Fino a non molto tempo fa si dibatteva continuamente del debito pubblico. Ultimamente se ne parla poco, probabilmente perché, con i rendimenti delle obbligazioni ormai schiacciati, costa molto meno anche se è cresciuto molto. Visto la mancanza (temporanea?) di polemiche forse se ne può parlare con un certo distacco. Intanto la parola. In tedesco Schuld (=debito) richiama sia il debito sia la colpa, così come accade con l’ebraico Chayav. Solo per dire della profondità di richiami della parola “debito”.
L’argomentazione sul debito è generalmente favorevole quando si parla di quello privato, perché grazie a questo, se erogato agli imprenditori, si accelera lo sviluppo d’impresa, mentre il debito privato, se erogato alle famiglie, ha una lettura ambigua, positiva quando grazie a questo si può anticipare un miglior tenore di vita, negativa quando si afferma che è pericoloso “vivere sopra i propri mezzi”.
Un esempio è quello dei mutui. Invece di vivere per anni risparmiando molto in una abitazione modesta mentre si sogna di comprare un giorno una casa migliore, ecco che – grazie al mutuo ipotecario – si evita il risparmio preventivo portato avanti negli anni e la casa migliore la si può avere fin da subito. Se però l’eccesso di offerta di mutui spinge così in alto i prezzi delle abitazioni che questi non possono che cadere in un periodo successivo, ecco che si ha una crisi, che può essere anche grave come quella dei famigerati mutui sub-prime di dieci anni fa.
A noi però interessa il debito pubblico. Partiamo da lontano. Il debito era della Corona e il re di frequente lo ripudiava. Se non lui, accadeva che il successore al trono non lo riconoscesse. Da qui i tassi di interesse abnormi richiesti dai banchieri dei tempi. Si pensò allora che, se il debito fosse stato controllato da chi lo comprava – i ricchi dell’epoca, ecco che sarebbe diventato più sicuro. Diventando più sicuro il tasso richiesto sarebbe sceso. A quel punto i ricchi erano contenti, perché evitavano il ripudio, mentre il re poteva indebitarsi a un costo inferiore.
Ciò che accadde in Gran Bretagna prima che da altre parti. Il risultato fu che le guerre della “perfida Albione” costavano molto meno di quelle degli altri. In Francia si era scettici proprio per colpa (ecco Schuld) dell’esperienza del ripudio da parte dei re del debito (riecco Schuld). Montesquieu sosteneva che il debito pubblico “estraeva il reddito da quelli che lavoravano per darlo agli indolenti”. Gli scozzesi Hume e Smith temevano – nonostante (o proprio perché) favoriva le ambizioni della Corona – che il debito pubblico avrebbe corrotto gli stati, spingendolo a guerre vane. Inoltre, temevano che avrebbe alimentato le clientele (=political patronage). Delle idee non diverse si manifestavano negli Stati Uniti con Jefferson.
Quelli che oggigiorno sono visti come i nemici del debito pubblico – i tedeschi, erano, invece, quelli che, in epoca pre-keynesiana, quindi anteriormente alla Prima guerra, difendevano il ruolo dinamico della spesa e del debito pubblico.
La Germania era ai tempi “il” Paese emergente e per industrializzarsi in fretta seguì la strada del “dirigismo”, sia con l’intervento pubblico diretto sia con le banche “miste”. Queste ultime erano le banche che erogavano il credito al consumo e finanziavano gli investimenti. L’Italia all’epoca fece lo stesso con la Banca Commerciale e il Credito Italiano.
Addirittura un economista dell’epoca – Karl Dietzel – sosteneva che una nazione stava meglio se il Tesoro pagava molto le obbligazioni che aveva emesso. Addirittura un altro economista dell’epoca – Lorenz von Stein – sottolineava il ruolo del debito come assicurazione collettiva volta alla integrazione politica della cittadinanza.
Naturalmente restavano tedeschi quindi aborrivano lo spreco. Il dubbio era che la spesa pubblica si sarebbe rivolta verso il finanziamento dei consumi e non degli investimenti. Insomma, si voleva uno Stato Dirigista e Sociale, ma, nel contempo, austero. Il succitato von Stein chiese allora una salvaguarda costituzionale contro l’uso improprio della spesa. Salvaguardia che è oggigiorno ripresa nella Legge costituzionale della Repubblica Federale di Germania.