JeffersonIl mormone Mitt Romney e la sua battaglia contro Donald Trump «per difendere la Costituzione»

Nello Utah l’ex candidato presidente, oggi senatore, è tra i pochi ad avere una posizione critica nei confronti della Casa Bianca. I suoi attacchi non sono molto popolari, ma testimoniano come anche all’interno del Partito Repubblicano ci sia una visione politica alternativa

Zach Gibson / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP

Non è un’espressione iperbolica dire che lo Utah è uno stato davvero unico. Fondato da Brigham Young, secondo presidente della Chiesa di Gesù Cristo e dei Santi degli Ultimi Giorni , quando si fermò in mezzo al Nulla delle montagne e affermò “This is the place“. Lì nacque la città di Salt Lake City intorno alla quale si sviluppò il culto chiamato “mormonismo”. In sintesi estrema: la loro Bibbia comprende una parte successiva ai Vangeli, il “Libro di Mormon”, che riguarda la predicazione di Gesù Cristo sul continente americano e vari libri dedicati a profeti Nativi Americani. Tra le proibizioni, il sesso prematrimoniale e le bevande eccitanti. Ergo niente Coca Cola né tè e caffè. E fino al 1890 era ammessa la poligamia. Ma a parte questo, erano americani come gli altri. Compresa la presenza della schiavitù fino al 1862, come attestato da questo documento. Ma nel 1890, dopo vari episodi di banditismo mormone avevano messo a rischio l’esistenza stessa della Chiesa, il presidente di questa Wilford Woodruff decise insieme al consiglio degli apostoli di abolire la poligamia. Così il 4 gennaio 1896 lo Utah viene ammesso all’Unione e fa a tempo a votare alle presidenziali di quell’anno il candidato populista democratico William Jennings Bryan (il quale se la prendeva contro capitalisti e banchieri che inchiodavano l’umanità a una “croce d’oro“). Per anni lo Utah rimase uno stato estremamente favorevole a livello nazionale ai democratici e negli anni ’30 il senatore Elbert Thomas fu un attivo sostenitore del New Deal di Roosevelt tanto da spingersi anche a sostenere la fallita riforma sanitaria del suo successore Harry Truman, tanto da finire nella blacklist della lobby medica, fortemente contraria alla riforma. A

Mitt Romney non ha un legame così forte con Lo Utah. Nel 2012, quando si candidò alla presidenza, risiedeva inm un condominio di lusso a Belmont, in Massachussetts. Due anni dopo si trasferì insieme alla moglie in Utah. Da allora Romney è risorto, politicamente parlando

Alle elezioni di midterm del 1950, Thomas viene sconfitto. In quel periodo inizia il declino del dominio democratico. Una serie di importanti esponenti repubblicani si forma nello Stato. Parliamo di Orrin Hatch, dal 2015 al 2019 presidente pro tempore del Senato federale, che ha rappresentato l’Utah dal 1977 al 2019, ma anche di Jon Huntsman, governatore e poi ambasciatore in Cina nominato da Barack Obama nel 2009. Mitt Romney, invece, non ha un legame così forte con lo Stato (per quanto alcuni suoi parenti vivano da anni nello stato, come raccontavo sette anni fa qui). Nel 2012, quando si candidò alla presidenza, risiedeva in un condominio di lusso a Belmont, in Massachusetts. Due anni dopo si trasferì insieme alla moglie in Utah. Da allora Romney è risorto, politicamente parlando. Certo, si era fatto sentire il 3 marzo 2016 con una critica circostanziata diretta al favorito per la nomination repubblicana Donald Trump (Nonostante nel 2012 quest’ultimo gli avesse dato un suo esplicito sostegno). Ma il ritiro di Hatch gli fornì l’occasione per tornare sulla scena nazionale come senatore. E infatti raccolse il 67% dei voti contro il 27% della sua avversaria Jenny Wilson.

In un editoriale pubblicato sul Washington Post, Romney ha duramente attaccato il carattere stesso del presidente, definendolo completamente inadatto a fornire una guida morale alla Nazione, sostenendo che non si è “elevato per sostenere il fardello della carica”

Un trionfo in linea con la nuova appartenenza repubblicana allo stato. Che però non ha reso Romney più vicino al presidente Trump, anzi. In un editoriale pubblicato sul Washington Post il 1° gennaio 2019, uno dei giornali più critici dell’amministrazione attuale, Romney ha duramente attaccato il carattere stesso del presidente, definendolo completamente inadatto a fornire una guida morale alla Nazione, sostenendo che non si è «elevato per sostenere il fardello della carica». Sorprendentemente, ma non troppo, Romney è rimasto solo in questa posizione. Nemmeno la nipote Ronna Romney McDaniel lo ha difeso, forse perché è stata nominata da Trump nella carica di presidente del Republican National Committee, equivalente della segreteria del partito. Ma anche gli stessi elettori in Utah ritengono che il presidente “vada sostenuto” e che quindi Romney non sia più in contatto con loro. Destino che il neoeletto senatore condivide con il suo collega dello Utah Mike Lee, che pure ha posizioni molto più conservatrici, ma che non ha esitato a criticare il presidente sul coinvolgimento americano nella guerra in Yemen e ha definito Bernie Sanders suo amico personale. Gli attacchi di Trump però probabilmente non scalfiranno la posizione di Romney e nemmeno quella di Lee, anche se un cambio di passo dell’elettorato nello stato a maggioranza mormona si ravvisa già con la decisione del governatore uscente Gary Herbert di non candidarsi per la terza volta, anche per le sue posizioni favorevoli a una limitata espansione della copertura del Medicaid per le persone in difficoltà e all’accoglienza dei rifugiati provenienti dai paesi del Medio Oriente. Ma per citare il segretario di Stato William Seward, Mitt Romney obbedisce a una “legge più alta” rispetto alla disciplina di partito. Oltretutto, come lui racconta, suo padre George gli diceva che una profezia sosteneva che i mormoni «avrebbero salvato la Costituzione». E lui non vuole venir meno a questo compito.

(Tratto dalla newsletter Jefferson-Lettere sull’America. Per iscrivervi cliccate qui)

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