Il governo masochistaNon si governa in streaming: litigate, se volete, ma non in favore di telecamera

Un vertice dietro l’altro, ministri che si alzano e se ne vanno, pare che l’esecutivo abbia bisogno di guai per tirare avanti. Nostalgia di quando ci si allontanava dai riflettori per risolvere i problemi

La comunicazione del governo più che a Rocco Casalino sembra in mano a Leopold von Sacher-Masoch, il giornalista-scrittore dell’Ottocento da cui deriva il termine masochismo. Mai si era visto un governo esibire le proprie debolezze, le proprie manie, le proprie paure come il Conte bis. Questo governo pare provi il piacere proprio del masochismo a ostentare le sofferenze, a godere dei dolori e a mostrare in pubblico i problemi, invece di risolverli. Tanto che quando i problemi scarseggiano, c’è sempre qualcuno che ne inventa di nuovi, in un girotondo schnitzleriano o in una danza macabra che nemmeno Strindberg: sempre dalle parti dell’irrrazionalismo siamo. È come una droga: hanno bisogno di guai, per tirare avanti.

Prendiamo la giornata di ieri. Intanto è singolare che si sia tenuto un vertice la mattina dopo un vertice della sera prima: ci si tiene – evidentemente – a rendere il più evidente possibile che si sta ancora litigando sul bilancio. E questo peraltro in contrasto con lo spin chigiesco che attenuava le tensioni sulla giustizia (Repubblica e altri ci sono cascati, in effetti). In secondo luogo, si sono mostrate le immagini funeree di un vertice delle mitiche “delegazioni”, termine resuscitato dagli annali della Prima Repubblica, con tanto di Casalino assiso fra il premier e il ministro dell’Economia, giusto per far capire chi comanda. Facce in cagnesco, manco un sorrisetto di circostanza – la prossima volta chiamate Paola De Micheli, molto incline al buonumore, e poi tutti uomini, tranne Cecilia Guerra e una Teresa Bellanova rannuvolatissima. La stessa Bellanova che a un certo punto, lancia in resta, si è alzata e se n’è andata. Brutta cosa. Anni fa era Mastella a fare sempre così: ma lui si fermava prima della soglia e tornava al tavolo.

Vince chi urla, chi è telegenico, chi sbatte la porta per primo, chi minaccia, chi twitta più veloce. Ma ne scaturisce un’idea debolissima della politica

La cosa più assurda è che ci si fa del male sul niente. 400, 500 milioni che, come dicono i giornali per fare titolo, “mancano all’appello”. Capirai. Intanto fuori un po’ tutti si lanciavano pallottole di carta come a scuola quando il professore volta le spalle, Orlando, Faraone, Provenzano: e vai con la cerbottana. Tutto davanti al Paese. O meglio: davanti a quegli italiani che ancora non sono abbacinati dall’uomo forte di cui parla il Censis e che malgrado tutto credono al governo parlamentare.

Un tempo nemmeno tanto lontano quando c’erano problemi seri ci si incontrava fuori dalle luci dei riflettori. La politica era anche discrezione. Era sobrietà. Ed era anche accortezza nell’evitare – appunto – di squadernare le proprie ferite. Qui invece si è equivocato il significato vero della trasparenza, che non è lavare i panni sporchi nella pubblica piazza ma rendere edotti i cittadini di cosa si è fatto, cosa non si è fatto e cosa si ha in mente di fare.

Purtroppo invece la moda dello streaming, il dominio dei tweet, il narcisismo da talk show, l’onanismo dei selfie, insomma la dittatura dell’immagine presenzialista ha contagiato le razionali procedure del modo di governare. La politica pop affermata a parolacce da un comico e dai suoi seguaci ha mortificato la serietà e l’attitudine democratica all’ascolto. Ha tarpato le ali alla ricerca delle soluzioni difficili. Vince chi urla, chi è telegenico, chi sbatte la porta per primo, chi minaccia, chi twitta più veloce. Ma ne scaturisce un’idea debolissima della politica, somigliante più a una rincorsa al successo effimero che alla soluzione dei problemi. E ogni volta, con puntualità Svizzera, questo governo si fa male da solo.

Per Salvini e Meloni così è un gioco da ragazzi fare opposizione. Non serve nemmeno fare proposte alternative. Quando tre partiti su tre non fanno altro che alludere a elezioni, l’opposizione se la fanno da soli.

(Ps. Ah, Masoch morì pazzo in un manicomio).

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