Alla fine la mannaia sull’emendamento che avrebbe regolamentato il settore della canapa industriale è arrivato: la presidente del Senato Elisabetta Casellati ha espunto la norma dal maxiemendamento del governo su cui si voterà la fiducia a Palazzo Madama, dichiarandola inammissibile.
Salta così il subemendamento che apriva alla vendita della canapa industriale con Thc inferiore allo 0,5%, approvato in commissione Bilancio giovedì notte dopo un primo stop, che nelle scorse ore aveva lasciato col fiato sospeso tutto il settore. Mentre, con la manovra in arrivo in aula a Palazzo Madama, sulla seconda carica dello Stato per tutto il fine settimana era montato il pressing di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega per dichiarare inammissibile e bocciare la norma.
«Se la presidente dichiarasse inammissibile l’emendamento sarebbe grave perché verrebbe meno la terzietà del suo ruolo, portando avanti la visione politica del suo gruppo di appartenenza», avevano commentato fonti del Movimento Cinque Stelle prima della decisione. Parlando di una «mannaia di natura politica in relazione alla valutazione dell’ammissibilità che invece dovrebbe essere puramente tecnica». Dal Senato domenica sera era arrivata la replica: «Il presidente del Senato, così come la terzietà connaturata al suo ruolo impone, per l’ammissibilità degli emendamenti non entra mai nel merito dei provvedimenti ma si limita a valutarne esclusivamente gli aspetti tecnici».
E in aula Casellati ha replicato spiegando che è stata una «decisione meramente tecnica», aggiungendo: «Se ritenete questa misura importante per la maggioranza fatevi un disegno di legge». I cavilli tecnici per bocciare l’emendamento c’erano, fanno notare i più esperti. Ma lo stesso valeva per altri emendamenti che invece sono passati. E ora uno dei firmatari dell’emendamento pro canapa, il senatore Cinque Stelle Matteo Mantero, ha chiesto a Casellati che venga calendarizzato al più presto il voto sulla urgenza della sua proposta di legge per regolamentare il settore depositata a luglio e dimenticata nei cassetti di Palazzo Madama. «Così la presidente potrà dimostrare la sua imparzialità rispetto alla decisione presa sulla inammissibilità», commenta il senatore.
Le pressioni sulla Casellati nel fine settimana sono arrivate soprattutto dai colleghi di partito di Forza Italia. A scalpitare con lo staff della presidente è stato in primis il senatore di Fi Maurizio Gasparri – che in un video pubblicato in tarda serata davanti all’ingresso del Senato aveva fatto sapere che avrebbe presidiato il palazzo perché la norma non passasse – affiancato da un plotone di senatori della Lega e Fratelli d’Italia.
«La Lega sarà sempre contraria all’idea dello Stato spacciatore», aveva commentato Matteo Salvini. «Non esistono droghe che fanno bene». «Una norma folle, che permette di spalancare le porte alla vendita legale di quei prodotti che il Consiglio superiore della Sanità ha giudicato estremamente pericolosi per la salute», aveva spiegato Giorgia Meloni.
L’emendamento, che in una prima fase era stato ritirato dalla maggioranza, aveva sollevato un polverone di polemiche anche da parte delle associazioni delle famiglie e di quelle vicine alle comunità di recupero. Con il quotidiano Avvenire che ha titolato in apertura in prima pagina: “Manovra sbagliata sulla cannabis light”. Le stesse associazioni che ora plaudono alla decisione di Casellati.
La bocciatura dell’emendamento, dicono ora gli addetti del settore della canapa che avevano esultato per l’approvazione dell’emendamento, potrebbe mettere la parola fine all’intero comparto, che dopo la sentenza della Cassazione di luglio scorso è piombato in un limbo di debiti, con oltre 2mila posti di lavoro già andati in fumo e il 40% dei negozi costretti a chiudere.
«Finalmente, questo emendamento avrebbe messo la parola fine all’incertezza giurisprudenziale che riguarda l’intero settore de lla canapa, introducendo una regolamentazione che avrebbe fatto chiara distinzione tra ciò che è canapa industriale e ciò che è Cannabis, assicurando alle 3.000 aziende del settore di non operare nell’incertezza giuridica», spiegano da Cannabidiol Distribution, azienda torinese tra le più grandi in Italia del settore, che ora sarebbe pronta a valutare anche un esposto in tribunale per verificare il rispetto dell’imparzialità da parte della presidente del Senato. «Sarebbe molto grave dal punto di vista istituzionale se non fosse stata rispettata l’imparzialità», dicono. Se il tribunale però confermasse che l’emendamento in questione fosse legislativamente inammissibile, «condivideremo pienamente la scelta della presidente Casellati», precisano.
Secondo Federcanapa, però, la decisione sarebbe «fondata su ragioni prettamente politiche, dal momento che l’emendamento era assolutamente attinente alla materia del bilancio, rispondendo alle esigenze produttive e finanziarie di un intero comparto agro-industriale». Per questo, invitano «tutte le componenti politiche dell’attuale maggioranza di governo a cooperare in maniera sinergica e strategica al fine di dotare – in tempi brevi – il settore di un atto legislativo che possa costituire la base di partenza – o meglio di ripartenza – del settore della canapa industriale».
Critiche alla maggioranza sono arrivate invece da Più Europa. «Quello che spiace constatare è come, al di là dei firmatari dell’emendamento, il governo e la maggioranza non siano stati per nulla coesi nel difendere una norma che avrebbe dato certezza a un mercato legale e in espansione che occupa migliaia di persone», dice il deputato Riccardo Magi. «L’operazione Casellati copre, oltre alle resistenze interne alla maggioranza, la più becera impostazione salviniana che a parole è contro lo “Stato spacciatore”, ma che in realtà rafforza i mercati illegali e le organizzazioni criminali che ne beneficiano».
Intanto ora 3mila aziende e mille negozi sparsi in tutta Italia vedono ancora una volta sfumare la possibilità di tornare in attività, senza rischiare sequestri e denunce. «Se le attività continuano a essere bloccate, il pericolo è la perdita di 12mila posti di lavoro», dicono gli addetti del settore. Tanti quanto l’Ilva e tutto il suo indotto, per fare un paragone. Un altro tavolo di crisi al Mise è alle porte?