La testimonianzaOlga Misik contro Putin: la Russia cambierà, ma servono azioni radicali. Anche a costo di tornare agli anni ’90

La giovane attivista, diventata celebre per lo scatto in cui legge la Costituzione russa circondata da agenti di polizia, è in Italia e racconta cosa significa davvero combattere un regime totalitario. Tra giornalismo e battaglia politica. E con il rischio concreto di finire in carcere

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Non ha fatto niente di staordinario: ha solo letto la Costituzione in piazza. Eppure il gesto, quasi banale in un Paese sovversivo, in Russia si trasforma in un’azione sovversiva. Soprattutto se avviene durante una manifestazione per le libertà civili (negate) nel Paese, ancora di più se a farlo è una giovane diciassettenne, Olga Misik, che seduta in mezzo a un cordone di agenti, recita a voce alta gli articoli 31 (libertà di associazione), il 29 (libertà di espressione) il 32 (libertà di eleggere e di essere eletti) e soprattutto l’articolo 2, secondo cui «Il riconoscimento, il rispetto e la difesa dei diritti e delle libertà della persona e del cittadino sono un obbligo dello stato».

«Non era un’idea premeditata. Un mio amico era con me e aveva il testo nello zaino. Lo abbiamo fatto d’istinto», spiega l’attivista a Più libri più liberi, rassegna romana della piccola e media editoria, dove è ospite. Per questo semplice gesto Olga Misik è stata fermata, anche con violenza, almeno 11 volte. È stata multata, ha dei processi in corso e per venire in Italia la procedura da seguire è stata difficilissima. «Mi sono spaventata solo una volta: quando ho capito che ci sarebbe stata una procedura penale. Ma adesso so che sarà così, sono pronta ad affrontarlo».

Il suo stupore nell’andare all’estero – è stata in Danimarca prima, ora in Italia – è nel vedere la libertà di cui godono le persone. «Sono stata a un incontro in liceo occupato. La polizia era fuori, mi è sembrato incredibile: in Russia sarebbero entrati subito».

Di fronte a questa differenza tra Paesi, avvertita sempre di più dalla gioventù russa (in particolare metropolitana), le proteste aumentano, insieme al disamore nei confronti del governo di Vladimir Putin. Una frattutra generazionale, insomma, che la riguarda in modo personale: «Mio padre ama più Putin di me», dice. Sembra una battuta, ma è vero. «Col tempo ho dovuto accettarlo. Come lui ha dovuto accettare il fatto che, con il tempo, ho cambiato le mie posizioni». Fino a 15 anni era, come tanti, indifferente alle questioni politiche. Poi qualcosa è cambiato e ha cominciato a interessarsi a tutti i diritti che, notava, le venivano negati.

«Sono stata a un incontro in liceo occupato. La polizia era fuori, mi è sembrato incredibile: in Russia sarebbero entrati subito»

Adesso è iscritta alla facoltà di giornalismo. «È una professione che mi interessava». La sua università, specifica, «fino a prima che arrivassi, era sempre stata neutra dal punto di vista politico. Era una questione che non veniva discussa». Dopo il suo ingresso, e cioè dopo la naturale polarizzazione delle posizioni provocata dal suo movimento, la facoltà si è spaccata. E ha reagito. «Hanno cominciato a invitare sedicenti “esperti” governativi», i quali «spiegano il loro punto di vista agli studenti». In altre parole – che lei non dice – li indottrinano.

Per questa ragione sono cambiate le sue prospettive: «Mi interessa di più quello che faccio come attivista». Non con i giornali o le riviste («ho scritto solo un articolo finora») ma con il canale Telegram, che «gestisco come un blog, in cui racconto quello che faccio, le mie iniziative, le analisi di quello che succede». E, nonostante le rassicurazioni che riceve, Telegram «non è sicuro come si racconta». Anche quello (ma meno rispetto ad altri canali social) viene controllato dal governo.

Il senso della sua battaglia, spiega a Linkiesta, non è ottenere una vittoria particolare. Non ci sono obiettivi specifici: «Prima di tutto», spiega, «credo che piccoli cambiamenti, anche locali, non abbiano nessun senso». La Russia «ha troppi problemi, ci sono lacune troppo grandi: tutto il sistema non funziona». Quindi «servono riforme radicali». Perché qualcosa cambi «deve cambiare il governo. Solo allora tutto il sistema potrà riprendere a funzionare».

E cosa succederà in Russia dopo Putin? È al potere da 20 anni e, prima o poi, dovrà lasciare. «È una domanda difficile. Io sono nata e cresciuta nell’epoca di Putin. Forse anche morirò nell’epoca di Putin – spero di no», scherza. «Quando lascerà il potere, cosa che potrebbe succedere tra cinque anni, così come 50, forse allora le cose cominceranno a cambiare, piano piano. Potrebbero essere cambiamenti soft, con un cambio di regime, ma prevedo che ci sarà molta disorganizzazione. La situazione potrebbe diventare qualcosa di simile agli anni ’90, con caos e disordini». Ma in quel momento, «se riusciremo a trovare un certo ordine e, soprattutto, a mettere al potere una persona onesta, le cose – dopo un calo – potranno migliorare». E vale «anche per il sistema economico: potrebbe diventare più sano, visto che al momento è in uno stato disastroso».

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