Cronache dall’impeachmentUcrainagate, occhi puntati sulla testimonianza dell’ambasciatore Sondland

Dopo l’udienza del colonnello Alexander Vindman, oggi è atteso l’ambasciatore presso l’Ue. È il “fattore Gordon”: la sua deposizione renderebbe più solide le accuse contro Trump. Ma potrebbe anche avvalersi del quinto emendamento

La testimonianza del colonnello Vindman
Senza dubbio la testimonianza emotivamente più carica della giornata. Alexander Vindman, massimo esperto di Ucraina del Consiglio di sicurezza nazionale, è un immigrato, arrivato negli Usa da bambino, quando il padre lascia la Russia e porta tutta la famiglia con sé. Vindman e il fratello crescono con un senso di gratitudine verso il Paese che gli ospita tanto che entrambi decidono di dedicarsi al servizio pubblico.

Alexander entra anche nell’esercito, presta servizio in Afghanistan, rimane ferito ed è decorato con il Purple Heart, l’onorificenza pe ri feriti in combattimento. Ed è questo suo senso di giustizia che lo porta, dopo aver ascoltato la telefonata tra Trump e Zelensky a rivolgersi all’avvocato del Consiglio di sicurezza nazionale perché quello che ha ascoltato lo trova «inappropriato» e potenzialmente pericoloso per gli interessi di sicurezza nazionale degli Usa.

Durante la sua testimonianza, Vindman ribadisce di aver agito per senso del dovere, di amare gli Usa, di essere un patriota, cosa che viene messa in dubbio dai repubblicani che cercano di attaccarne la credibilità e l’onore. Ci sono momenti di tensione, soprattutto quando i repubblicani cercano di fargli dire il nome del whistleblower, ma in generale la sua testimonianza è solida e credibile. Un punto cruciale è che Vindman descrive la richiesta fatta da Trump a Zelensky come un comando, argomentando sulla disparità di potere tra i due.

La testimonianza di Kurt Volker e Tim Morrison
Sono i due testi chiesti da i repubblicani e sono quelli che nell’udienza a porte chiuse avevano escluso la presenza del quid pro quo. Durante la testimonianza di martedì, Volker cambia leggermente versione, dicendo di essersi accorto solo dopo che l’indagine su Burisma e le elezioni del 2016 chiesta dall’ambasciatore Sondland e da Trump e da Giuliani era collegata a Biden. Nella sua testimonianza Volker parla molto bene di Joe Biden, escludendo qualsiasi accusa di corruzione nei suoi confronti.

Volker dice sostanzialmente di essersi trovato in mezzo tra le richieste di Giuliani e Sondland (e quindi Trump) e i suoi obiettivi di ambasciatore e di aver accettato di convincere l’Ucraina a rilasciare un comunicato in cui Zelensky aununciava le indagini su Burisma perché serviva a convincere Trump che l’Ucraina stava facendo le mosse giuste per combattere la corruzione, ma di non aver realizzato all’epoca che l’obiettivo erra politico. «Solo ora mi rendo conto che l’intento era indagare i Biden».

Testimonianze come quella di Volker sono come dei test di Rorschach: ognuno ci vede quello che ci vuole vedere

Le udienze pubbliche sempre più come un test di Rorschach
È sempre più evidente che queste udienze pubbliche, pur mettendo in luce una quantità impressionante di informazioni grazie alle quali in condizioni normali porterebbero alla rimozione immediata di un normale presidente, fanno poco o nulla per spostare i due schieramenti, fissi sulle loro posizioni. Anzi, testimonianze come quella di Volker, ad esempio, sono come dei test di Rorschach: ognuno ci vede quello che ci vuole vedere. Per i democratici, la testimonianza dell’ambasciatore, con i suoi ripensamenti e le sue contraddizioni, è prova di un tentativo di copertura. Per i repubblicani è una conferma che niente di così allarmante è avvenuto perché poi gli aiuti all’Ucraina sono stati sbloccati e Zelesnky non ha aperto nessuna indagine sui Biden.

I sondaggi confermano la rigidità degli schieramenti
Un nuovo sondaggio Npr/Pbs NewsHour mette in luce che la metà degli americani approva l’inchiesta sull’impeachment, più o meno lo stesso del sondaggio del mese scorso. Il 65% dice però che immagina che dall’indagine non uscirà nulla che farà loro cambiare la propria posizione sull’impeachment.

E oggi tocca a Sondland
A un certo punto della sua deposizione, Morrison fa riferimento a lui come al “fattore Gordon”. Gordon Sondland, ambasciatore presso l’Unione europea, è l’uomo al centro di tutto: è lui che aveva i contatti diretti con Trump e Giuliani, è lui che cerca di convincere Volker a insistere con gli ucraini per l’apertura dell’indagine sui Biden, è lui che è al telefono con Trump il 26 luglio quando il presidente urla che vuole l’indagine sui Biden. È sempre lui che quando mette giù il telefono dice al funzionario che era con lui che «a Trump dell’Ucraina non importa nulla, a lui interessa solo dei Biden». Il dubbio ora è: si avvalerà del quinto emendamento e si rifiuterà di rispondere, per paura di auto incriminarsi?

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