Prima di soppesare l’utile, conviene misurare i danni che vent’anni di maggioritario hanno portato con sè. Un disastro preannunciato ma omesso per la tenuta della stabilità governativa, per giunta, raramente verificatasi. L’idiosincrasia nei tomi di scienza politica è nota: con un maggioritario si mira alla tenuta dei governi pena la rappresentatività, con il proporzionale invece il contrario. Ma questo vale anche per il caso italiano? Non proprio, o meglio, non in maniera assoluta. Secondo Michele Ainis, giurista e costituzionalista italiano, la soluzione del proporzionale puro avrebbe un seguito «con i giusti anticorpi per contrastare le possibili frammentazioni e i cambi di casacca, partendo per esempio anche dall’applicazione della sfiducia costruttiva».
Michele Ainis, siamo di fronte alla fine di un ciclo politico. Il sistema elettorale italiano necessità davvero di una nuovo legge?
Di leggi elettorali ne abbiamo cambiate sette, diciamo quindi come premessa che sono cicli relativamente rapidi. Adesso c’è la volontà di fare l’ennesima riforma: si può giustificare in vari modi, anche se il principale interesse è quello politico, oltre che una ragione istituzionale, dell’attuale maggioranza. Interessata nel neutralizzare e sterilizzare il consenso che in questo momento ha la Lega, annacquandolo in un sistema proporzionale più o meno puro, in quanto con un maggioritario i giochi sembrerebbero già decisi.
Oltre agli aspetti politici di base, un proporzionale puro è la soluzione più adatta?
Penso che su tutti sono stati nocivi i sistemi misti che abbiamo avuto in circolo nelle nostre legislature: oggi ne abbiamo uno in uso, che è il Rosatellum, per un terzo maggioritario e per due terzi proporzionale. Quando avevamo un modello di proporzionale puro non abbiamo avuto dei governi stabili, nel senso che si cambiava Presidente del Consiglio anche tre volte l’anno, ma coalizioni stabili, tant’è che la Democrazia Cristiana nella fase del centrismo è durata 17 anni così come la fase del centrosinistra che è durata 14 anni, fino ad arrivare al compromesso storico. Quello che si era creato erano coalizioni stabili con leader instabili.
Con un proporzionale e una soglia al 4-5 per cento, senza cambiare la forma di governo che rimane parlamentare, metti un argine alla frammentazione partitica, evitando, grazie a degli anticorpi interni, i cambi di casacca a giochi fatti
È vero. Ma con il maggioritario le cose non sono andate poi molto meglio…
Con il modello di maggioritario impuro che abbiamo adottato, il Mattarellum sostanzialmente, ci sono stati dei leader stabili, Berlusconi per esempio ha governato per 4 governi e Prodi per la metà del tempo con un paio di governi, e coalizioni ballerine. Il contrario, quindi. Da quando siamo passati ai sistemi misti, mi sembra che la situazione si sia mischiata in peggio: ci sono sia leader sia coalizioni instabili. Qualunque cosa si faccia, credo sarebbe bene fare una scelta netta.Basterebbe aggiungere al proporzionale una soglia di sbarramento sufficiente…
Certo, con un proporzionale e una soglia al 4-5 per cento, senza cambiare la forma di governo che rimane parlamentare, metti un argine alla frammentazione partitica, evitando, grazie a degli anticorpi interni, i cambi di casacca a giochi fatti. Potrebbe essere utile la sfiducia costruttiva: cioè io cambio cavallo se ho un cavallo di riserva: sfiducio Conte se ho un continuo per sostituirlo.
Alla fine dei conti il proporzionale è anche quello di indirizzo dell’Assemblea Costituente, che non lo ha scritto nero su bianco, ma grazie al quale è stata eletta. La Repubblica è nata con un proporzionale, in altre parole.Il cortocircuito del maggioritario è forse dovuto anche all’affondo inferto alla capacità di rappresentatività del popolo?
Certamente il proporzionale è una sorta di specchio del Paese e non una lente deformante. Si tratta però di compensare due esigenze, entrambe con una loro ragione: da un lato la governabilità, che un sistema proporzionale senza anticorpi può spingere verso un Weimar, una frammentazione, può far fermentare la voglia poi di trovare un Führer che risolve i problemi, mentre dall’altro la rappresentatività, un valore fondamentale che ha bisogno tuttavia di trovare degli equilibri.Se poi un domani il popolo italiano decide di consegnarsi mani e piedi con un 70% di consensi a Salvini o a chi per lui, anche con un proporzionale puro non si potrebbe evitare. Ripeto però che il quadro necessita anche di un luogo dell’opposizione, in quanto la democrazia è poteri separati e il primo contropotere è proprio quest’ultima in veste parlamentare
Quegli equilibri che da una parta la Lega con Salvini e la richiesta di pieni poteri e dell’altra i 5Stelle con il taglio dei parlamentari, potrebbero mettere a dura prova…
Il taglio dei parlamentari dovrebbe consolidare la democrazia indiretta, perché un Parlamento meno numeroso dovrebbe essere più autorevole e quindi più credibile per l’elettore. Sul taglio dei parlamentari sono tra i pochi costituzionalisti abbastanza favorevole, in quanto avevamo il Parlamento più pletorico d’Europa dopo quello del Regno Unito, appesantito però dai 700 e rotti Lord a vita della Camera. C’era bisogno non per il risparmio in sé, quello è un racconto un po’ demagogico (la Democrazia costa e se dovessimo risparmiare allora dovrebbe essere abolito l’intero Parlamento), la ragione bensì è quella che vede l’istituzione parlamentare meno numerosa è di conseguenza capace di lavorare meglio e di rispondere maggiormente alle istanze dei cittadini, che possono così riconoscere i propri eletti.È un azzardo dire che il modello proporzionale racchiude in maggior misura i principi e i valori costituzionali e democratici?
In qualche modo sì. Se poi un domani il popolo italiano decide di consegnarsi mani e piedi con un 70% di consensi a Salvini o a chi per lui, anche con un proporzionale puro non si potrebbe evitare. Ovviamente con il modello di cui sopra il rischio è minore, ripeto però che il quadro necessita anche di un luogo dell’opposizione, in quanto la democrazia è poteri separati e il primo contropotere è proprio quest’ultima in veste parlamentare.