Legge elettorale allo studioSecondo Stefano Ceccanti, per avere stabilità serve un proporzionale corretto

Secondo il deputato e costituzionalista, che è stato uno dei padri della svolta maggioritaria, la legge elettorale dovrebbe prescindere dagli ultimi sondaggi ma «basarsi sui sistemi con premio già vigenti a livello regionale e provinciale». Escludendo però quelli puri e i collegi uninominali

Potrebbe essere lunico modo per sbloccare la situazione politica. Un cambio di livrea, di contenuti, ma non di forma (di governo). La legge elettorale è chiesta a gran voce da molti schieramenti, per paura forse o solo per esigenze istituzionali. Al vaglio delle forze che compongono la maggioranza sono finite varie strutture: alcune superate, alcune ibride e altre ancora in odore di protezionismo parlamentare (già minato dalla sforbiciata pentastellata). Secondo il deputato del Pd Stefano Ceccanti, il costituzionalista che ha avuto un ruolo primario nella campagna degli anni Novanta per l’introduzione del sistema maggioritario in Italia, l’uninominale a turno unico «comporta la spartizione dei collegi tra i partiti di una coalizione, aggirando le soglie di sbarramento», pertanto «un sistema tutto fondato su collegi uninominali maggioritari espone a dei pericoli, a prescindere dai turni di votazione, e per questo va evitato».

Andiamo con ordine: dopo il taglio dei parlamentari, urge una nuova legge elettorale. Quale si adatta meglio alle fattezze politiche dellItalia?
Dopo i risultati del referendum del 2016, che ha confermato il bicameralismo paritario, e dopo la riduzione dei parlamentari bisogna anzitutto dare il voto ai diciotto-venticinquenni al Senato e superarne la base regionale per consentire due leggi pienamente armonizzate tra le due Assemblee. Per questo si sono preposte queste riforme costituzionali.
Dopo questo passaggio vanno tratte le conseguenze rispetto alle spinte naturali alla frammentazione esistenti nel nostro ma anche in quasi tutti i grandi sistemi politici europei. Nessuno di essi la accetta passivamente, si limita a ratificarla con sistemi elettorali proporzionali puri, anche chi sceglie il proporzionale lo fa dotandosi di solidi sbarramenti, o espliciti come in Germania, o prevalentemente impliciti, legati all’ampiezza delle circoscrizioni, come in Spagna. Se invece si pensa a sistemi che puntino ad un esito più chiaro in termini di maggioranza di Governo il caso inglese ci segnala che un sistema su base uninominale maggioritaria non è funzionale perché la somma di risultati locali a partire dalla frammentazione può determinare o un super-vincitore o non condurre a nessun vincitore.

Quindi?
Com’è noto, in Italia l’uninominale a turno unico comporta anche la spartizione dei collegi tra i partiti di una coalizione, aggirando le soglie di sbarramento. Se si vuole perseguire quella strada meglio basarsi sui sistemi proporzionali con premio già vigenti a livello sub-nazionale, ovvero regionale e provinciale. Esclusi i proporzionali puri e i maggioritari uninominali, spetta quindi alla politica se andare su un proporzionale con sbarramento alto o con premio di coalizione.

La legge elettorale dovrebbe prescindere dagli ultimi sondaggi o dalle elezioni più recenti. Però, pur ragionando a partire da un velo di ignoranza, non può ignorare le caratteristiche di fondo di quello specifico sistema dei partiti. In Italia questo vuol dire tenere presente la tendenza di lungo periodo alla frammentazione


Stefano Ceccanti

La scelta del modello elettorale al momento sembra viziata da interessi politici di breve periodo. Sarà una legge anti-Salvini o una legge mirata alla stabilità dei prossimi esecutivi?
La legge elettorale dovrebbe prescindere dagli ultimi sondaggi o dalle elezioni più recenti. Però, pur ragionando a partire da un velo di ignoranza, non può ignorare le caratteristiche di fondo di quello specifico sistema dei partiti. In Italia questo vuol dire tenere presente la tendenza di lungo periodo alla frammentazione che va arginata.

Con un proporzionale puro e i precedenti del nostro Paese, non si rischia la frammentazione e linstabilità del governo?
I sistemi elettorali, insieme ad alcune norme costituzionali, sono dei freni o degli acceleratori di alcune dinamiche, non le determinano meccanicamente. La proporzionale pura sarebbe devastante perché non esistono più le appartenenze forti del primo sistema dei partiti. Se avessimo continuato ad adottare in particolare il sistema della Camera usato fino al 1992 non avremmo congelato il sistema dei partiti di allora, ma lo avremmo visto esplodere molto di più di quanto non sia avvenuto.
Le ricette possono essere due: si può puntare a sbarrare con soglie alte (e resta poi il problema di aggregare in maggioranze chi passa lo sbarramento) oppure si può puntare ad aggregare in coalizioni e in questo secondo caso si può sbarrare di meno.

Perché il maggioritario e i sistemi misti vengono considerati due fallimenti?
Farei attenzione. Anzitutto il sistema proporzionale puro pre 1993 avrebbe comunque funzionato peggio e, per di più, il fatto di adottare sistemi misti non è stato e non è un male in sé. Abbiamo avuto in molte elezioni differenze di maggioranze Camera-Senato che dobbiamo rimuovere con l’armonizzazione. L’uninominale a turno unico si è poi rivelato un potente vettore di frammentazione per la spartizione dei collegi nella coalizione. Questi mi sembrano i due principale difetti sperimentati.

Un sistema tutto fondato su collegi uninominali maggioritari espone a dei pericoli, a prescindere dai turni di votazione. Per questo va evitato


Stefano Ceccanti

Per garantire rappresentatività e tenuta governativa, come anticorpi interni al modello proporzionale si può parlare anche di sfiducia costruttiva?
Fermo restando che non esistono panacee, tutto quanto inserisce trasparenza nelle crisi di Governo e alcuni deterrenti lo fanno in positivo. Tra di essi rientra anche la sfiducia costruttiva perché, pur non impedendo crisi nella coalizione con il ritiro di uno o più partiti, impone comunque a chi vuole abbattere il Governo di indicare una soluzione positiva. Va comunque bene, ma è in particolare consigliabile se si adotta la proporzionale con sbarramento in cui i partiti non propongono aggregazioni prima del voto e in cui il Governo che nasce non ha il plusvalore che gli può derivare da una legittimazione diretta del voto.

Il grande problema rimane comunque la paura di un super-vincitore e la mancanza di un vincitore…
Un sistema tutto fondato su collegi uninominali maggioritari espone ad entrambi questi pericoli, a prescindere dai turni di votazione. Per questo va evitato.

Perché un legge fondata sui collegi, come propone Calderoli, non dovrebbe funzionare?
Perché un sistema basato su collegi ha un rendimento sensato, determinando un vincitore di norma con una sovrarappresentazione ragionevole, solo se nella gran parte dei collegi si abbina a un sistema dei partiti pre-esistente in cui in quasi tutti i collegi corrono candidati degli stessi due partiti. L’elettore è infatti indotto a votare uno dei due candidati in testa ma solo nel collegio. Se i partiti più forti sono diversi a seconda delle aree territoriali, non si produce un chiaro esito nazionale, come in India o, in questa fase, anche in Canada o nel Regno Unito. Il sistema non crea un bipartitismo nazionale che non gli pre-esiste.

La scelta del sistema proporzionale potrebbe risvegliare anche l’interesse dell’elettorato. Sarebbe realmente maggiormente coinvolto negli equilibri di governo?
Gli studi politologici non dimostrano nessun legame meccanico tra la partecipazione e una specifica formula elettorale. Eviterei di usare questo argomento anche perché oltre a elettori e formule incide anche il ruolo dei partiti e dei sistemi di partito. Il punto è come far diventare la partecipazione efficace. Non dobbiamo anzitutto ignorare che al di là della formula adottata, finite le appartenenze rigide, le motivazioni di voto sono comunque spostate sui possibili esiti di Governo. A latere c’è indubbiamente anche la questione dei singoli candidati ed eletti che è meno rilevante ma da non ignorare. Esclusi i collegi uninominali sono da evitare anche le preferenze perché sommano il giorno delle elezioni la competizione tra partiti a quella interna ai partiti. Questa seconda va risolta in una fase precedente con norme di democratizzazione da affidare alla legge, come nelle grandi democrazie in cui non si usano i collegi uninominali. In nessuna di esse si adottano, pour cause, le preferenze.

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