Per certi aspetti è l’apologo perfetto per i tempi in cui viviamo: ieri tutti i mezzi di informazione italiani e molti commentatori hanno lanciato strali e manifestato sdegno per le conclusioni del Rapporto Ocse Pisa 2018: solo uno studente italiano su venti è in grado di raggiungere le competenze minime di comprensione di un testo di media complessità. Salvo che il Rapporto Ocse Pisa, testo di media complessità accompagnato anche da parecchie illustrazioni, non dice affatto questo. Il rapporto 1 su 20 riguarda, semmai, gli studenti eccellenti, che sanno leggere e interpretare correttamente testi complessi. Secondo il Rapporto, almeno per coloro che riescono a leggerlo e capirlo, gli studenti che hanno le competenze minime sono ben più di 1 su 20, precisamente il 77 per cento.
A spanne: 3 su 4. Ne consegue che gli studenti privi delle competenze minime di analisi e comprensione di un testo nella loro lingua madre non sono affatto 19 su 20, bensì 1 su 4 (o 5 su 20, se preferite). Ancora troppi? Certamente. Il Rapporto Ocse Pisa afferma che tutto va per il meglio nella scuola italiana? Certo che no. Le criticità che evidenzia sono molte. Ma quel mostruoso, aberrante 1 su 20 non si capisce da dove sia saltato fuori, se non forse dal sottile piacere del figurarsi la catastrofe – beninteso, da un punto di osservazione che da essa si ritiene sicuro e ben protetto – da parte di una classe di autocertificati intellettuali, il cui costante contributo al dibattito pubblico, e segnatamente a quello riguardante la scuola e i giovani, si risolve perlopiù in un reiterato e autocompiaciuto “Signora mia!”.
Del resto, se vai a vedere un film catastrofista e poi sullo schermo viene mostrato un fastidioso ma normale ingorgo in tangenziale, ti incazzi e chiedi il rimborso del biglietto. Ci vuole semmai la glaciazione globale, l’onda alta come l’Empire State Building, il sisma che stacca la California dal resto dell’America, l’apocalisse zombie. Se catastrofe ha da essere che catastrofe sia. Più è colossale, più ci si diverte. Donde: 1 su 20!
Gli studenti privi delle competenze minime di analisi e comprensione di un testo nella loro lingua madre non sono affatto 19 su 20, bensì 1 su 4 (o 5 su 20, se preferite). Ancora troppi? Certamente
Ci sarebbe, tuttavia, quel dettaglio che, nel caso dell’Ocse Pisa, non stiamo commentando un’opera di fiction, ma dati reali. Pensare che davvero 19 studenti italiani su 20 non siano in grado di leggere e capire almeno a livello basilare un testo di media complessità richiede una sospensione dell’incredulità ben maggiore di quella necessaria a godersi l’ultimo film su Godzilla. Significa, letteralmente, immaginare di avere dietro di sé una generazione intera di decerebrati, un’orda barbarica incapace non solo di leggere e apprezzare un romanzo, un racconto, un saggio, ma perfino di far funzionare un tostapane. La qual cosa, come detto, può essere divertente per qualche intellettuale malmostoso, ma resta clamorosamente ed evidentemente falsa, una bufala che tuttavia già è scappata dalla stalla come i proverbiali buoi, e adesso passeggia indisturbata sui verdi pascoli dell’opinione pubblica italiana.
Ci sarebbe, ovviamente, anche un’altra possibilità ermeneutica: che quell’1 su 20 sia lo studiato frutto di un progetto. Che quella balla sia stata scientemente messa in circolazione per disinformare a bella posta, e non per mera sciatteria (ipotesi che continua a sembrarmi invero la più probabile) o per il piacere dello spettacolo della catastrofe. Per ottenere quale effetto non è facile da capire e determinare, ma un sospetto viene: creare una volta di più la dinamica del capro espiatorio. La scuola, a questo, è già abituata da tempo. I giovani italiani sono politicamente disillusi e disincantati? Colpa della scuola che non fa abbastanza educazione civica. Gli adolescenti italiani muoiono come mosche sulle strade?
La scuola: avere qualcuno a cui dare la colpa. Costa meno che pensarci e, non sia mai, investire in essa risorse e credito politico
Responsabilità della scuola che non fa abbastanza educazione stradale. I ragazzini italiani mangiano e bevono schifezze? La scuola dovrebbe fare educazione alla salute, e non la fa. E via dicendo. Da decenni, sulla scuola italiana vengono scaricate responsabilità educative tanto ampie quanto fumose, non tanto perché si creda veramente che la scuola possa e debba fare qualcosa, ma per avere qualcuno a cui dare la colpa quando, poi, qualcosa dovesse andare storto. Costa meno che pensarci e, non sia mai, investire in essa risorse e credito politico.
A questo giro, il pretesto è stato costruito col minimo sforzo: un titolo del tutto insensato, privo del benché minimo riferimento a quel che dice lo studio di cui si parla, ma che colpisce la fantasia: gli studenti italiani non capiscono nulla di quel che leggono, solo 1 su 20 si salva! Colpa, ovviamente, degli insegnanti impreparati, del fatto che non si bocci più, della pedagogia moderna, della mancanza di predella, del Sessantotto, che sono poi nel linguaggio del luogo comune nient’altro che avatar della medesima entità: la scuola “moderna”, come il calcio contestato dagli Ultras.
Quanto questa lettura sia legittima, lo dimostra, a perfetto compimento dell’apologo, il fatto che qualcuno – più d’uno – tra i tanti dolenti commentatori ha chiosato che tutto ciò si evince dall’imprescindibile e oggettivo riscontro fornito dalla preziosa ricerca dell’Università di Pisa.