I motivi dell’impeachment contro Donald Trump sono “totalmente inventati”. L’endorsement più esplicito alla linea del presidente americano arriva dal Cremlino, pronunciato paradossalmente dallo stesso uomo che ammette che le relazioni tra Russia e Usa non sono mai state peggiori che con The Donald. Alla sua conferenza stampa annuale Vladimir Putin sposa senza esitazioni tutta la retorica trumpiana: l’impeachment è stato voluto dai democratici, che vogliono vendicarsi per la sconfitta del 2016, e «raggiungere il loro obiettivo con altri mezzi». Ma non ci riusciranno: al Senato i repubblicani hanno la maggioranza, e «non credo che la presidenza Trump stia volgendo a termine».
Il discorso di Putin sembra tratto dai tweet del suo collega americano: c’è la «palude di Washington» che complotta, ci sono i «fake media» che si inventano le accuse, c’è la frecciatina contro la «montatura» del Russiagate. Il solitamente cauto Putin non mostra nessuna esitazione a prendere posizione, e che a fare la domanda sull’impeachment sia stato Dmitry Simes, politologo americano menzionato dal rapporto Mueller come uno dei consiglieri della campagna di Trump sulla Russia, è solo la ciliegina sulla torta. Del resto, l’ex consigliere della Casa Bianca sulla Russia Fiona Hill alle audizioni sull’impeachment ha già esplicitamente accusato i repubblicani di promuovere «la narrativa inventata dai servizi segreti russi» sulla presunta ingerenza ucraina nelle elezioni del 2016, e Putin appare sulla stessa linea, commentando sollevato: «Grazie a dio, non ci accusano più di aver interferito nelle elezioni americane, ora accusano l’Ucraina». Non si presenta più come un osservatore distaccato delle vicende di Washington, si è esplicitamente alleato a una delle controparti.
Una situazione quasi surreale: Putin accusa gli Stati Uniti di tutti i mali del mondo, il Congresso Usa ha chiesto nuove sanzioni contro le banche e le compagnie petrolifere russe, l’antiamericanismo è l’ideologia dominante della politica russa, ma nello stesso tempo il Cremlino e la Casa Bianca condividono la stessa visione del mondo, gli stessi tweet e gli stessi siti complottisti. Ad ascoltare il resto della conferenza stampa di Putin – un happening annuale che dura più di quattro ore, tra giornalisti che sventolano foulard con la faccia del presidente e gli regalano icone – il padrone del Cremlino condivide molte impostazioni trumpiane (o viceversa, visto che è al potere da vent’anni): invita a non fidarsi dei giornali occidentali, è molto dubbioso sulla legge che vorrebbe inasprire le pene per la violenza domestica, osteggiata dalla chiesa ortodossa come «minaccia alla demografia», vede nemici ovunque. Sostiene che il divieto di gareggiare agli atleti russi non sia colpa del doping di Stato ma del desiderio dei concorrenti di eliminare sportivi che vincono tutte le medaglie, crede che il cambiamento climatico sia provocato da «processi globali nell’universo», propone il «patriottismo» come unica ideologia nazionale (una sorta di “Russia first”), ma soprattutto insiste a raccontare la sua realtà virtuale. Nella quale in Ucraina non ci sono carri armati russi che combattono dalla parte dei separatisti del Donbass, la devastazione della sanità – con medici che si licenziano per non morire di fame, ospedali disastrati, medicinali che mancano a causa dell’ordine del governo di non utilizzare farmaci di importazione e telethon che raccolgono soldi per curare i bambini – non esiste, le figlie del presidente, impegnate in affari miliardari, non sono sue figlie, ma soltanto imprenditrici cui «augurare successo», l’economia è solida e l’opposizione non c’è. Non arriva ovviamente ai livelli di dissociazione trumpiani, ma è evidente che abita in un mondo tutto suo, ermetico rispetto a quello nel quale le sue esternazioni in diretta su YouTube raccolgono molti più pollici versi e insulti che “like”, ormai da due anni. L’idolo dei troll di tutto il mondo non riesce nemmeno a contrastare lo scontento in Rete, ma sembra molto più interessato alle circostanze che hanno portato alla Seconda guerra mondiale, promettendo di scrivere un fondamentale articolo storico che dimostrerà come non fu Stalin, ma gli europei, a stringere patti con Hitler e spartirsi il continente.
Visto da fuori, può apparire il leader dell’internazionale sovranista che invia linee guida ai suoi seguaci, mentre coordina la difesa di Trump. Visto dalla Russia, la conferenza stampa con duemila giornalisti di Putin e trasmessa in diretta da quasi tutti i canali televisivi sembra uno spettacolo allestito per un unico spettatore, che è anche l’attore principale dello show. I russi cambiano canale, Putin che parla bene di se stesso, di Stalin e dell’Urss non fa più notizia. Per i giovani è un “ok boomer”, per i vecchi un Babbo Natale in pensione, che non gli regala più i petrolrubli e la Crimea, ed evita la domanda – che gli è stata pure fatta, e sotto diverse salse – se e a quali condizioni ha intenzione di mollare il potere nel 2024. Per ora, sembra molto più interessato alla partita che si giocherà nel 2020 nel Campidoglio.