TecnologiaLa scienza è open source: i progetti del futuro si baseranno sulla condivisione dei dati

Fisici e studiosi di domani utilizzeranno sempre di più le piattaforme aperte per collaborare e discutere le loro idee. Eppure non mancano dubbi e problemi, come la sostenibilità dell’ecosistema

Photo by Markus Spiske on Unsplash

La prima immagine del buco nero fotografata alcuni mesi fa è già diventata iconica, ma pochi sanno la storia dietro i dati dell’immagine che immortala il buco nero super-massivo Messier 87. Tecnicamente quella non è una foto, ma si tratta di una mappa tridimensionale ottenuta grazie a vari processi di acquisizione dati, e la loro successiva elaborazione e trasformazione grafica. Un ecosistema di pacchetti software liberamente modificabili dagli scienziati non solo ha permesso di disegnare questi pixel colorati, ma è stato fondamentale nell’elaborazione stessa dei dati astronomici, e nello sviluppo di tecniche di analisi.

Non è l’unico caso, anzi è tutt’altro che isolato. Una comunità di ricercatori sempre più ampia sta assorbendo le tecniche degli sviluppatori di software professionali, per costruire, a poco a poco, un ecosistema per collaborare su progetti scientifici che, come sempre più spesso accade nelle collaborazioni internazionali, coinvolgono scienziati dislocati in vari istituti sparsi per il mondo. Il loro mondo di riferimento è quello del linguaggio di programmazione Python, una lingua franca assimilabile al latino di trecento anni fa e all’inglese scientifico attuale che ha rivoluzionato data science e ora le scienze di base grazie alla sua intuitività e flessibilità.

Questi “scienziati-sviluppatori” hanno creato, in un decennio, la spina dorsale del software che viene usato in tutte le piattaforme finanziarie e corporate, da data mining a machine learning, e sarà centrale anche in quelle future, da new space economy a quantum technology. Il software scientifico migliora anche la scienza, perché permette di riprodurre facilmente i risultati riportati a corredo di un articolo scientifico, e di ottenerne facilmente di nuovi su nuovi dati.

Con i computer quantistici i fisici teorici possono fare calcoli e esperimenti di fisica quantistica dal cloud, bypassando i ricercatori sperimentali e ottenendo risultati in tempo reale e variando i parametri dell’esperimento a loro piacimento

Ci sono vari campi di applicazione del software open source in ricerca, in particolare per le scienze. In fisica per esempio, diversi ricercatori scrivono i loro pacchetti software per sviluppare la parte numerica e più matematica di una teoria, ma queste non sono le uniche applicazioni. Un esempio estremamente innovativo sono i computer quantistici, la cui vera rivoluzione è l’implementazione di nuovi metodi di calcolo attraverso un’interfaccia cloud e open source. Con questi computer, I fisici teorici possono fare calcoli e esperimenti di fisica quantistica dal cloud, bypassando i ricercatori sperimentali e ottenendo risultati in tempo reale e variando i parametri dell’esperimento a loro piacimento. È la prima volta nella storia della scienza ed è un paradigma che potrebbe traslarsi anche su altri campi di ricerca.

Il design delle piattaforme dove si crea la comunità web può determinare le dinamiche di gruppo. Addirittura, una ricerca recentemente pubblicata su Nature mostra come la struttura stessa dei network dove circola l’informazione può’ essere adulterata per influenzare il pubblico e gli elettori. Un gerrymandering (il design ad-hoc di un partito delle circoscrizioni di voto sulla mappa per vincere un’elezione) che da classico, circoscrizionale ed elettivo, diventa virtuale e impalpabile, eppure molto influente, capace di condizionare le elezioni.

Fa riflettere che GitHub, il social network più popolare tra gli sviluppatori di software libero, dove i progetti possono essere caricati da ognuno e modificati in modo collaborativo, sia così scevro dagli aspetti negativi che investono altri social network. La risposta che ci si può dare è nel solco di The death of expertise di Tom Nichols: per accedere a questa comunità devi saper programmare, i test automatici al codice devono essere approvati, la tua credibilità è data dalla funzionalità del codice che scrivi e che gli altri possono verificare immediatamente. Quindi c’è un naturale filtro passa-basso che impedisce a terrapiattisti tecnologici di prendere anche solo parte alla conversazione. Insomma, le chiacchiere stanno a zero.

Come ha notato recentemente uno di questi sviluppatori, rivolegendosi ai suoi colleghi: se in questo momento scoppiasse una bomba in questa stanza l’intero sistema finanziario entrerebbe in crisi, perché tutti i big player utilizzano pacchetti software mantenuti da uno sparuto gruppo di “maintainers”

Sebbene il mondo open-source sia libero anche dai sommovimenti più nocivi veicolati dai social network, ci sono problemi strutturali anche qui: c’è uno sforzo per incrementare la diversity della comunità e minimizzare comportamenti tossici da “tech-brotherhood”, e gli immancabili troll da tastiera. Inoltre, la sostenibilità dell’ecosistema open source non è ancora chiara, anche se ci sono alcuni modelli economici basati sul paradigma freemium di software as a service. Di fatto la comunità, composta prevalentemente da ricercatori, è sovvenzionata indirettamente dagli istituti di ricerca, ma la sua crescita ipertrofica ne sta mettendo a repentaglio la capacità di manutenzione. I download di software scientifico non sono ancora una moneta universalmente accettata dagli enti che finanziano la ricerca come le citazioni ad un articolo di ricerca.

Come ha notato recentemente uno di questi sviluppatori, rivolgendosi ai suoi colleghi, in uno dei workshop che avvengono sparsi per il mondo ancora con un sapore da movimento underground: se in questo momento scoppiasse una bomba in questa stanza, l’intero sistema finanziario entrerebbe in crisi, perché ormai tutti i big player utilizzano, alla base, per il calcolo numerico così come per i calcoli di trading o machine learning, pacchetti software manutenuti da uno sparuto gruppetto di “maintainers”, a loro modo guardiani dell’ordine costituito.

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