Immaginatevi la scena, come in quei libri o film dove mentre in un posto sta succedendo qualcosa di importante, contemporaneamente, da tutt’altra parte, accade qualcosa di inaspettato e altrettanto sconvolgente, ma in senso opposto. Ecco, questo è grosso modo ciò che è successo l’altro ieri nella sede di Assolombarda a Milano, in occasione della presentazione del Milano Innovation District (MIND), il “quartiere del futuro” sito nell’ex area Expo dove università (la Statale di Milano), ospedali (Galeazzi), centri di ricerca medica avanzata (Human Technopole), imprese e startup porteranno l’innovazione raggiungere risultati inediti e si contageranno vicendevolmente sui temi ad essa correlati.
L’evento, atteso da tempo, ha visto la partecipazione del presidente della Fondazione Human Technopole Marco Simoni e dei cluster CL.A.N (Agrifood Nazionale, guidato da Luigi Pio Scordamaglia) e ALISEI (Advanced Life Science in Italy, capitanato da Diana Bracco), gruppi di imprese e di ricerca in ambito agroalimentare e di scienze della vita, che hanno firmato un memorandum d’intesa per assicurare che i progressi che prenderanno vita all’interno dell’hub di Human Technopole dialoghino sempre con le realtà scientifiche e industriali di riferimento. «Il Protocollo che oggi abbiamo siglato rappresenta per il Cluster Tecnologico Nazionale Agrifood Clan una straordinaria opportunità per consolidare e aumentare la competitività del Sistema Paese verso le sfide globali legate alla sostenibilità dei sistemi agroalimentari, la nutrizione e le Scienze della Vita», ha dichiarato Scordamaglia. «Questo nuovo hub dell’innovazione, un’infrastruttura di ricerca di livello mondiale, multidisciplinare e integrata, in tema di salute, genomica e data science, sarà una vera culla di futuro e di sviluppo economico», ha aggiunto Bracco.
L’accordo marca un ulteriore grande traguardo per la città di Milano e non solo, ponendo le basi per una collaborazione integrata e virtuosa fra realtà scientifiche, industriali e accademiche nello sviluppo di un settore che, da un lato, sia all’altezza delle sfide che il futuro della medicina pone, e dall’altro contribuisca a posizionare in maniera competitiva l’Italia su questi temi a livello internazionale.
Oggi leggo sui giornali che dopo 31 mesi (trentuno mesi, santi numi) a Roma è stato bocciato l’allargamento dell’aeroporto. Io non saprei dove cominciare a commentare
Contemporaneamente, a 500 chilometri di distanza, ecco l’altra faccia della medaglia italiana: a Roma esce la notizia del diniego, da parte del ministero dell’Ambiente, di ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino. «Mai come oggi ho avvertito la distanza tra Roma e Milano», ha twittato Marco Simoni. «Oggi leggo sui giornali che dopo 31 mesi (trentuno mesi, santi numi) a Roma è stato bocciato l’allargamento dell’aeroporto. E fioccano dichiarazioni soddisfatte per lo scampato pericolo ambientale – magari giustificate, non lo so. Io non saprei dove cominciare a commentare».
Le ragioni, come spiegato dallo stesso ministero, riguardano le controversie ecologiche che l’estensione dell’area dedicata al traffico aereo porterebbe alla città. Una perdita «dal punto di vista dei posti di lavoro e del turismo, leva fondamentale per Roma», dice Simoni, che della capitale è originario. Ma il problema, dichiara il presidente dell’Human Technopole, non sono le considerazioni ministeriali, pure legittime: il fatto che ci sia voluto così tanto tempo per deliberare la dice lunga sull’inefficienza di Roma e su quanto abissale sia la lontananza fra le due città.
Il buco nero della situazione italiana è la capitale, se Roma crescesse quanto Milano saremmo ai primi posti in Europa in tutti i settori
Mentre Milano si afferma come capitale dell’innovazione, in cui lo Human Technopole gioca un ruolo centrale, insomma, la città eterna rimane per sua parte eternamente imbrigliata fra burocrazia e inefficienza generale. «Noi in 31 mesi abbiamo fatto una gara internazionale, è nata l’idea dell’hub di ricerca e la prossima settimana inaugureremo Palazzo Italia», spiega Simoni. Posto che Human Technopole è un unicum e l’esempio più brillante dell’avanguardia italiana nella storia recente, allo stesso tempo è impensabile che la capitale possa invece rimanere indietro su tutta la linea. «Quando c’è un’idea si implementa un dialogo costante con tutti gli attori, ci si mette d’accordo su un progetto e poi ci si lavora senza che gli aspetti politici ostacolino il processo. A Roma, invece, un no arriva dopo 31 mesi. Magari il ministero dell’Ambiente ha ragione, ma un tempo di attesa così lungo è impossibile, significa che qualcuno si è addormentato sul file», dice ancora Simoni.
Là dove a breve partirà la ricerca contro il cancro e le malattie neurodegenerative (sono stati da poco nominati i ricercatori a capo dei sette centri di ricerca – Linkiesta ne ha parlato qui), in un’area «grande quanto l’Eur», dice Simoni, a Roma invece ancora si arranca dietro all’illogicità di meccanismi decisionali nebbiosi e di inutili dispersioni di energie. «Il buco nero della situazione italiana è la capitale, se Roma crescesse quanto Milano saremmo ai primi posti in Europa in tutti i settori», dichiara sconcertato il presidente dell’HT. «Invece oggi passano meno autobus che dieci anni fa». Colpa, com’è noto, di inefficienze culturali e di lunga data, cui nessuna amministrazione – Raggi inclusa – ha saputo dare risposte efficaci.
Eppure, «anche New York e Londra negli anni Ottanta erano città pericolose, poi il cambiamento è arrivato da dentro e si sono evolute», osserva Simoni. A meno di vedere questo rinnovamento, la capitale rischia di essere una zavorra per il resto del Paese. Ma le potenzialità per farlo, a patto di non chiudere gli occhi, ci sarebbero: «Forse Roma non sarà mai come Zurigo o Copenaghen, ma basti pensare che l’aeroporto di Fiumicino è stato premiato di recente come il miglior aeroporto del mondo, mentre fino a cinque anni fa non funzionava niente», dice Simoni. Per questo bisognerebbe puntare su ciò che contraddistingue la capitale in senso positivo: «Roma ha una capacità unica di accogliere, perciò deve trovare al suo interno le energie per cambiare le cose. Le grandi operazioni di sviluppo non sono mai merito di un singolo, ma di una collettività».