La legge elettorale è chiesta a gran voce da molti schieramenti, per paura o per esigenze istituzionali. L’alterazione delle modalità di voto, per molti, sta subendo fin troppo ingerenze dall’attuale momento storico-politico, passando da paratia per l’ascesa di Matteo Salvini a salvagente per la tutela delle altre forze politiche. La scelta candidata a sbloccare l’affaire politico rimane comunque il sistema proporzionale che, come spiega Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, in questo momento può diventare il primo strumento «per l’azione di governo in grado di misurarsi con le questioni reali del Paese».
La scelta del modello elettorale deciderà gli equilibri di forza della prossima stagione politica. Fratoianni, il proporzionale è la scelta giusta per questo spaccato politico?
Credo che il proporzionale rappresenti per il sistema democratico italiano una terapia. Per quanto mi riguarda, la scelta di questo modello elettorale ha pochissimo a che fare con l’esigenza politiche del momento, ovvero l’ascesa di Matteo Salvini o la tutela delle altre forze politiche. Nella lunga stagione del maggioritario, l’Italia si è progressivamente ammalata: si è ammalata di demagogia, della pratica dell’insulto, della promessa esagerata. Questa malattia è poi sfociata nel ragionamento che vede nella conquista di un voto in più lo strumento attraverso il quale conquistare le leve del governo. Di fatto, tutto ciò ha impoverito la capacità della democrazia di concentrarsi sul merito e di costruire elementi di confronto validi.
Un dubbio, però, ritorna sempre: con un proporzionale puro non si rischia la frammentazione e l’instabilità del governo?
Questo argomento è stato usato per contrastare chi come me ha sempre sostenuto la necessità di tornare al modello proporzionale. La verità, come dimostra la storia più recente, è che il sistema maggioritario ha favorito in modo impressionante la frammentazione, con partiti che nascono come funghi e lo fanno quasi sempre in Parlamento, fuori dalla dialettica democratica, fuori dalla dimensione in cui le forza politiche sono espressione di interessi collettivi, di corpi sociali e di bisogni organizzati. Questa frammentazione si attaglia benissimo al maggioritario, in quanto basta un voto in più per prendere tutto, sia collegio uninominale sia col premio di maggioranza di coalizione, ed è del tutto evidente che anche la più piccola delle forze diventa particolarmente utile nella misura in cui essa accetti una forma di veto e di ricatto, successivo alle elezioni dell’esercizio della funzione di governo, che come si è visto può produrre perfino immobilismo rispetto alla capacità di governo di imprimere una marcia.
Quindi?
Con il proporzionale invece, tutte le volte che si è misurato con la dialettica democratica ha ridotto la frammentazione, proprio perché, in qualche modo, ha costretto gli attori politici a misurarsi sui contenuti, sul profilo politico-culturale, sulla proposta, favorendo l’aggregazione intorno ad aree culturali più che a logiche di carattere personalistico legate al semplice esercizio di una leadership carismatica. Penso quindi che in termini di prospettiva il modello proporzionale possa anche permettere all’azione di governo di misurarsi con le questioni reali del Paese.
Questo modello comprende l’eventuale possibilità di stabilire delle soglie di sbarramento alte?
In un Paese come il nostro la soglia attuale, in vigore nell’ultima legge elettorale, credo sia una soglia più che sufficiente per garantire una diminuzione della frammentazione e contemporaneamente la rappresentanza di centinaia di migliaia di elettori. In vista anche del fatto che un numero come il 3 per cento significa sempre un milioni di elettori e di elettrici: immaginare che si possa lasciare fuori un numero simile di votanti mi sembra una scelta che va contro il principio stesso di rappresentatività.
Il nodo che nessuno riesce a sciogliere rimane comunque la paura di un super-vincitore e la mancanza di un vincitore. Quali anticorpi inserire per creare un modello equilibrato?
Esistono molti strumenti che richiedono però un più ampio intervento oltre alla legge elettorale ordinaria. Uno di questi è la sfiducia costruttiva, di cui si discute da anni senza mai produrre significativi passi in avanti, che potrebbe rappresentare un elemento di stabilità che favorisce e aiuta nella ricerca di elementi di convergenza e di mediazione rispetto all’orizzonte programmatico. Tuttavia, la stabilità ha quasi sempre a che fare con la capacità di costruire un futuro per il Paese, questo è mancato negli ultimi anni. Come si è visto anche per i modelli che contengono al proprio interno elementi di torsione maggioritaria molto spiccati, come il Rosatellum, i quali non sono di per sé in grado di garantire la stabilità per il sistema. La verità è che non c’è un modello elettorale che garantisce un sistema stabile, capace anche di costringere la politica dentro un quadro preciso. L’unica a poter risolvere questo problema politico è la politica stessa, e il proporzionale in questa azione può essere molto di aiuto.
C’è poi la grande questione del risveglio elettorale. Con un proporzionale i cittadini possono essere realmente coinvolti negli equilibri di governo?
Credo di sì. In quanto spinge le forze politiche a concentrarsi più che sulla mediazione preventiva su quelli che sono i temi, quindi su proposte politiche che coinvolgono direttamente le persone. Si tratta poi non soltanto di definire il modello elettorale sotto il punto di vista della distribuzione dei seggi, ma anche di tornare a discuter del modo in cui si seleziona i rappresentanti del popolo. Possono essere tutti ingredienti in grado di risvegliare l’interesse nei cittadini e la partecipazione dell’elettorato.