Dritto e rovescioEffetti collaterali della grande battaglia green: tornare a dipendere da Medio Oriente e Russia

Elizabeth Warren ha annunciato che se diventasse presidente interromperebbe le trivellazioni e il fracking. Ma così facendo la nazione più potente del mondo si ritroverebbe a dover importare materie prime fossili dalle autocrazie che tanto teme

MARIO TAMA / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP

Il fabbisogno di petrolio statunitense era maggiore della produzione interna, e quindi gli Stati Uniti erano degli importatori netti. Grazie al petrolio e al gas estratto frantumando le rocce – lo shale ottenuto con il fracking – ciò potrebbe non essere più vero. Gli Stati Uniti dovrebbero iniziare ad esportare petrolio e gas. Sembrava che le cose stessero così, ma i propositi di uno dei candidati democratici alla presidenza del 2020 potrebbero cambiare la dinamica degli avvenimenti energetici. Prima di scrutare nei propositi di Elizabeth Warren è utile fare il punto con lo scenario in corso, che ruota intorno all’indipendenza energetica degli Stati Uniti.

1 – Lo scenario in corso

  • Gli Stati Uniti vogliono impedire l’ascesa di un egemone regionale. Durante la guerra fredda, ciò si traduceva nell’impedire l’estensione della sfera d’influenza sovietica oltre a Siria, Iraq, Egitto. Oggi, nel mantenere un equilibrio fra gli attori dotati di maggior peso: Israele, Arabia Saudita, Turchia e Iran.
  • Vogliono la protezione dei giacimenti di petrolio della provincia orientale saudita a maggioranza sciita. Non perché ne siano dipendenti: il loro principale fornitore estero nel 2017 è stato il Canada con il 40 per cento delle importazioni, con Riad seconda col 10 per cento, ma perché l’instabilità del maggiore forziere d’oro nero – l’Arabia – invierebbe scosse telluriche in tutto il mondo.
  • Vogliono mantenere il potere sui mari – la famigerata talassocrazia. Un potere che passa attraverso il controllo degli stretti, da cui transita l’ottanta per cento delle merci scambiate nel mondo. Nel Vicino Oriente ve ne sono ben tre: Suez (Egitto), Bab al-Mandab (Yemen), e Hormuz (che potrebbe essere messo sotto scacco dall’Iran).

Questa punti servono per comprendere la politica degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti rivaleggerebbero con l’Iran anche se la Repubblica Islamica non esistesse. La grammatica imperiale – studiata per primo da Tucidide – impone alla superpotenza di impedire l’ascesa di un egemone regionale che detti la propria agenda in un consistente spicchio di globo. In una regione di Paesi senza Stato oppure di proprietà private di clan regnanti – con le eccezioni di Turchia e Israele – l’Iran è convinto di possedere la profondità demografica, culturale, storica, istituzionale, e morale per plasmare i destini dei territori già nell’orbita degli imperi persiani.

Se gli Stati Uniti abbracciano l’ecologia è probabile che – fintanto che l’ecologia non prevalga del tutto – si abbia una maggior domanda di energia di origine fossile proveniente dal Medio Oriente e dalla Russia

2 – I propositi della Warren

La senatrice del Massachussets ha dichiarato: «Nel mio primo giorno da presidente, firmerò un ordine esecutivo che prevede una moratoria totale su tutti i nuovi contratti di locazione di combustibili fossili per trivellazioni offshore e su terreni pubblici. E vieterò il fracking – ovunque». Questi propositi potrebbero parere eccessivi, ma il clima pro-ecologico diffuso potrebbe aiutare la loro attuazione, anche nel caso alla corsa presidenziale democratica ci fosse un altro candidato. Gli investimenti come conseguenza si sposterebbero verso le rinnovabili ed i motori elettrici, mettendo in crisi l’industria tradizionale centrata sull’energia fossile.

Non solo. Col tempo gli Stati Uniti ritornerebbero ad importare le materie prime fossili, in questo modo premendo al rialzo sul prezzo delle stesse. Se gli Stati Uniti abbracciano l’ecologia è probabile che – fintanto che l’ecologia non prevalga del tutto – si abbia una maggior domanda di energia di origine fossile proveniente dal Medio Oriente e dalla Russia. L’effetto collaterale non voluto del programma democratico sarebbe allora quello di rafforzare le autocrazie.

3 – L’economia del Petro-stato

Il Petro-stato consente alla popolazione di vivere pagando pochissime imposte pur ricevendo una certa quantità di servizi. Si deduce che il Petro-stato funziona agevolmente con prezzi elevati del petrolio e una produzione anche modesta, ma molto elevata in rapporto ai pochi abitanti, come è il caso del Kuwait. Nel caso russo, dove la produzione è cospicua, ma gli abitanti sono numerosi, funziona meno. Per il benessere della popolazione e per il consenso politico rileva dunque osservare il “barile pro-capite”.

Le entrate dello Stato che traggono origine dal settore dell’energia dipendono in origine dal prezzo del petrolio e dai costi di estrazione, ossia dal margine industriale. Si cerca di calcolare qual è il prezzo del petrolio al netto dei costi di produzione che porta il bilancio del Petrolio-Stato in pareggio, una volta che si sia calcolata la quota di entrate fiscale non energetiche. I numeri “ballano” sia perché sono difficili da calcolare, sia perché il bilancio dello Stato può variare. Come che sia, nel caso russo il prezzo del petrolio (da cui ricava quello del gas) che porta il bilancio dello Stato in pareggio era non molto tempo fa di 70 dollari per barile. Nel caso del Kuwait di 50 dollari.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter