Il venerdì nero di Alitalia è più nero che mai. Lo sciopero del 13 dicembre durerà 24 ore, su tutto il territorio nazionale, proclamato da Cgil, Cisl, Uil e anche dalle organizzazioni autonome. E arriva in un momento di piena crisi della compagnia aerea, a seguito della nomina del nuovo commissario unico Giuseppe Leogrande, di cui ancora lavoratori e sindacati non conoscono né piani, né progetti, dopo la fumata nera della cordata Fs-Atlantia-Delta. Quello che si sa è che il governo ora vorrebbe esplorare la strada di un accordo commerciale con Lufthansa, che però chiede prima una ristrutturazione della compagnia. A partire dal personale. Al momento si naviga a vista. Nessuno dal governo sa veramente cosa fare e verso quale rotta si stia andando.
Tantomeno lo sanno i sindacati in stato di agitazione, che – ammettono – non hanno mai ricevuto nessun piano industriale né di Delta prima, né di Lufthansa poi. Se non qualche slide circolata informalmente. «La compagnia è in amministrazione straordinaria ormai da quasi tre anni, e al momento abbiamo solo ricevuto promesse dal governo precedente e da quello attuale, senza mai arrivare a una soluzione», dice Fabrizio Cuscito, segretario nazionale Filt Cgil.
Il primo incontro al ministero dello Sviluppo economico con le parti sociali è stato fissato per il prossimo 17 dicembre, quando i sindacati si augurano di incontrare anche il nuovo supercommissario e capire se e quanto verrà rifinanziata la cassa integrazione. Il decreto legge approvato agli inizi di dicembre dal consiglio dei ministri per garantire alla compagnia aerea un ulteriore prestito ponte di 400 milioni di euro con l’obiettivo di arrivare alla scadenza del 31 maggio 2020 fissata per dare inizio al nuovo corso, è stato ritenuto inammissibile. Ma intanto per Lufthansa si parla almeno di un piano con 3mila esuberi, tra le attività di volo e gli uffici.
Le idee in campo per la riconversione industriale sono diverse: investimenti negli aeromobili per le attività a lungo raggio, investimenti negli aerei cargo e anche nelle manutenzioni dei velivoli, settore in cui Alitalia eccelle. Ma al momento vince la confusione
«Noi siamo disponibili a ragionare con chi ci porta una prospettiva industriale di sviluppo dell’azienda», fanno sapere le parti sociali. «Se ci viene posto il tema degli esuberi prima del piano industriale non è accettabile. Non siamo qui per discutere di esuberi, siamo qui per parlare del futuro dell’azienda», dice Cuscito. E il futuro dell’azienda ora è tutto nelle mani del nuovo commissario, che dovrà gestire la patata bollente.
Intanto l’adesione allo sciopero è altissima. Cancellati 350 voli, oltre la metà previsti in giornata. «La compagnia praticamente non vola», dicono tutti. E i sindacati hanno organizzato presidi alle partenze di Fiumicino, Linate e Malpensa.
«L’ingresso dello Stato nella compagnia può essere una forma di controllo e garanzia, visti i danni della gestione privata dal 2008 a oggi», dice Cuscito. «Ma siamo contrari a ogni forma di spezzatino tra i tre asset (linea volo, manutenzione, servizi di terra, ndr) che viene prospettata. Noi vogliamo che Alitalia rimanga un blocco unico, progettando un piano industriale a lungo termine».
Il che significa investimenti e ritorni economici non proprio repentini. Per evitare che tra qualche anno ci si ritrovi punto e a capo. Le idee in campo per la riconversione industriale sono diverse: investimenti negli aeromobili per le attività a lungo raggio, investimenti negli aerei cargo e anche nelle manutenzioni dei velivoli, settore in cui Alitalia eccelle. Non a caso, nonostante la compagnia non voli più su Osaka, nella città giapponese sono rimasti comunque i tecnici specializzati di Alitalia che svolgono attività di manutenzione. Un servizio, quest‘ultimo, che Alitalia potrebbe vendere alle low cost come Ryanair o Esayjet. Le idee in campo sono tante, ma al momento vince la confusione.
Per fare progetti di questo tipo, è chiaro, ci sarebbe bisogno di un manager che si intenda del settore. E che dia tempo all’eventuale progetto industriale di maturare. Leogrande, esperto di diritto fallimentare, ha ricoperto lo stesso ruolo di commissario nella low cost Blu Panorama. Ma Alitalia è tutta un’altra storia. E la questione si complica, e non poco. Anche perché l’addio dalla joint venture con Delta, tra penali e mancati ricavi, costerebbe già tra i 200 e i 300 milioni.