In vista dell’approvazione del Bilancio, davanti a un generale rallentamento economico, l’Unione europea si prepara ad alcuni tagli di spesa. Nel mirino rischia di finire il Fondo aiuti agli indigenti (Fead) a cui contribuisce per l’85 per cento proprio l’Unione europea e per il 15 per cento ciascuno Stato membro. Ad utilizzare tale fondo sono stati 26 Paesi su 28, tra i quali in misura più sostanziosa Gran Bretagna e Italia.
Ma facciamo un passo indietro. In base all’ultimo rapporto diffuso dalla Commissione europea e ai dati Eurostat solo nel 2017 il Fondo aiuti europeo che sostiene interventi promossi dai singoli Stati per fornire alle famiglie vicine o sotto la soglia della povertà generi alimentari e assistenza materiale ha supportato 12,9 milioni di indigenti. Dal 2014 al 2020, l’Europa ha stanziato 3,8 miliardi di euro, a cui si aggiunge quanto investito dai singoli Paesi per un totale di 4,5 miliardi di euro, soldi pubblici essenziali per il constrasto alla povertà. Che ha permesso di alleviare disuguaglianze emerse prepotentemente dopo la crisi del 2008 in tutta Europa, con alcuni risultati positivi: l’esclusione sociale è passata infatti dal 23,5 per cento al 22,4 per cento.
A beneficiarne sono state migliaia di minori, di senza dimora, di famiglie, di stranieri, di persone disabili. Se la proposta di ridurre il Fondo aiuti passasse, una parte di questa platea ampia ed eterogenea di indigenti, rischierebbe seriamente di rimanere esclusa da ogni forma di sostegno, anche la più essenziale. Quasi tutte le persone bisognose, 12 milioni, di cui quattro bambini, hanno ricevuto assistenza sotto forma di aiuti alimentari in tanti Paesi europei, tra i quali c’è anche l’Italia. Nonostante i progressi fatti nel contrasto alla povertà con cinque milioni di indigenti in meno rispetto al 2008, in Europa ci sono a oggi ancora 113 milioni di persone esposte all’esclusione sociale. 15 milioni versano in condizione di povertà assoluta. Secondo l’ultimo rapporto stilato dall’Organizzazione mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) Global Report on Food Crises anche nei Paesi industrializzati una parte della popolazione è a rischio malnutrizione o denutrizione.
In Italia, dove nel 2018 l’Istituto Nazionale di Statistica ha calcolato 1,8 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta – circa cinque milioni di individui indigenti – e poco più di tre milioni di famiglie in condizioni di povertà relativa – quasi 9 milioni di persone – la Coldiretti denuncia il persistere di un vero e proprio esercito di affamati: 2,7 milioni hanno ricevuto assistenza materiale e hanno potuto accedere ai generi alimentari, proprio grazie alle erogazioni del Fondo aiuti europeo. Oltre la metà risiede nelle Regioni del Mezzogiorno, soprattutto, in Campania, Calabria e Sicilia, sebbene anche in quelle più ricche, come la Lombardia e il Veneto, ci sono state complessivamente più di 700mila persone costrette a chiedere aiuto per mangiare. “Nuovi” poveri, pensionati sopra i 65 anni, disoccupati, bambini di età inferiore ai 15 anni. E senza dimora, a favore dei quali nel 2017 l’Italia ha deciso di estendere il Fondo aiuti europeo. A fronte di un aumento del 71 per cento in Europa del numero di homeless – 370 mila in più – due terzi risiedono nel territorio nazionale.
«Il fatto che l’Unione europea pensi di eliminare o di ridurre il fondo destinato al sostegno degli indigenti non è evidentemente un segnale positivo i dati che la Coldiretti ha diffuso credo si commentino da soli»
Come racconta Lorenzo Bazzana responsabile economico della Coldiretti, queste persone preferiscono ricevere generi alimentari erogati dallo Stato attraverso il Fondo aiuti europeo: «Sono due milioni gli indigenti che chiedono di ricevere i pacchi alimentari, a fronte di appena 113mila che hanno usufruito delle mense gratuite». «Questo – spiega – accade perché chi è in difficoltà economica vuole tutelare la propria privacy». Povertà, disuguaglianza sociale e fame nel nostro Paese restano problemi su cui si continua a discutere. E sui quali secondo Bazzana serve un’attenta riflessione, anche per cercare di rivedere le modalità di erogazione dell’assistenza materiale.
Nonostante l’Italia abbia adottato delle misure per contrastare la povertà, pensiamo al reddito d’inclusione (Rei) in vigore per tutto il 2018, sostituito a marzo 2019 con il reddito di cittadinanza, che ha in parte funzionato – a dirlo è stato l’Inps nel suo XVII Rapporto annuale non tanto consentendo una fuoriuscita delle persone dalla condizione di povertà assoluta, ma a una «riduzione della sua intensità» – o allo stesso reddito di cittadinanza, di cui per ora beneficiano circa 843 mila nuclei familiari, il Fondo aiuti resta un supporto indispensabile. Soprattutto, dal momento che all’orizzonte non è previsto alcun potenziamento delle misure volte a fare fronte a povertà e disuguaglianze sociali.
«Il fatto che l’Unione europea pensi di eliminare o di ridurre il fondo destinato al sostegno degli indigenti non è evidentemente un segnale positivo – afferma Bazzana – i dati che la Coldiretti ha diffuso credo si commentino da soli. Un taglio o l’eliminazione stessa del Fead sarebbe per l’Italia una grave perdita». Servono più soldi, oltre a un sistema più virtuoso. In questo senso, per esempio, la legge anti-spreco – sottolinea – è riuscita a permettere il recupero di beni alimentari e di prima necessità che sono poi stati redistribuiti ai bisognosi». Insomma, se davvero questa proposta passasse, a rimetterci non sarà solo lo Stato italiano, ma tutta l’Europa. Milioni di persone sacrificate sull’altare dell’austerity – a parole almeno più volte condannata – e del rigorismo, che ancora una volta sviliscono l’idea di un welfare state , di uno Stato sociale, che appare così sempre più minacciato.