Secondo il Financial Times, gli Stati Uniti avrebbero fatto pressioni sulla TSMC, la più grande fabbrica di semiconduttori al mondo con sede a Taiwan, perché limitasse la vendita dei Chip a Huawei. La notizia è stata smentita da fonti ufficiali di Taipei, che si sono comunque proclamate disponibili a una piena collaborazione con Washington.
Al di là delle negazioni ufficiali del governo dell’isola subtropicale, la politica estera americana sembra consolidarsi su posizioni aut-aut quando si parla degli scambi commerciali che gli alleati intrattengono con Pechino: o con noi o contro di noi.
Peccato che la stessa Casa Bianca sembri tentennare quando si tratta di decidere se accrescere gli utili, approfittando della Cina quale principale mercato di sbocco per i propri prodotti hi-tech, oppure diminuirli, pur di privarla di tecnologie che potrebbero minare la supremazia tecno-bellica statunitense.
Intel Corp. e Micron Technology, come riportato su Bloomberg, sono tornate a fare affari con Huawei
L’amministrazione americana, già ai tempi di Obama, riconosceva il rischio incorrente «di sospendere le consegne di hardware e software provenienti dai principali fornitori americani verso Huawei – afferma Alberto Belladonna, ricercatore di Geoeconomia presso l’Ispi – e di vietare alle imprese americane di acquistare, utilizzare o trattare qualsiasi prodotto o servizio inerente al settore dell’Information and Communications Technology (ICT) che provenisse da un foreign adversary».
«Il bando statunitense è stato però sospeso per 90 giorni – continua Belladonna – anche a causa delle ricadute che avrebbe avuto sull’industria americana». La sospensione è stata nuovamente rinnovata dal Dipartimento del Commercio degli Stati lo scorso agosto, con una nuova scadenza fissata a inizio novembre, «dimostrando quanto sia difficile un divorzio immediato tra Cina e USA».
Trump vorrebbe la collaborazione degli alleati nell’operazione di boicottaggio del mercato tecnologico cinese, ma si rifiuta di fare da apripista
Infatti l’affaire Stati Uniti-Huawei «si iscrive in uno scontro più ampio per la leadership tecnologica globale. L’obiettivo di Trump è quello di frenare il progresso tecnologico di Pechino e la sua capacità di competere con gli Stati Uniti. Tuttavia, il blocco avrebbe conseguenze dirompenti per l’economia americana» conclude Belladonna.
Le posizioni ambigue e ondivaghe della politica estera del tycoon certo non forniscono agli Stati e alle grandi compagnie una linea di demarcazione netta e coerente in base alla quale stipulare trattati e contratti. Inoltre, gli ammonimenti degli USA ai Paesi che scambiano tecnologie con la Cina sembrano in controtendenza con la propria condotta, visto che Intel Corp. e Micron Technology, come riportato su Bloomberg, sono tornate a fare affari con Huawei.
Trump vorrebbe la collaborazione degli alleati nell’operazione di boicottaggio del mercato tecnologico cinese, ma si rifiuta di fare da apripista temendo effetti devastanti per la propria economia. Nella pletora di dubbi, smentite e palinodie rimane una certezza: l’interdipendenza economica fra i due giganti è l’unico paracadute contro le possibili degenerazioni che la trappola di Tucidide riverserebbe sull’equilibrio globale.