Il dibattito (e le polemiche) seguito alle affermazioni del Ministro Provenzano, su come la città di Milano debba il suo successo anche all’aver drenato risorse ai territori circostanti e al Paese, è un argomento troppo importante per essere archiviato come una infelice gaffe del Ministro del Sud.
Sono almeno tre le questioni su cui riflettere: la prima è il processo di urbanizzazione, in atto da anni in tutto il mondo, che sta portando una concentrazione sempre maggiore di popolazione nei principali centri urbani. Se qualcuno, agli albori dell’era digitale, teorizzava che le distanze fisiche non avrebbero più avuto importanza perché sostituite da una buona connessione web, quel qualcuno è stato smentito.
Le città sono storicamente i luoghi di attrazione perché vi sono le maggiori opportunità, economiche e sociali (Max Weber diceva che «l’aria di città rende liberi») e, in una fase di globalizzazione, la qualità dei contesti urbani sembra fare la differenza per la loro capacità di creare networking e nuove opportunità. In questo Milano è una città che ha saputo cogliere, con qualche trasformazione urbanistica e qualche operazione di marketing, la sfida della contemporaneità.
Benjamin Barber, annusando i primi sintomi di una profonda crisi della democrazia degli stati nazionali, individuava proprio le città come i luoghi da cui ripartire per rifondare le regole democratiche
La seconda riguarda il nostro assetto istituzionale. È oramai del 2013 il celebre libro If mayors ruled the world (dall’ancora più significativo sottotitolo Dysfunctional Nations, Rising Cities) di Benjamin Barber, in cui l’autore, annusando i primi sintomi di una profonda crisi della democrazia degli stati nazionali, individuava proprio le città come i luoghi da cui ripartire per rifondare le regole democratiche (Cities can save the world afferma più volte). Senza sposare in toto le posizioni di Barber, in alcuni passaggi azzardate, un ripensamento sul nostro sistema di autonomie locali, rispetto a una differenziazione delle competenze e a un’allocazione più territoriale delle risorse, è doveroso.
Ma nel dibattito, che procede a corrente alternata, sull’autonomia regionale, quasi nessuno ha il coraggio di dire che una riforma di questo genere dovrebbe interessare anche il ruolo dei Comuni (8.000 campanili sono insostenibili) e quegli enti intermedi (ex Province e città metropolitane) lasciati nel limbo dalla Legge Delrio. Un ripensamento complessivo in cui riconoscere alle città, attraverso uno strumento come potrebbe essere quello dell’Agenda Urbana, quelle competenze (e relative risorse) che hanno dimostrato di saper gestire meglio dei livelli superiori: mobilità sostenibile, politiche di adattamento in contrasto ai cambiamenti climatici e welfare, ad esempio.
La Legge 56/2014 del Governo Renzi ha attribuito nuove e strategiche funzioni, pari a quelle delle principali città metropolitane europee, ma ha tolto la benzina: taglio risorse e blocco del personale, senza entrare nel merito sul tema dell’elezione diretta del sindaco metropolitano
Infine c’è una terza questione più milanese ma strettamente collegata alla seconda: come funziona la città metropolitana di Milano? La Legge 56/2014 del Governo Renzi ha attribuito nuove e strategiche funzioni, pari a quelle delle principali città metropolitane europee, ma ha tolto la benzina: taglio risorse e blocco del personale, senza entrare nel merito sul tema dell’elezione diretta del sindaco metropolitano. Un ente, che a livello europeo è servito per allargare lo sviluppo all’hinterland (Parigi e Londra ragionano da tempo in termini di area urbana allargata rispetto ai confini della città centrale), qui ha accentuato le differenze tra città centrale e provincia.
A Londra o a Parigi sarebbe la città metropolitana a occuparsi delle principali trasformazioni urbane proprio perché di rilevanza metropolitana. Scali ferroviari, Città della Salute, post Expo sono tutti buoni progetti che vengono però assorbiti nella visione metropolitana solo ex post. A Lione, l’esperienza metropolitana francese più avanzata, le grandi trasformazioni urbanistiche sono gestite dalla città metropolitana, che, in coordinamento con i Comuni coinvolti, esercita un ruolo fondamentale di regia e mette in campo una capacità negoziale molto superiore a quella di un singolo Comune. Su questo Milano può (e deve) fare di più.
Governo centrale e città di Milano devono entrambe fare meglio la loro parte. Il Governo riprendendo in mano in modo lungimirante il tema del governo delle aree metropolitane e Milano esercitando sul territorio quel ruolo di leadership che non si conquista soltanto per il fatto di essere i primi della classe.