Le reazioniChe cosa faranno i cattolici, dopo l’invito pro Salvini di Ruini

Non piace l’apertura del cardinale al leader leghista e nemmeno lo scetticismo nei confronti di un soggetto politico di ispirazione cristiana: ci sono nuovi movimenti che seguono la dottrina sociale della Chiesa, i principi della Costituzione e i diritti umani che invece vanno in quella direzione

Un’intervista, quella del cardinale Ruini ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, che ha creato non pochi malumori al di là del Tevere. Almeno nella cerchia bergogliana, che ha mal digerito soprattutto l’invito della Chiesa a «dialogare con Matteo Salvini» e la difesa, sia pur con i distinguo di rito, dell’ostentazione del rosario da parte dell’ex ministro dell’Interno. Anche perché in netta controtendenza col modo di agire di Bergoglio, che non ha mai voluto incontrare il segretario della Lega e ha espresso, in agosto, parole molto dure nei riguardi di sovranismo e populismo.

Ma se le parole di Ruini hanno suscitato la prevedibile reazione entusiasta di Giorgia Meloni e, soprattutto, di Matteo Salvini, che solo ieri aveva attaccato i «vescovoni» italiani per le critiche all’ostentazione di simboli religiosi, pesantemente negativo, invece, il giudizio che ne hanno dato vari intellettuali cattolici senza contare il durissimo j’accuse di padre Alex Zanotelli. In molto, sui social, hanno liquidato l’intervista come un tentativo da parte dell’ex presidente della Cei di riaffermare la sua politica del guardare a destra, fra l’altro difesa dallo stesso porporato nel corso dell’intervista.

Tranchant lo storico Alberto Melloni, che in un tweet ha dichiarato: «Per una beffa della storia quel che Ruini dice oggi sul Corriere delle possibili “prospettive di Salvini”, è identico a quel che von Papen diceva di Hitler a Roncalli nel 1941. [P.S. Roncalli lo zittì citando i “milioni di ebrei” uccisi “nelle camere a gas“]».

Un dissenso più contenuto, invece, quello espresso dai promotori del Manifesto per un nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana, che, lanciato a fine ottobre da Politica Insieme, Rete Bianca e Costruire insieme con l’adesione di oltre 500 firme, punta a offrire agli elettori la rappresentanza di quel «pensiero forte» che fa riferimento «ai principi della Costituzione, del pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui Diritti dell’uomo». A essere al centro delle loro valutazioni soprattutto il no secco di Ruini alla creazione di quello che è stato sbrigativamente definito il partito dei cattolici.

C’è un nuovo modello di economia che si sta affermando sul campo con buone pratiche e laboratori fondato sul principio della generatività, ispirato a ciò che rende una vita felice e ricca di senso, e di un approccio a quattro mani alla politica economica dove mercato e istituzioni illuminate sono coadiuvate dalla cittadinanza attiva e dalle imprese responsabili


Lorenzo Becchetti

«Non è questo il tempo per dar vita a un partito dei cattolici – così il cardinale 88enne al Corriere. Mancano i presupposti: per il pluralismo molto accentuato all’interno della Chiesa stessa, e per la sua giusta ritrosia a coinvolgersi nella politica. I cattolici possono però operare all’interno di quelle forze che si dimostrino permeabili alle loro istanze». Dove tali forze sono da ravvisarsi per Ruini soprattutto nell’attuale centro-destra.

Per l’economista Lorenzo Becchetti, che è tra i promotori del Manifesto, «i cattolici sono sempre stati liberi di scegliere quale strada prendere. Anche alla nascita del Partito Popolare di Sturzo solo una parte dei cattolici, assieme a tanti non credenti, aderirono. Il problema sotto gli occhi di tutti nel bipolarismo è la divisione tra cattolici dei valori e cattolici del sociale e la progressiva povertà di senso del dibattito politico. Che la diaspora non è riuscita a impedire. Il problema di fondo è che nel Paese c’è un copione in cerca di autore, che in questo momento i partiti esistenti non stanno considerando. C’è bisogno di ricollegare valori e sociale che il bipolarismo ha separato. C’è un nuovo modello di economia che si sta affermando sul campo con buone pratiche e laboratori fondato sul principio della generatività, ispirato a ciò che rende una vita felice e ricca di senso, e di un approccio a quattro mani alla politica economica dove mercato e istituzioni illuminate sono coadiuvate dalla cittadinanza attiva e dalle imprese responsabili. Non c’è dubbio che il governo attuale sia meglio dell’incubo dei 14 mesi precedenti. Ma non è il momento di essere allineati e coperti dietro una leadership che mostra i suoi limiti. Per il bene del Paese e delle forze più ragionevoli è il momento di mettere in campo idee nuove».

All’Ansa l’ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata ha spiegato, riprendendo quanto già detto da Stefano Zamagni e Giancarlo Infante, come sia scorretto parlare di partito cattolico: «Si tratta di tornare alla ricchezza delle radici della nostra storia per affrontare le sfide del futuro. I cittadini hanno bisogno di “pane e rose”. Ovvero di una soluzione vera per i problemi sociali – e non di semplificazioni ed avventurismi pericolosi come quelli che hanno rischiato di farci precipitare in una crisi finanziaria ma anche di identità, tradizioni, valori spirituali». Di un partito, che, in ogni caso, quando si formerà (perché, come ha dichiarato Infante, si tratta di percorso lungo che «deve passare attraverso diverse fasi»), sarà sì antitetico alla destra ma anche alternativo alla sinistra.

«Esiste – così Becchetti – una nuova frontiera nell’economia e nelle scienze sociali che non è ancora arrivata nel dibattito dei nostri partiti e che è difficile ricollegare agli schemi della destra e della sinistra tradizionali. La politica ha il compito di creare le condizioni sociali della generatività. Si tratta di una cosa molto concreta che passa per la longevità attiva, la lotta ai neet, il ridisegno di tutti i servizi di welfare in ottica di sussidiarietà, la fioritura delle organizzazioni sociali e le condizioni per la nascita di nuove imprese. Questo non si può classificare con i vecchi schemi».

Un soggetto politico che, secondo l’economista Stefano Zamagni, componente di Politica Insieme e dal 27 marzo, su nomina di Francesco, presidente della Pontificia Accademia della Scienze sociali, potrebbe addirittura aspirare al 25%.

Previsioni a parte, l’invito ruiniano al dialogo con Salvini e la chiusura al nuovo partito sono irricevibili per Enzo Carra, già portavoce di Arnaldo Forlani, che con gli ex Dc Lorenzo Dellai, Lucio D’Ubaldo, Andrea Olivero fa parte di Rete Bianca ed è tra i firmatari del Manifesto.

«Si tratta di una prosecuzione della sua politica precedente: guardare a destra perché nulla cambi. Messo da parte il rispetto che ho per il cardinale Camillo Ruini, dall’intervista al Corriere della Sera emerge la difesa di una linea che, a mio parere, è stata suicida, ovvero quella di clericalizzare popolo ed ex partiti di ispirazione cristiana. Alla fine della Dc con la crisi negli anni Novanta, Ruini si è assunto il compito essere leader politico di un parte di cattolicesimo italiano. Nemmeno don Sturzo era stato tanto clericale». Un vero guaio, cui si aggiunge quello di aver creduto «all’ancoraggio di Silvio Berlusconi, come quello di sottostimare la sinistra cattolica. Piuttosto Ruini i quegli anni avrebbe dovuto pensare all’unità di valori dei cattolici. Da parte del già presidente della Cei e da chi ha avuto responsabilità e influenza in un lungo periodo in Italia, mi piacerebbe sapere perché proprio in quegli anni sia cominciata a peggiorare la diserzione dei cattolici alla messa domenicale. Sarebbe appropriata una sua analisi».

Sull’idea di un nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana e sul relativo Manifesto Linkiesta.it ha domandato una valutazione a un osservatore esterno quale Francesco Mazzucotelli, docente di Storia della Turchia e del Vicino Oriente all’Università di Pavia e attivo nel tessuto cattolico bergamasco.

«Credo che siano da tenere in conto alcuni fattori al riguardo: il disagio verso una destra italiana che non riesce a partorire un partito moderato presentabile, i punti di domanda a un Pd che (nato con l’idea di fondere a freddo cattolici democratici, liberali ed ex comunisti) non ha ancora trovato una sua fisionomia al di fuori dell’obiettivo di vincere le elezioni e la difficoltà dei cattolici “progressisti” nei riguardi di tutto ciò che sta variamente a sinistra del Partito Democratico. Quest’area, che pure avrebbe potuto essere attrattiva su una serie di temi (per esempio, sociali e ambientali) a prescindere dalle diversità sui cosiddetti temi etici, continua a essere percepita come respingente nei confronti dei cattolici e dei credenti in generale».

Per Mazzucotelli «il Manifesto è interessante perché, invece dei temi etici declinati come valori non negoziabili, tanto cari a Ruini, mette al centro alcuni snodi antropologici come il primato dell’umano sulle macchine, la tutela del creato e il rifiuto di una concezione maggioritaria della politica (evidentemente non si riferiscono solo al sistema elettorale). Interessante è pure la critica alla disintermediazione e il richiamo al valore dei corpi intermedi come luoghi di composizione e di sintesi degli interessi.
Dall’altra parte la critica del capitalismo e della finanziarizzazione dell’economia è accompagnata dal riconoscimento del valore del mercato e dell’impresa, riproponendo il modello dell’economia sociale di mercato fuori tempo massimo, cioè non considerando sufficientemente la crisi della socialdemocrazia. Il documento critica un approccio puramente caritatevole e paternalistico nelle politiche di contrasto alla povertà, ma non entra nelle forme di redistribuzione a monte della ricchezza e nei meccanismi che strutturalmente causano le sperequazioni».

Ma l’accademico lombardo, che rileva come il «Manifesto raccolga una serie di sentimenti che ho colto negli ultimi mesi in una parte del cattolicesimo che conosco e che, in grezza sintesi, lamentava di non sentirsi politicamente a casa da nessuna parte), non nasconde le sue perplessità su «quanto un eventuale partito, basato su questo Manifesto, possa avere una sua agibilità. Lo spazio di centro è già occupato da diversi personaggi come Cottarelli, Calenda, Renzi (con la ministra della Famiglia) e lo stesso Conte. Certo, per una serie di temi e di sensibilità questo soggetto potrebbe avere uno spazio a sinistra, soprattutto quando quest’ultima è ormai ridotta a un “significante vuoto” (per usare le parole di alcuni/alcune esponenti di punta), ma tanto dipenderebbe dalla sua politica economica e in materia di lavoro».

Insomma, si starà a vedere, con buona pace del no di Ruini.

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