per realizzare forti guadagni. Evidentemente quelli che furono dei fan, adesso sono pronti a trasformare la passione in business. Prova ne sia che lo stesso cardigan di Kurt, sia stato acquisito e ora ceduto da un anonimo che fin dall’inizio avrebbe pianificato la rivendita. Non a caso il vecchio golf è conservato in una teca di plastica, isolato da agenti corrosivi e mantenuto intatto, comprese le bruciature di sigaretta e il bottone mancante (uno su cinque).

Non che fosse un capetto di valore – misto Lycra, acrilico e lana, scolorito, specificano le note di presentazione – ma Kurt se ne fregava e chissà quando l’aveva comprato, ai tempi in cui non aveva il becco di un quattrino e il problema per, chi viveva nell’interno dello Stato di Washington, era salvarsi dal freddo nel modo più economico possibile, ovvero vestendosi a strati (Jean Paul Gaultier lo descrisse, parlando con riprovazione della moda grunge, come del “modo di vestirsi di quando sei povero in canna”).

Per chiudere questa notizia dal mondo dal mondo dell’orrore, aggiungiamo che si mormora che un fondo d’investimento sia interessato all’acquisto, che se volete sfidarlo la casa d’aste accetta offerte online, e che se invece siete troppo avari per lanciarvi nell’impresa, a una cifra più contenuta – solo 1.150 dollari – lo stilista Raf Simons ne mette in vendita una copia conforme nella sua collezione Vetements. Se poi a questo punto state mestamente mugolando, dopo esservi strappati la cuffia dalle orecchie, credendo ancora una volta d’aver così commesso un gesto rivoluzionario, significa che non sapete stare al mondo e che è meglio che badiate a come vi muovete nel contemporaneo. Perché, in sostanza, ci sono seri rischi che siate degli impresentabili esemplari di grunge.

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