Fino ad oggi, non c’erano stati test elettorali successivi alla messa in stato d’accusa del presidente Donald Trump. Solo un sondaggio commissionato dal Washington Post, che ha mostrato che la maggioranza degli elettori americani è favorevole all’inchiesta e alla rimozione del presidente. Con la Louisiana, la sua forza elettorale è stata messa alla prova. Facciamo un brevissimo quadro: la Louisiana venne acquistata il 30 aprile 1803 in seguito a una lunga trattativa tra gli Stati Uniti sotto la presidenza di Thomas Jefferson e la Francia napoleonica.
Quest’ultima, impegnata nelle guerre europee, ritenne di non poter più difendere un simile territorio da eventuali attacchi britannici o spagnoli, pertanto decise di venderla nella sua interezza, sorprendendo l’inviato speciale del presidente a Parigi, James Madison, che aveva l’incarico di procedere soltanto all’acquisto di New Orleans e dell’area circostante. L’affare si chiuse per la cifra di 60 milioni di franchi. In questo modo gli Stati Uniti ottenevano la libertà di circolare lungo il fiume Mississippi e di potersi espandere a Ovest. I coloni americani insieme con gli ex emigranti francesi dal Canada e con i numerosi neri liberi produssero un singolarissimo mix che rese la Louisiana un caso unico negli stati che si reggevano economicamente sulla monocoltura del cotone. Questa diversità non impedì che la Louisiana aderisse con entusiasmo alla secessione confederata del 1861.
Ma la leadership schiavista non calcolò che la maggior parte dei neri liberi, quando la marina nordista sferrò l’attacco a New Orleans il 25 aprile del 1862, passò a sostenere l’Unione con tale entusiasmo che, caso unico, gli venne garantita rappresentanza alla Camera dei rappresentanti di Washington, pur essendo ancora lo stato in parte sotto il controllo dei confederati. Dopo la guerra la Louisiana rimase ancora a lungo uno stato agricolo, fino alle trasformazioni seguite a due catastrofi di diverso tipo.
Il giorno di Natale del 1926 iniziò una piena fuori dal comune che travolse i territori degli stati percorsi dal fiume Mississippi esondando in 145 punti. L’acqua invase 70mila km quadrati per mesi, defluendo solo in agosto
Il giorno di Natale del 1926 iniziò una piena fuori dal comune che travolse i territori degli stati percorsi dal fiume Mississippi (un filmato d’epoca sugli eventi si trova qua), esondando in 145 punti. L’acqua invase 70mila km quadrati per mesi, defluendo soltanto nel mese di agosto 1927. Il tragico bilancio fu di più di 500 vittime e di 700mila sfollati. Il presidente Calvin Coolidge, repubblicano favorevole allo stato minimo, non ritenne in prima battuta che fosse compito del governo federale provvedere al soccorso in caso di disastri naturali, ma poi nominò il segretario al commercio Herbert Hoover come responsabile straordinario dell’emergenza.
Hoover, che durante la Prima Guerra Mondiale era stato capo della U.S. Food Administration per garantire l’approvvigionamento di derrate alimentari agli Alleati, divenne popolarissimo nel Paese come risolutore di problemi: grazie ai primi interventi di irregimentazione delle acque sul Mississippi (come spiega bene questo articolo, fu la prima volta che il governo federale intervenne in modo così diretto). Ma se Hoover venne eletto presidente in modo trionfale, qualche anno dopo fu la Grande Depressione a costargli il posto alla Casa Bianca. La Louisiana soffrì ancora fortemente per la crisi economica e iniziò un’emigrazione verso il Nord industriale e la California degli afroamericani e dei bianchi poveri.
Il nuovo presidente Franklin Delano Roosevelt attuò un piano di interventi pubblici straordinari, il New Deal, che cambiò per sempre il volto anche della piccola Louisiana: l’agricoltura perse il suo ruolo preminente grazie a una nuova agenzia, l’Agricultural Adjustment Administration, che contribuì in modo determinante a innovare questo settore stagnante, ponendo le basi per il boom postbellico e il “Nuovo Sud”. Solo una cosa non cambiò: il dominio politico dei democratici segregazionisti, derivante dai postumi della guerra civile. I due senatori che servirono insieme in coppia dal 1948 al 1972, Allen Ellender e Russel B. Long, pur favorevoli alla legislazione sociale, rimasero fino alla fine dei razzisti nel midollo.
Soltanto negli ultimi anni i repubblicani hanno conquistato la preminenza nelle cariche statali, grazie allo sgretolamento dei Blue Dog, i democratici conservatori pilastro della coalizione clintoniana, fino al pienone ottenuto nel 2014: tutti gli eletti a livello statale erano membri del Gop
Soltanto negli ultimi anni i repubblicani hanno conquistato la preminenza nelle cariche statali, grazie allo sgretolamento dei Blue Dog, i democratici conservatori pilastro della coalizione clintoniana, fino al pienone ottenuto nel 2014: tutti gli eletti a livello statale erano membri del Gop. Sembrava quindi che anche la Louisiana, come l’Arkansas, si avviasse a trasformarsi in uno stato quasi a partito unico, con i democratici che faticano anche a trovare un candidato decente. Nel 2015 però ci fu un successo insperato: il leader di minoranza alla Camera statale John Bel Edwards riesce a battere il senatore repubblicano David Vitter. Nei giorni scorsi all’ultimo minuto prima del voto, per colmare questa anomalia, il presidente Trump è sceso in soccorso dei due candidati principali, il deputato al Congresso Ralph Abraham e l’uomo d’affari Eddie Rispone, che si dice “trumpiano della prima ora” e in effetti ha conflitti d’interesse simili. Ma vediamo com’è andata:
- John Bel Edwards (D)-46,6%- 626.000 voti
- Eddie Rispone (R)- 27,4%- 368.318 voti
- Ralph Abraham (R)- 23,6%- 317.115 voti
- Altri – 2,4%
Come si può vedere, i due candidati repubblicani hanno più del 50% dei voti. Fallisce quindi la strategia di Edwards di conquistare la vittoria al primo turno, su cui il partito democratico nazionale aveva puntato. La ragione? Secondo gli analisti due fattori hanno influito: la bassa affluenza degli elettori afroamericani e appunto l’intervento di Trump. Il presidente si conferma un mobilitatore formidabile per la sua base, non è così per il suo predecessore Barack Obama: ha registrato dei messaggi elettorali telefonici per la comunità afroamericana, ma il messaggio è stato utillizzato dal partito repubblicano per sfruttarne l’impopolarità tra gli elettori bianchi.
Eppure i dati della Louisiana e del suo governatore sono ottimi: 58% di approvazione e un’economia in espansione, oltre che una riforma della giustizia criminale che ha limitato i livelli di incarcerazione per gli afroamericani. Più controversa invece la legge restrittiva sull’aborto che lo proibisce in ogni caso a partire dalle sei settimane di gravidanza: da lui firmata contro il parere della leadership nazionale del suo partito. Ma a quanto pare quella è stata una scelta che ha contribuito a raccogliere sostegno anche nelle partito repubblicano, tra cui il più notevole è quello del presidente del Senato statale John Alario. Non è detto però che basterà. Stavolta non ha un avversario compromesso come il senatore Vitter, coinvolto in uno scandalo di prostituzione minorile. E dovrà lavorare sodo per tenere insieme almeno il 30% di bianchi conservatori e nel contempo 200mila elettori afroamericani rimasti a casa nel primo turno.(Tratto dalla newsletter Jefferson-Lettere sull’America. Per iscrivervi cliccate qui)