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26 Novembre 2019

Fare la cosa giustaLa comune passione per l’Albania: in un libro il dialogo impossibile tra Alessandro Leogrande e Alexander Langer

Nadia Terranova

A due anni dalla morte dello scrittore e giornalista tarantino, un’edizione celebra il suo legame ideale e intellettuale con l’attivista altoatesino: entrambi uniti dall’amore per una terra appena al di là del mare ma ancora poco decifrata

fotogramma da YouTube

Nel giorno in cui ricorre il secondo anniversario della morte di Alessandro Leogrande, le edizioni Alpha Beta pubblicano un saggio, curato da Giovanni Accardo e prefato da Goffredo Fofi, intitolato Dialogo sull’Albania, un’antologia di testi di Leogrande e Alex Langer, due intellettuali che da epoche e prospettive diverse, ma con la stessa insistenza e la stessa passione, si sono occupati dei fatti culturali e politici oltre l’Adriatico. E da qualche parte, vedendo accostato il suo nome a quello di Langer, oggi Alessandro Leogrande sorride.

Nel corso del troppo breve passaggio terreno di entrambi quell’incontro non era mai avvenuto, ma i libri sanno essere anche questo: riparazione. La puntualità di questa imprescindibile antologia offre la possibilità di mandare in scena almeno i preludi di un incontro che sogniamo come grandioso, imprevedibile, potendolo immaginare fino a un certo punto: chissà che scintille impreviste e incendiarie avrebbe fatto davvero, quella conversazione fra Alex, il “viaggiatore leggero”, e Alessandro, che attraversava frontiere, uniti dalle iniziali e dalle assonanze nei nomi, dallo stesso rigore nello studio, dall’inflessibilità e dall’apertura al dialogo nella lotta, dall’ossessione per la vita degli altri e dalla necessità di prenderla in carico nella difesa politica e nel racconto letterario.

Alex Langer era morto nel 1995, quando Leogrande aveva diciotto anni, e prima di suicidarsi aveva scritto: «I pesi mi sono divenuti davvero insostenibili, non ce la faccio più. Continuate in ciò che è giusto». Quelle righe erano diventate la guida del ragazzo di Taranto che già al liceo scriveva su riviste nazionali e che pochi anni dopo, trasferitosi a Roma per studiare filosofia, si sarebbe formato alla scuola di Goffredo Fofi; le ripeteva spesso, con la consuetudine dell’amarezza, e adesso che è morto sappiamo ancora di più quanto le sentisse sulla sua pelle: Alessandro, con il suo lavoro a fianco degli ultimi della terra, stava davvero continuando in ciò che era giusto.

Quel nucleo originario di conflitti e identità multiple che per Langer è costituito da Bolzano e dall’Alto Adige, per Leogrande è fatto di Taranto e della Puglia, per tutti e due cominciava dall’Albania

Lo ricorda Fofi nell’introduzione: «Di Alex parlammo molto spesso e in Alex Alessandro seppe riconoscersi, nel suo equilibrato, controllato intreccio di teoria e pratica, di lucidità analitica e di passione politica». Mentre Leogrande così definiva Langer: «Per tutta la vita non ha fatto altro che saltare muri, attraversare confini culturali, nazionali, etnici, religiosi». Lo stesso avrebbe potuto dire di sé stesso.

Giustamente ricorda Giovanni Accardo che la scrittura di Leogrande «è una scrittura politica che nasce dall’attenzione costante alla polis, intesa come comunità locale, ma anche nazionale o internazionale», e pure questa definizione è valida per entrambi: quel nucleo originario di conflitti e identità multiple che per Langer è costituito da Bolzano e dall’Alto Adige, per Leogrande è fatto di Taranto e della Puglia – e, fuori da lì, il mondo era infinito nello sguardo di tutti e due (uno degli scritti di Leogrande qui antologizzati offre uno sguardo su Eritrea, Albania e Italia a partire dal 1991), e per tutti e due cominciava dall’Albania.

Langer c’era stato in missione nel dicembre 1990, durante le manifestazioni di protesta contro il presidente Ramiz Alia, ed era stato a lungo a fianco degli studenti; a partire dal 1992 l’adolescente Leogrande cominciò a recarvisi frequentemente, a fianco del padre Stefano, direttore della Caritas, per svolgere campi di lavoro estivi in aiuto dei più disagiati e soprattutto in sostegno delle scuole.

Sia Langer che Leogrande documentarono su diverse testate tutto ciò che andavano scoprendo su quella terra, con reportage e riflessioni che incrinavano e ancora oggi incrinano la superficialità del nostro sguardo in favore di approfondimenti illuminanti e preziosi, e l’Albania, oggi, è la terza A che li lega: con passione Giovanni Accardo presenta questo suo lavoro di ricucitura. Una cucitura evidente e già esistente, nata dagli scritti di Langer che Leogrande aveva letto, alimentata dai riferimenti continui a Langer negli scritti di Leogrande fino a proporre, presso la sua editrice albanese Arlinda Dudaj, una selezione di articoli langeriani.

Nella lettera con cui proponeva il progetto, Alessandro era mosso dall’ammirazione per il suo maestro ideale (quando era stato in visita alla Fondazione Langer si era commosso) e per il Paese al quale era così legato. Per tutte le sue opere dedicate a un popolo che amava e conosceva nel profondo, dalla storia della Katër i Radës, la motevedetta partita da Valona e speronata in acque brindisine nel 1997 (una storia che ha raccontato in un bellissimo libro, Il naufragio, pubblicato da Feltrinelli, e in un’opera teatrale) alle ultime parole su Langer, uscite su pagina99 nel luglio del 2016 (L’eredità di Langer schierata sul Brennero), Leogrande è oggi lo scrittore italiano che con più assiduità, profondità e dedizione si è dedicato all’Albania: a Tirana e Taranto, le sue due città («Tra Taranto e Tirana ci sono duecento chilometri in linea d’aria», scriveva), due strade portano il suo nome. È lì, su quel ponte ideale tra due città accomunate anch’esse dalle iniziali, e unite da un mare così pieno di storia da essere una terra, illuminando appena il dolore ancora persistente della sua perdita, che in questo momento Alessandro Leogrande sorride.

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Draghi, la ragnatela dei dpcm e il tracciamento degli imbroglioni Dinanzi al diffondersi delle varianti e agli allarmi degli scienziati, Mario Draghi dovrebbe ora evitare gli errori commessi da Giuseppe Conte, facendo tesoro delle lezioni che il suo predecessore si è regolarmente rifiutato di imparare, nonostante le continue ripetizioni che la storia ha impartito a tutti noi dal marzo 2020 in poi. E la lezione principale è che i provvedimenti più duri vanno presi prima, vanno presi proprio quando l’opinione pubblica non è pronta a riconoscerne l’urgenza e la necessità, perché per vederle, quella necessità e quell’urgenza, bisogna avere sotto gli occhi le terapie intensive strapiene e le centinaia di morti (centinaia di morti che peraltro continuiamo a vedere ogni giorno, seppure in calo, e quasi non ci facciamo più caso).  
La scimitarra dei suscettibili e la prevalenza degli offesi (insomma, il nuovo libro della Soncini) Se io dico una cosa che a te non piace e tu dici una cosa che a me non piace, possiamo anche esserne infastiditi, è normale, ma non dobbiamo offenderci né cancellare il pensiero altrui perché è da questi particolari che si giudica una società libera e democratica. Una società libera e democratica si giudica dalla qualità del suo discorso pubblico, dalle opinioni che circolano e dal confronto delle idee.   
Perché il ministero del Turismo può far ripartire l’economia italiana Il turismo ha un suo ministero. E per di più “con portafoglio”, quindi con capacità di spesa e bilancio autonomo. È quello che il “popolo del turismo” sognava, dopo l’improvvida cancellazione decretata dagli Italiani con il referendum del 1993. C’era già stata una sua reintroduzione nel Governo Berlusconi (2009), ma era “senza portafoglio”, perciò adesso il turismo ritorna all’origine, con i crismi istituzionali e la pari dignità dei ministeri più “pesanti”.  
Amadeus si è circondato di donne alfa invece che di sacerdotesse della lagna (con Ibra gnocco senza testa) Meno male che Matilda c’è. E non solo perché veste Prada, togliendo al palcoscenico di Sanremo la sua abituale estetica da serata di gala romana. Perché Matilda De Angelis, fino a ieri nota soprattutto per le tette esibite in The Undoing, è la donna in carriera che voleva essere Rocco Casalino: ha sì un corpo per il peccato, ma anche un cervello per gli affari e soprattutto un piglio per zittire il maschio televisivo italiano, una creatura non abituata a donne spiritose (le donne sono decorative e gli uomini spiritosi, nella classica divisione dei compiti sanremesi: un po’ come io apparecchio e tu lavi i piatti).   
Con Draghi cambiano tutti, tranne i dem, che continuano a non fare politica Ripiegati su stessi come marionette dopo la rappresentazione, i dirigenti del Pd non si stanno più occupando delle cose del mondo reale ma del loro iperuranio, delle traiettorie degli assetti interni, della mistica correntizia, dell’orgasmica ansia degli incarichi.   
Lo scontro tra Stati Uniti e Cina per il controllo delle terre rare Il futuro delle terre rare assomiglia sempre di più a una partita di scacchi. Un insieme di mosse e contromosse tra Cina e Stati Uniti che potrebbero ridisegnare il futuro tecnologico delle due potenze, dell’Europa e del mondo intero. La scacchiera di questo complesso gioco è la lunga filiera della supply chain, quella catena del valore che Washington e Bruxelles vogliono rivedere pesantemente per ridurre la dipendenza da Pechino.  
Lo scontro tra Apple e Facebook è la resa dei conti di due culture tecnologiche In gioco sono due visioni opposte della rete. Privacy e commerciabilità. Tutela degli utenti e promozione delle piccole imprese. In realtà, nello scontro tra la Apple e Facebook si delinea un quadro più profondo, che comprende le diverse strategie dei due giganti del tech e permette di lanciare uno sguardo su come sarà il web nel futuro.  
Conte rifonda la sinistra social-populista vagheggiata da Zingaretti e Bettini (ma loro, stranamente, non esultano) Chi li capisce è bravo. Dopo tante fatiche, proprio adesso che Giuseppe Conte sembra deciso a realizzare il grande sogno di Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini, portando stabilmente il Movimento 5 stelle nel centrosinistra, anzi, di più, addirittura nel Partito del socialismo europeo, ecco che le cose si complicano d’improvviso.  
I rischi di giocare a Monopoli con il virus per creare zone no-Covid Piacerebbe a tutti riportare indietro le lancette dell’orologio al gennaio dello scorso anno, quando il nuovo coronavirus era solo una notizia di politica estera. È questo, per così dire, il vestito nuovo dell’imperatore: dopo aver giustificato, un anno fa, un regime di chiusure generalizzate (lockdown) per “appiattire la curva”, ora la stessa idea trova una legittimazione diversa.  
Biden accusa Mohammed bin Salman di omicidio, ma continua a considerarlo un alleato Incomprensibile Joe Biden: accusa di omicidio Mohammed bin Salman (detto Mbs) principe ereditario saudita, quindi prossimo re, e poi fa finta di nulla. Non prende nessun provvedimento, non commina nessuna vera sanzione contro di lui, l’Arabia Saudita continuerà a essere il principale alleato della Casa Bianca tra i Paesi arabi. La contraddittorietà fa imbestialire i grandi giornali americani, dal Washington Post al New York Times, ed è effettivamente stridente: se sei il presidente americano e accusi un capo di Stato, quale è di fatto Mbs, di un omicidio efferato, come fu quello di Jamal Khashoggi, non puoi continuare ad avere rapporti con lui come se nulla fosse. Ma questo è ciò che ha deciso, e che farà, Joe Biden. Né si può ipotizzare, come qualcuno ha fatto, che con questa mossa Biden tenti di favorire un regime change a Riad.  
Per tornare a Palazzo Chigi l’avvocato del popolo dovrebbe fare causa alla Storia Devono essere proprio disperati, i grillini sopravvissuti al tornado-Draghi, per aggrapparsi alla zattera di Conte avvocato Giuseppe, «un uomo inquietante», lo ha definito il filosofo Biagio De Giovanni, «che ha accettato di guidare due governi di segno opposto senza battere ciglio», l’ex «punto di riferimento dei progressisti», che i progressisti medesimi (tranne Goffredo Bettini) hanno già bell’e dimenticato per dedicarsi al loro gioco preferito, il wrestling fra correnti interne.  
Storia delle mie bocciature e del nuovo diritto costituzionale di essere ciucci Elenco non esaustivo di esami fallimentari sostenuti nella mia vita. L’elenco non include la scena muta all’esame di storia alla maturità, visto che venni comunque promossa dopo averli ritronati di opinioni su Beckett durante l’orale d’inglese (posso solo immaginare l’avvincenza delle opinioni d’una diciottenne ciuccia e presuntuosa sul teatro dell’assurdo).  
Ma non è che Zingaretti ha deciso di lasciar perdere Conte e di occuparsi del Pd? Mai citato Giuseppe Conte. Né il Movimento 5 stelle. Tantomeno l’alleanza strategica e gli altri arzigogoli di questi anni. Ma non è che zitto zitto Nicola Zingaretti sta cambiando linea nel più perfetto stilema comunista del rinnovamento nella continuità? Forse è chiedere troppo a un segretario che negli ultimi mesi ha sbagliato previsioni, linea, scelte: fatto sta che nella riunione della Direzione di ieri, Direzione forse troppo caricata di attese (ma d’altra parte il Pd ribolle da tutte le parti), il numero uno dem ha rinviato la ciccia politica alla Assemblea nazionale del 13 marzo.   
La ministra Messa spera di riaprire le università dopo il 6 aprile «Tutti i rettori vorrebbero riaprire le loro aule, ma la situazione – lo dico anche da medico – consiglia cautela. Mi auguro che dopo il 6 aprile anche gli atenei possano tornare verso la normalità». A dirlo al Corriere è Cristina Messa, ex rettore dell’Università Bicocca di Milano, da due settimane ministra dell’Università del governo Draghi.  
Storia romanzata della brigantessa calabrese che decise di seguire Garibaldi Da quando Pietro non c’era più io andavo nel bosco a respirare. C’era invece un enorme larice, contorto e scuro, cresciuto sopra uno spuntone di roccia, per secoli aveva resistito ai fulmini, aveva profonde cicatrici e i rami più vecchi erano spezzati ma ogni primavera, quando i merli ritornavano a fare i nidi, si rivestiva di fiori gialli e rossi che risvegliavano gli amori delle ghiandaie.  
Il licenziamento di Gina Carano dalla Disney è il segno di un’epoca che vuole cancellare sé stessa Se vi dicessero che per difendere la libertà di espressione hanno licenziato una persona che ha espresso delle opinioni (anche controverse), quale sarebbe la vostra reazione? È quello che la Disney ha appena fatto a una attrice texana, Gina Carano. Si tratta di una vicenda che illumina la guerra culturale in corso oltre oceano che, con qualche svogliatezza, sta per raggiungerci (se non lo ha già fatto).  
Zingaretti perde i riformisti ma conquista la corrente Cozzolino Quindi Zingaretti è al tempo stesso il nuovo Renzi e il nuovo Salvini. Cioè: il più inviso ai tifosi della propria curva, e il più inviso a quelli della curva avversa. E questo capolavoro di posizionamento gli è riuscito con un solo tweet.  
La pessima eredità di Conte che grava sul governo Draghi Nell’ultima settimana in Italia si somministrano circa 81mila dosi di vaccino al giorno. Sono poche: a questo ritmo ci vorranno ben più di 2 anni per coprire il 70% della popolazione. Intanto manca una struttura di base del piano vaccinale, con le regioni che procedono in ordine sparso, i medici di base coinvolti in ritardo e le difficoltà nel venire a capo di una situazione che, come prevedibile, incontra periodicamente nuovi ostacoli.  
Un’Alleanza per la Repubblica contro il bipopulismo perfetto Le cose cambiano, oh come cambiano. Fino a pochi giorni fa l’Italia era un paese diviso tra un populismo di governo, inadeguato e grottesco, e un sovranismo di opposizione altrettanto surreale. Il bipopulismo perfetto italiano ha governato appassionatamente questa incredibile legislatura repubblicana, prima unito sotto la leadership fortissima di Giuseppe Conte e poi un po’ di qua e un po’ di là: da una parte Conte, i Cinquestelle e i valvassori del Pd romano e dall’altra i nazionalisti pronti a subentrare con i pieni poteri.   Il prodotto legislativo di questi anni è stato degno di un horror: Parlamento mutilato, leggi mozzorecchi, decreti sicurezza, reddito di pigranza, quota cento, bonus monopattino. Tutto in piena continuità ideologica e sociale te ai Cinquestelle e la Lega, con una forte responsabilità del Pd. Da una decina di giorni, complice anche il virus, il bipopulismo perfetto è tornato almeno temporaneamente fuori dall’arco costituzionale, con i castristi di Dibba a contendere in territori extraparlamentari le briciole lasciate dai castisti di Di Maio e con Giorgia Meloni a tenere viva la fiamma dei bei tempi che furono. Per il resto, gli antieuro non sono più antieuro, non ci sono più i putiniani, sono spariti i trumpiani e con loro anche Trump.   
Il podcast di Obama e Springsteen e la coolness che non si può spiegare «In superficie, Bruce e io non abbiamo molto in comune», spiega l’ex presidente Obama (vi spiace se lo chiamo Barry? Sono di provincia, mi prendo confidenze che nessuno m’ha dato), proseguendo poi a elencare le differenze tra lui e il suo amico – uno degli amici, ci ha già spiegato, con cui ha avuto varie conversazioni su come il 2020 ci ha scombussolati un po’ tutti.   Quando arriva a «lui è un’icona rock, io sono un avvocato e un politico: non altrettanto cool» capisci che eccolo lì, il paraculo: solo chi sa di essere il più cool del mondo si dà dell’uncool (e solo chi sa d’essere il più cool del mondo butta lì, in levare, che uno dei suoi amici si chiama Bruce Springsteen – vi spiace se lo chiamo Bruce? Noialtri davvero uncool ci allarghiamo sempre). Insomma, Barry e Bruce hanno registrato un podcast. Non se n’è saputo niente fino a lunedì sera, quando hanno messo le prime due puntate su Spotify. «Abbiamo aggiunto un terzo partecipante alle nostre conversazioni: un microfono». Se vi dicono che se sei mezzo celebre, una celebrità da concorrente di reality o giù di lì, allora non puoi più fare niente senza che si sappia, dite loro: Barry e Bruce hanno cominciato a luglio scorso a registrare un podcast senza che se ne sapesse niente fino all’altroieri.
Luca Attanasio è stato ucciso nell’esercizio delle sue funzioni Lunedì mattina, nei pressi del villaggio di Kanyamahoro, pochi chilometri a nord del capoluogo Goma e vicino al confine con il Rwanda, sette uomini armati hanno ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere che lo scortava, Vittorio Iacovacci, e il loro autista Mustapha Milambo.   
Quando Mario Draghi inizia a giocare, uno come Di Battista deve abbandonare la partita L’abbandono formale di Alessandro Di Battista dal Movimento cinque stelle segna simbolicamente la data di morte del MoVimento (con la V maiuscola) così come lo abbiamo conosciuto in questi anni. Senza Dibba, angelo dalla faccia sporca e gran contestatore della politica in quanto tale (denominata appunto “antipolitica”) laddove Beppe Grillo era il deus ex machina teatrale e Gianroberto Casaleggio l’ideologo post-nichilista, senza Dibba – dicevamo – il Movimento cinque stelle diventa un partito come e peggio degli altri, di dimensioni verosimilmente ridotte rispetto ai sondaggi – tipo 10 per cento, se va bene – e completamente immerso nel compito di conservare il potere ottenuto in questi anni: per farla semplice, un obiettivo così così che ha la faccia di Luigi Di Maio.  
Perché la Cechia è stata travolta dalla seconda ondata di contagi La seconda ondata della pandemia ha messo in crisi la Cechia che, a partire dal mese di ottobre, ha dovuto ricorrere a lockdown e misure restrittive per cercare di arginare l’aumento di casi nel Paese. La linea dura scelta da Praga non ha però prodotto risultati apprezzabili e durevoli. Basti pensare che il tasso di incidenza del Covid-19 a 14 giorni si attesta, come riferito dal monitoraggio del Centro Europeo per la Prevenzione e il controllo delle malattie, a oltre 900 casi per 100mila abitanti ed è il secondo più alto in Europa. I decessi provocati dalla malattia hanno superato quota 18mila mentre, all’inizio di ottobre, erano fermi a 700. Il numero di casi totali registrati è ben oltre il milione su una popolazione di circa 10milioni e 700mila abitanti.  
Secondo Gentiloni, l’Italia «virtuosa» ora può anche spostare gli equilibri in Europa Con il governo Draghi «l’Italia può diventare protagonista della rinascita europea», giocando «un ruolo decisivo nell’Unione». Lo dice il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni in un’intervista alla Stampa. Dopo le «sbandate» degli ultimi tre anni, soprattutto quelle del Conte gialloverde, Gentiloni vede «un’Italia più virtuosa», più attenta agli investimenti per la crescita, alla stabilità finanziaria, alla gestione del debito, al controllo degli sprechi. Ma mentre gestiamo l’emergenza e pensiamo ai ristori, ora bisogna cominciare a pensare anche agli investimenti. 
Secondo Gentiloni, l’Italia «virtuosa» ora può anche spostare gli equilibri in Europa Con il governo Draghi «l’Italia può diventare protagonista della rinascita europea», giocando «un ruolo decisivo nell’Unione». Lo dice il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni in un’intervista alla Stampa. Dopo le «sbandate» degli ultimi tre anni, soprattutto quelle del Conte gialloverde, Gentiloni vede «un’Italia più virtuosa», più attenta agli investimenti per la crescita, alla stabilità finanziaria, alla gestione del debito, al controllo degli sprechi. Ma mentre gestiamo l’emergenza e pensiamo ai ristori, ora bisogna cominciare a pensare anche agli investimenti. 
La storia italiana degli ultimi 15 anni raccontata attraverso lo spread Nelle ultime settimane si è tornato a parlare con insistenza dello spread: una parola entrata nel vocabolario italiano dieci anni fa quando un suo repentino aumento costrinse il governo Berlusconi a dimettersi.  
A Draghi il Recovery Plan, ai partiti la ricostruzione istituzionale Faccio parte della vasta schiera di italiani che ha voluto questa soluzione politica e vuole partecipare contribuendo col pensiero e con l’azione alla buona riuscita del governo Draghi. Un governo che nasce con un ampio sostegno delle forze politiche e dell’opinione pubblica nel perdurare di un’emergenza che è insieme crisi e opportunità. Ci sarà presto occasione per scrutare gli effetti che sul sistema politico può avere – nell’immediato e nel medio termine – quell’embrione di unità nazionale che si rispecchia nel governo e che deve trovare nel Parlamento il suo fondamento e il suo sprone.  
La vera minaccia per la crescita della Cina è la denatalità C’è un paradosso nella demografia cinese che rischia di deflagrare. Per anni il Partito comunista ha cercato di controllare le nascite, ma oggi quel controllo potrebbe trasformarsi in un boomerang pronto a colpire economia, crescita e ascesa della potenza cinese.   I dati relativi ai nuovi nati nel 2020 mostrano infatti una contrazione preoccupante. A novembre le autorità hanno iniziato il censimento nazionale e c’è il rischio che i numeri possano non essere sufficienti per mantenere il primato di paese più popoloso del mondo, lasciando così lo scettro all’India. Secondo i dati preliminari dell’Hukou, il sistema di registrazione famigliare in vigore in Cina, nel 2020 sarebbero nati circa 10 milioni di bambini, il 14,9% in meno rispetto al 2019, quando erano stati oltre 11 milioni.
L’abisso incolmabile tra il politico Draghi e l’Azzeccagarbugli Conte Non sappiamo dove fosse ieri mattina Giuseppe Conte né se abbia avuto modo, o voglia, di ascoltare il discorso di Mario Draghi al Senato.   In caso positivo, avrebbe potuto misurare la distanza che in modo sorprendente separa il suo tempo da questo: eppure era solo un mese fa, il 19 gennaio, quando l’avvocato del popolo parlò sempre al Senato con la tipica sua baldanza per accorgersi, la sera, di avere sì la fiducia ma non la maggioranza di quel ramo del Parlamento. In questo mese, tutto è cambiato, come cantava Gino Paoli, e si è ridata una chance alla politica – e qui si parafrasa John Lennon.
Ecco perché l’Italia crescerà meno del previsto nel 2021 Il primo atto di Mario Draghi è stato naturalmente quello della scelta dei ministri, e in molti hanno fatto notare come si sia premunito di selezionare persone a lui fidate e lontane dalla politica per i dossier fondamentali, in primis quelli economici e legati al Next Generation EU, con Daniele Franco all’Economia o Roberto Cingolani alla Transizione Energetica che dovranno maneggiare i tanti miliardi che giungeranno a da Bruxelles.  
La serie tv più brutta del mondo e la formula del successo garantito Sono disposta a quasi qualunque sacrificio per i miei lettori. Ho detto «quasi»: non a rinunciare all’ipotassi, no. Però a vedere dieci ore della più brutta serie televisiva di tutti i tempi sì.   Maggie Friedman è una sceneggiatrice di cui non so niente, ma so che non è scema (nessuna che imbastisca un grande successo è scema). Quindi non credo a una parola quando dice che ha letto “L’estate in cui imparammo a volare” (in Italia lo pubblica Mondadori) e ha sentito un così grande legame con la storia, si è talmente appassionata al progetto – ma per favore.
Il segreto del successo della campagna di vaccinazione israeliana Israele sarà un esempio, un laboratorio, anche per l’Europa. È questo il tema affrontato durante il webinar organizzato da Stefano Parisi e moderato dal giornalista Giancarlo Loquenzi, nel quale hanno partecipato l’ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar, e Arnon Shahar, responsabile della campagna vaccinale per il Maccabi Healthcare Services.  
Il Pd insiste con Conte, cari riformisti se ci siete battete un colpo La variante de coccio si diffonde minacciosa dentro il Partito democratico da ieri promotore con gli alleati contiani di uno stravagante intergruppo parlamentare Pd-Cinquestelle-LeU che, testuali parole, «a partire dall’esperienza positiva del governo Conte II» (non ridete, c’è da piangere) «promuova iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dalla emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica ed alla innovazione digitale».  
Il guaio è che in politica non basta dire «whatever it takes» Oggi finalmente Mario Draghi prenderà la parola in Parlamento ed esporrà, come si dice in questi casi, le linee fondamentali del suo programma di governo. Sarà senza dubbio un discorso importante, che permetterà di capire molto delle sfide che ci attendono e delle intenzioni dell’esecutivo al riguardo. Ma non cambierà una virgola rispetto al suo principale punto debole, che le cronache ci hanno già mostrato implacabilmente, nel corso di quella che potremmo definire la più breve luna di miele che la politica ricordi.  
Il primo banco di prova di Draghi non può essere un banco a rotelle Dei molti salutari effetti portati da un governo di larghissima coalizione, nato in Parlamento e composto con criteri rigidamente proporzionali, ce n’è uno in particolare di cui oggi abbiamo più bisogno che mai, nel pieno della pandemia, ed è la possibilità di dare finalmente ragione a chi ha ragione, fin dove ha ragione e non oltre. A mio parere, è il bene supremo di ogni dibattito democratico: la possibilità di distinguere.  
Perché è così difficile produrre più vaccini (e come provare a farcela) L’Italia ha superato i tre milioni di somministrazioni di vaccino contro il Covid-19. Le inoculazioni sono andate avanti con un buon ritmo nell’ultimo mese e mezzo, ma è improbabile raggiungere i tredici milioni di vaccinati entro marzo promessi dal ministro Roberto Speranza a dicembre (Matteo Salvini, invece, ha assicurato che entro giugno tutti i maggiorenni lombardi saranno immunizzati). Ma al di là delle evidenti difficoltà organizzative e logistiche (vi ricordate delle primule?), i programmi di vaccinazione potrebbero rallentare anche a causa di una produzione dei farmaci che procede più lentamente del previsto, nonostante le rassicurazioni delle case farmaceutiche.  
In Catalogna arrivano primi i socialisti, ma il blocco indipendentista ha la maggioranza Chi ha vinto non governerà, chi canta vittoria governerà a fatica. È il verdetto delle elezioni in Catalogna, dove il Partido Socialista conquista la tornata con il 23% dei voti, ma quasi sicuramente siederà fra i banchi dell’opposizione. Il blocco dei partiti indipendentisti, infatti, si è aggiudicato 74 seggi e, con un discreto margine sui 68 necessari per l’investitura, potrà scegliere il prossimo presidente catalano. Ma soprattutto, per la prima volta nella storia della Spagna moderna, ha ottenuto nel suo complesso più del 50% dei voti.  
L’autobiografia di Casalino è la versione megalomane e vittimista di Pretty Woman Nel 1979 un’intervistatrice della Bbc chiede a David Bowie se sia preoccupato del pregiudizio che fa ritenere le rockstar a bit thick, non sveglissime, un po’ ottuse. Bowie risponde di no: «Io sono molto ottuso».  
Cinquestelle e Pd sono alleati soprattutto nella ricerca di una nuova identità Tutti infelici tranne Draghi: ecco la fotografia del dopo-insediamento del nuovo governo. Ogni partito ha i suoi guai, mentre il premier, libero da ogni ipoteca e osservanza, è al lavoro sul programma che presenterà mercoledì mattina al Senato.  
Cari Democratici, c’era proprio bisogno di aspettare Draghi? La nascita del governo Draghi ha riaperto il dibattito sulla natura del centrosinistra, dell’alleanza con il Movimento 5 stelle e del ruolo di Giuseppe Conte. In parole povere, si tratta di decidere se il centrosinistra debba essere semplicemente l’unione di tutte le forze necessarie a portare Dario Franceschini al ministero della Cultura o se debba svolgere, oltre a quella importantissima e benemerita funzione, anche qualche altro compito, che non riguardi solo la collocazione di questo o quel dirigente.  
Come sta andando LinkedIn dopo i suoi primi 18 anni Tra pochi mesi, LinkedIn diventerà ufficialmente maggiorenne. Lanciato nel 2003, il social network per professionisti sembra invecchiare meglio dei suoi coetanei, almeno in Italia. A livello mondiale però, nel 2020 LinkedIn non appare nemmeno tra le prime dieci piattaforme più usate al mondo, a causa soprattutto della diffusione in Cina di Wechat, QQ, QZone e Weibo. Nel nostro Paese, invece, LinkedIn si conferma come il settimo social più usato nella fascia di età che va dai 16 ai 64 anni, superando TikTok, Twitch e Snapchat.  
È tempo di unire riformisti, democratici, liberali ed ecologisti Accelerazione, operazione verità, scelta europea, progetto comune dei liberali, europeisti, riformisti, ecologisti. Sono le parole che riecheggiano in questi giorni nella Roma entusiasta per Mario Draghi. Dopo due anni di «uno vale uno» e «prima gli italiani»; di corse a mettersi il gilet giallo; di rincorse per raggiungere Donald Trump, Viktor Orban e pure Jarosław Kaczynski. Decisamente un vocabolario politico più respirabile.   
I repubblicani annoiati dall’impeachment e il silenzio di Melania Trump Non condannare Donald Trump farebbe male alla democrazia; creerebbe «un nuovo, terribile modello di cattiva condotta presidenziale». I senatori dovrebbero adottare «il senso comune» dei padri fondatori. La rivolta del 6 gennaio ha fatto del male alla democrazia americana, ha messo in crisi il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, rischia di produrre altre rivolte e altro terrorismo. I nove impeachment manager, che hanno chiuso la presentazione dei loro argomenti con queste considerazioni ansiogene, hanno parlato per tre giorni a turno con facce variamente preoccupate, hanno concordato con la considerazione educatamente esasperata del capo impeachment Jamie Raskin: «Se pensate che le azioni di Trump non siano perseguibili, che cosa lo è? Che cosa potrebbe esserlo?».  
Sarà anche un bullo, ma Matteo Renzi ha salvato per la seconda volta l’Italia Sarà antipatico, sarà insopportabile, sarà inaffidabile, ma Matteo Renzi ha salvato l’Italia per la seconda volta in un anno e mezzo, prima impedendo a Matteo Salvini di prendere i pieni poteri, lasciandogli prendere un mojito ben ghiacciato al Papeete, e poi abbattendo il secondo peggior governo della storia repubblicana, il Conte due, secondo soltanto al Conte uno, ma sempre con Rocco Casalino e la sua propaganda da quattro soldi, portandosi a spasso quei fessacchiotti del Pd romano, forse la più ingenua e arrogante classe dirigente della sinistra mondiale, aprendo la strada di Palazzo Chigi a Mario Draghi, il migliore italiano possibile in questo momento.  
L’armata gialloverde si consegna a Draghi, ora la guerra è proprio finita Se fosse stato il finale di un film ci avrebbero messo senz’altro un gioco di sovrapposizioni e dissolvenze incrociate: da un lato i risultati della ridicola votazione su Rousseau con cui il Movimento 5 Stelle sancisce il proprio sì al governo Draghi, letti e certificati dal notaio grillino in giacca e mascherina tartan; dall’altro i tweet del leader leghista – ma non più sovranista – Matteo Salvini, che nel frattempo denuncia indignato il linguaggio omofobo di un documento del ministero della Sanità, battendo sul tempo Laura Boldrini.  
Pantera nera contro Arancione in chief e altre note sul processo a Trump C’è giustizia poetica, nel caso del presidente bianco maschilista e razzista e anche un po’ golpista, indagato, e forse a breve rinviato a giudizio, da una donna afroamericana liberal e figlia di una Pantera Nera. Lui è Donald Trump, lei è Fani Willis, nuovo procuratore della Fulton County, dove c’è Atlanta, capitale della Georgia.  
Salvini è diventato buono e la sinistra non ha più una strategia per attaccarlo (e viceversa) E dunque, come sarà la prossima campagna elettorale senza poter dire: «Votate noi se no vince il demonio del Papeete», «Votate noi se no vincono gli gnomi di Bruxelles»?  
Il gran dibattito sugli aiuti anti Covid e il dubbio che spendere troppo non faccia bene È la seconda volta che Joe Biden entra alla Casa Bianca durante una crisi economica, e quella in corso è la seconda crisi economica degli ultimi vent’anni. Quelli gentili direbbero che ci vuole talento, gli altri che ci vuole sfiga.  
Prosegue la buffonata (Jean-Jacques, perdonaci), ma il Pd non ha niente da dire Era stato già abbastanza avvilente vedere il centrosinistra affidarsi a Giuseppe Conte, per non parlare del governo diretto da Rocco Casalino, con i ministri a twittare in coro #avanticonConte e il Partito democratico a diffondere in rete manifesti in cui gli giurava eterna fedeltà. Ma tutto questo era niente dinanzi allo spettacolo di un Partito democratico in balia della piattaforma Rousseau.  
Sotto processo, odiato e amato: Donald Trump sembra un super-Berlusconi americano Il secondo impeachment è iniziato, e gli avvocati di Donald Trump hanno fatto una figura tremenda. Trump ha avuto altri legali memorabili, newyorkesi intrallazzoni come Rudy Juliani e Michael Cohen, liberal rinnegati come Alan Dershowitz, persone strane come Sidney Powell. Ma i suoi legali da impeachment, scelti dopo vari abbandoni, hanno raggiunto vette di tragicomica incompetenza. L’eroe della giornata è stato Bruce Castor, molto appassionato nel sostenere che processare davanti al Senato un ex presidente è incostituzionale (secondo i democratici e altri lo è, Trump era ancora presidente durante la rivolta del 6 gennaio, e non si possono lasciare impuniti reati di fine mandato). Ma soprattutto che i reati contestati a Trump dovrebbero essere giudicati da un tribunale penale (la frase non è venuta bene).  

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