La Ue nell’era digitaleL’Europa riforma l’antitrust e ora saranno guai per le big tech

La commissaria per “Un'Europa adatta all'era digitale” Margrethe Vestager annuncia nuove norme per rivedere le regole vecchie di due decenni che determinano se le aziende hanno il potere di mercato di limitare i concorrenti o controllare i prezzi

ARIS OIKONOMOU / AFP

La donna più temuta dai giganti del Web vuole aggiornare le leggi che regolano l’Antitrust europeo per adeguarsi al mercato globale e digitalizzato. La nuova commissaria europea per “Un’Europa adatta all’era digitale”, Margrethe Vestager, ha preso alla lettera la carica che Ursula von der Leyen ha scelto per lei. Ma a differenza di Falqui, non basta la parola per vedere subito dei cambiamenti. Vestager conosce già tutti i dossier più importanti dopo cinque anni come commissaria europea alla concorrenza, ma le sue armi per fermare le aziende tecnologiche che violano le norme del mercato unico sono spuntate. Le ultime leggi antitrust dell’Unione Europea risalgono al 1997 quando Nokia era ancora sinonimo di cellulare, Facebook non esisteva, Google aveva poco più di un anno e Steve Jobs era appena tornato ad Apple e non aveva ancora sfornato l’Ipod, l’Ipad e l’Iphone. Esaminare fusioni e acquisizioni o sanzionare pratiche anti competitive dei colossi tecnologici nel mercato Ue con queste regole è come fermare un cyberattacco con una fionda. «Molti mercati funzionano in modo piuttosto diverso rispetto a 22 anni fa. Abbiamo sviluppato e perfezionato le tecniche che possiamo usare per definire i confini del mercato e i tipi di prove che utilizziamo», ha detto la danese durante la conferenza annuale Chillin’ Competition di Bruxelles del 9 dicembre. «Se sapessi quello che so ora su Google, sarei stata più coraggiosa».

Per cambiare le leggi sulla concorrenza e aggiornarle in tempo di mercati digitali e protezionismo Vestager punta a modificare la base: il Market Definition Notice. «La Commissione europea ha fatto molta esperienza dal 1997. È giunto il momento di rivedere la definizione del mercato. Vogliamo essere sicuri che le linee guida fornite siano accurate e aggiornate e definiscano un approccio chiaro e coerente nei casi di antitrust e di fusione in diversi settori. Ovviamente le parti interessate avranno la possibilità di dare il loro parere durante le diverse fasi della revisione», ha spiegato a Linkiesta una portavoce della Commissione europea. A oggi però non esiste un calendario delle riforme. La commissaria è in una fase interlocutoria in cui sta raccogliendo pareri e consigli dagli addetti ai lavori dopo l’annuncio del 9 dicembre.

Di sicuro si interverrà su uno strumento che Vestager ha usato spesso nei suoi cinque anni da commissaria ma che non sembra così aggiornato per l’industria digitale. Si tratta di una parolaccia tecnica: lo Ssnip, il test di aumento dei prezzi piccolo ma significativo e non transitorio che viene utilizzato per definire un mercato. Tradotto: capire a quali prodotti le persone passerebbero se il bene o servizio che stanno usando aumentasse leggermente di prezzo. Il problema però nel mercato digitale è che ci sono prodotti a rischio monopolio che sono utilizzati gratuitamente. Come per esempio il sistema Android che è gratis nella maggior parte dei cellulari. Se Google un giorno abbasserà la qualità di Android non è detto che tutti i consumatori europei passeranno ad Apple perché l’Ipone costa molto. Il punto è che lo Ssnip test non funziona molto con le grandi aziende digitali che sono attivi in una vasta gamma di settori diversi, fornendo ai consumatori un ecosistema di servizi, tutti progettati per funzionare bene insieme. «Può essere difficile per i consumatori passare da un ecosistema all’altro. Quindi potrebbero esserci momenti in cui dobbiamo anche esaminare il modo in cui questi ecosistemi possono lasciare bloccati i consumatori», ha spiegato Vestager giustificando così anche la multa a Google di 4,3 miliardi di euro inflitta dalla Commissione Ue.

Vestager è stata per cinque anni il guardiano ortodosso della concorrenza europea e ha messo i diritti dei consumatori al centro della sua agenda, impedendo acquisizioni che potessero creare grandi monopoli nel mercato unico

Finora l’Antitrust ha punito due tipi di accordi che alterano la concorrenza nel mercato unico. Primo, gli accordi orizzontali: cioè quelli tra due imprese concorrenti che non devono fare operazioni di cartello per alterare i prezzi o escludere altre aziende dal mercato. Secondo, gli accordi verticali tra imprese che hanno un ruolo diverso nella gerarchia del ciclo economico. Per esempio un’azienda che produce si può accordare con una che distribuisce per migliorare la capillarità di un prodotto. Però il confine tra benefici per il consumatore e rischio di estromettere altre aziende concorrenti è altro. Infatti la Corte di Giustizia dell’Ue ha permesso in alcuni casi accordi verticali tra aziende a patto che non superassero il 30% del mercato. In primavera Vestager ha lanciato una consultazione per rivedere le norme antitrust sugli accordi verticali nei diversi livelli della catena di approvigionamento, ma passi in avanti saranno fatti prima per gli accordi orizzontali per far capire «quando le aziende rivali possono lavorare insieme per produrre risultati migliori per i consumatori»

Fin qui tutti d’accordo sul cambiare. Ma come? Vestager è stata per cinque anni il guardiano ortodosso della concorrenza europea e ha messo i diritti dei consumatori al centro della sua agenda, impedendo acquisizioni che potessero creare grandi monopoli nel mercato unico. A febbraio di quest’anno ha proibito la fusione delle due più grandi aziende europee nel settore ferroviari, la francese Alstom e la tedesca Siemens perché avrebbe aumentato i prezzi nel mercato dei treni ad alta velocità e nei sistemi di segnalazione. I governi di Francia e Germania l’hanno accusata di voler impedire alle aziende più importanti europee di raggiungere le dimensioni di cui hanno bisogno per diventare leader mondiali. I dirigenti di Siemens hanno sempre detto che l’acquisizione di Alstom era necessaria per reggere la concorrenza cinese.

Nel suo appello del 9 dicembre, Vestager ha addirittura fatto capire che in alcuni casi potrebbe tenere conto molto di più in futuro di quanto succede negli altri mercati. «All’inizio di quest’anno quando Tata Steel ha proposto di fondersi con ThyssenKrupp, abbiamo esaminato se le importazioni da altri paesi, inclusa la Cina, potessero mantenere bassi i prezzi per i clienti dell’acciaio nel mercato europeo. In quel caso, si è scoperto che quelle importazioni non avevano la qualità e l’affidabilità di cui avrebbero avuto bisogno, per essere una vera alternativa all’acciaio prodotto in Europa. Ma il principio rimane che possiamo e guardiamo cosa sta succedendo al di fuori del mercato geografico».

Le grandi aziende europee che sognano di diventare colossi mondiali non potranno farsi illusioni, Vestager annuncia riforme che avvantaggino i consumatori e risposta alla domanda: «I clienti possono rivolgersi a qualcun altro se i prezzi salgono, diminuiscono la qualità o si ferma l’innovazione?»

Chiariamo però una cosa: la riforma Vestager non cambierà il mercato unico rendendolo simile a quello di Stati Uniti e Cina. Non ci sarà un via libera generalizzato per creare monopoli e campioni europei in grado di reggere nell’economia globale. Si tratta pur sempre di un aggiornamento. «Definire i mercati non è come concordare il confine tra due paesi, disegnando una linea su una mappa. È più come tracciare una linea costiera. La forma è già lì: il nostro compito è solo misurarla nel modo più accurato possibile. E niente che facciamo cambierà la forma di quella costa stessa», ha spiegato la commissaria europea. Tradotto, in questi mesi si studieranno i mercati cambiati con la digitalizzazione per bilanciare l’interazione tra le caratteristiche del prodotto, il comportamento di clienti e fornitori, le decisioni di sostituzione delle imprese e la regolamentazione. Le grandi aziende europee che sognano di diventare colossi mondiali non potranno farsi illusioni, Vestager annuncia riforme che avvantaggino i consumatori e risposta alla domanda: «I clienti possono rivolgersi a qualcun altro se i prezzi salgono, diminuiscono la qualità o si ferma l’innovazione?».

«Stiamo anche effettuando un “controllo di idoneità”, per valutare se le nostre norme sugli aiuti di Stato sono idonee per il futuro», ha detto Vestager. In effetti molti hanno criticato la decisione di qualche giorno fa della commissaria europea che ha permesso la ricapitalizzazione di 2,8 miliardi della banca tedesca Norddeutsche Landesbank fatta dai lander Sassonia-Anhalt e Bassa Sassonia assieme alla Dsgv, l’Associazione casse di risparmio e giroconto tedesche. Tradotto: soldi pubblici. La Commissaria ha dato il via libera perché l’investimento dello Stato si è svolto alle stesse condizioni che avrebbe posto un privato. Peccato che nel 2015 Vestager si oppose a un caso simile definì un aiuto di Stato il prestito di 300 milioni concesso dal Sistema obbligatorio di garanzia dei depositi a Banca Tercas. E quindi incompatibile con le norme Ue. La portavoce della commissaria ha detto che i due casi sono incomparabili perché la NordLb è proprietà dello Stato. Non è così per la Corte di giustizia dell’Unione europea che in una sentenza di primo grado ha definito sbagliata la decisione che Vestager prese nel condannare l’aiuto alla banca teramana.

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