Quello del concorso straordinario indetto dal ministero dell’Istruzione per la scuola secondaria, frutto della concertazione con le organizzazioni sindacali che ha portato il dieci ottobre all’approvazione del decreto “Salva precari” – manca solo la firma del presidente della Repubblica – ha il sapore della beffa. Come denuncia l’associazione nazionale insegnanti e formatori (Anief) saranno migliaia i docenti tra scuole paritarie e corsi di formazione professionale che rimarrano esclusi dal “concorsone” di cui si attende la pubblicazione entro la fine di novembre.
È troppo ottimistico parlare di 12mila docenti, perché «in Italia ci sono circa 14mila scuole paritarie, considerando anche i corsi di formazione professionale, i precari esclusi potrebbero arrivare a 150mila», afferma il presidente di Anief, Marcello Pacifico. Come i precari della scuola statale, essi sono professori che hanno alle spalle tre o molti più anni di servizio. E in base alla legge Berlinguer, che li equipara ai docenti delle scuole pubbliche, avrebbero tutto il diritto di partecipare al concorso. Ma ci sono anche altri esclusi: gli insegnanti che prestano servizio come supplenti già da due anni e che per quest’anno hanno riottenuto l’incarico fino al 30 giugno. «Il Governo ha fatto male a non ammettere i docenti delle scuole paritarie, non solo perché essi sono inseriti nelle stesse graduatorie di istituto da dove vengono chiamati gli insegnanti supplenti delle scuole statali – lo stesso vale per quelli che insegnano nei corsi di formazione professionale – ma anche perché c’è tra essi chi è stato inserito nelle graduatorie a esaurimento. Lo Stato ha riconosciuto loro il servizio svolto. La loro esclusione è perciò illegittima», precisa Pacifico.
L’anno scolastico 2019/2020 è uno tra i più caotici per la scuola italiana. A vivere la situazione peggiore sono la scuola primaria e quella dell’infanzia. Il Governo ha infatti convocato un tavolo straordinario per i diplomati magistrali che, afferma Pacifico, rischiano peraltro di perdere il lavoro: sette mila persone di ruolo. Ciò potrebbe portare tante classi, soprattutto al Nord, dove ci sono pochi insegnanti, a rimanere completamente scoperte. A cui si aggiunge il sistema delle supplenze, grazie alle quali la scuola italiana riesce ancora a fatica ad andare avanti. «Davanti a graduatorie a esaurimento che spesso non vengono aggiornate, i presidi sono costretti a rivolgersi a quelle d’istituto. Strumento emergenziale che però non riesce a sopperire alle tante cattedre vuote, c’è una discrasia tra la domanda del candidato e il reale bisogno degli istituti, un candidato infatti può scegliere tra venti istituti, ma magari nessuno di questi ha bisogno di un supplente».
Neppure le messe a disposizione, quelle che consentono ai neolaureati di lavorare come supplenti, sono riuscite a colmare lacune e inefficienze che si sono affastellate in tutti questi anni. Il problema resta lo stesso, non è detto che il candidato riesca a indovinare l’istituto che ha più bisogno di insegnanti. E poi, come chiarisce Pacifico, bisognerebbe stabilire che la chiamata come supplente avvenga entro e non oltre il 31 agosto.
Il punto è che il decreto tenta di rispondere a una situazione emergenziale: il numero dei risarcimenti chiesti dalle migliaia di insegnanti che prestano servizio come supplenti nella scuola pubblica oramai da più di tre anni si è aggravato nell’ultimo decennio
Intanto, è sul concorso che l’aria si fa più tesa. Manuela Pascarella di FLc Cgil difende l’accordo fatto con il ministero dell’Istruzione, «il decreto è da considerarsi un primo passo in avanti, perché consente di stabilizzare in tempi brevi una parte dei precari, con assunzioni già a partire dal primo settembre 2020, anche se è chiaro che le fila degli insegnanti che aspettano una cattedra di ruolo in Italia sono molti di più, per questo il prossimo passo che il Governo deve fare è quello di un successivo concorso ordinario». Oltre che, come precisa Pascarella, cercare di rispondere alle esigenze di migliaia di insegnanti che hanno lavorato in questi anni come supplenti, ma che non hanno ancora ottenuto l’abilitazione.
Il presidente di Anief insiste: questo decreto «come è stato formulato, non risolverà il problema del precariato. Il concorso straordinario prevede infatti una procedura selettiva i cui partecipanti fino al 24esimo posto vengano inseriti sì in una graduatoria, ma per essere poi assunti solo rispetto ai posti presenti in quella a esaurimento. Se per caso un partecipante si colloca tra i primi 24 posti, ma si trova in una Regione dove per le graduatorie a esaurimento ci sono mille candidati per soli dieci posti disponibili, fino a quando non andrà in pensione lavorerà come precario, senza essere di fatto mai stabilizzato». Ma in attesa che il provvedimento entri in vigore, per Pacifico è necessario che per tutti e non solo ai primi 24mila che superano la prova selettiva sia consentito di entrare in una nuova graduatoria da affiancare a quella a esaurimento per evitare che l’anno prossimo si verifichi il caos di quest’anno: «A fronte di 53 immissioni in ruolo, solo 21mila sono andate a buon fine. 33mila sono rimasti vacanti perché non c’erano candidati a sufficienza», precisa.
Mentre c’è il rischio che i docenti esclusi dal concorso straordinario presentino ricorso al fine di potere partecipare alla prova selettiva, nella trattativa con il Miur – spiega però Pascarella – è stato chiesto di mantenere due misure, quella del concorso appunto e quella delle abilitazioni. Un tema particolarmente caro ai docenti delle scuole paritarie, perché essi possano essere assunti a tempo indeterminato è necessaria l’abilitazione. Ma il Governo non ha voluto».
Oltre ai ricorsi, il punto è che il decreto tenta di rispondere a una situazione emergenziale: il numero di risarcimenti chiesti dalle migliaia di insegnanti che oramai prestano servizio da più di tre anni nella scuola statale come supplenti si è aggravato in questo decennio. Proprio per cercare di tamponare un fenomeno oramai divenuto cronico il Governo ha pensato intanto di indire un concorso straordinario. Ma con un paradosso: solo per la scuola secondaria e con paletti rigidi. E non c’è da stupirsi allora che i tanti precari delle paritarie e dei centri di formazione vedendosi esclusi siano pronti, oggi più che mai, ad alzare le barricate. Per un ennesimo autunno caldo della scuola italiana.