«Tante volte perdiamo la pazienza, anche io. Per questo vi chiedo scusa per il cattivo esempio dato», ha detto Papa Francesco il giorno dopo lo scontro fisico con una turista asiatica occasione di tanti motteggi, meme e commenti. In genere ispirati a un tono di sorpresa, che fa intendere quanto ormai la memoria collettiva sia labile. Giusto cinque anni fa, proprio Francesco durante un viaggio aereo era stato interpellato dai giornalisti sull’attentato terrorista a Charlie Hebdo: orribile strage, ma ai danni di una rivista satirica che aveva investito con toni spesso giudicati blasfemi non solo l’Islam, ma anche Cristianesimo e Ebraismo. E il Pontefice se ne era uscito con un esplicito consenso alle reazioni fisiche in casi particolari.
«Credo che la libertà religiosa e la libertà di espressione siano entrambe diritti umani fondamentali», aveva esordito. «Ognuno ha diritto di praticare la propria religione senza offendere. Non si può fare la guerra, uccidere in nome della propria religione, cioè in nome di Dio. Questa è un’aberrazione. D’altra parte ognuno non solo ha la libertà e il diritto, ma anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune». Però aveva subito aggiunto: «ma senza offendere. Perché è vero che non si può reagire violentemente». E qui aveva messo in mezzo il responsabile per l’organizzazione dei suoi viaggi. «Ma se il dottor Gasbarri che è un mio grande amico, dice una parolaccia contro la mia mamma gli aspetta un pugno. È normale. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la religione degli altri».
«C’è tanta gente che sparla delle religione, le prende in giro, giocattolizza la religione degli altri, questi provocano le persone», aveva insistito. «Come se il dottor Gasbarri dice qualcosa contro la mia mamma. C’è un limite. Ogni religione che rispetti la vita e la persona umana ha dignità. E io non posso prenderla in giro. Questo è un limite. Ho preso questo esempio del limite per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti come quello della mia mamma». E a chi tocca la mamma, era la conclusione implicita ma già esplicitata prima, cazzotti!
Siamo arrivati ai tempi dell’Anticristo, per vedere il Soglio di Pietro occupato da un Papa scazzottatore? In realtà, l’iniziatore della serie altro che scazzottatore, era direttamente un mozzaorecchie. Così per lo meno riferiscono i Vangeli, raccontando dell’arresto di Gesù. «Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: ‘Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada’», ricorda in particolare Matteo. «Ma uno di quelli che erano lì presenti, tratta la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio», conferma Marco, senza citare l’amonizione di Gesù. Da Luca sappiamo inoltre che Gesù risanò il ferito. «E uno di loro percosse il servo del sommo sacerdote, e gli recise l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne e disse: ‘Lasciate, basta!’. E, toccato l’orecchio di quell’uomo, lo guarì». Ma è Giovanni a fare i nomi: «Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la prese e colpì il servo del sommo sacerdote, recidendogli l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Ma Gesù disse a Pietro: ‘Rimetti la spada nel fodero; non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?’». Da un estremo all’altro, sempre i Vangeli riferiscono che dopo aver cercato di difendere il Messia a mano armata Pietro lo rinnegò tre volte, per paura. Ma alla fine divenne il capo della Chiesa, e morì martire nel luogo dove oggi è la Cattedrale che porta il suo nome, dove è il centro del cattolicesimo, e in cui il suo successore è istintivamente ricorso alle spicce.
Ovviamente tra il primo papa e l’ultimo episodi di tale fisicità non sono stati la norma. Ma neanche sono stati del tutto assenti. Quasi a metà del percorso anche se un po’ più vicino a noi, tra l’orecchia tagliata da San Pietro e la mano schiaffeggiata da Francesco ci fu il naso rotto con un calcio da Bonifacio VIII. Apparteneva a un frate mandatogli come ambasciatore dall’imperatore Alberto d’Austria. Il poveraccio si prostrò riverente, ma il Pontefice gran nemico di Dante si sentì offeso per il rango così umile dell’inviato e reagì nel modo che provocò una grave emorragia. Ovviamente non erano maniere che attiravano simpatie, e infatti Bonifacio finì schiaffeggiato a Anagni da Sciarra Colonna e destinato all’Inferno nella Divina Commedia, oltre a propiziare la Cattività Avignonese.
Giusto 200 anni dopo la morte di Bonifacio VIII, divenne Papa Giulio II: dal 1503 al 1513. Un Pontefice guerriero che guidava le sue truppe a cavallo, coperto di corazza e armato con lancia e spada. Ed era anche inseparabile da un nodoso bastone, che finiva regolarmente percosso su chi non era più che sollecito ad obbedire ai suoi ordini. Lo teneva con sé anche nel letto di morte, dove stette dal 4 al 20 febbraio: agitandolo sia contro il confessore ogni volta che si avvicinava; sia contro i medici che cercavano di suggerirgli medicine diverse da un bottiglione di Malvasia. Solo alla fine posò il bastone e accettò il viatico, ammettendo di essere stato un grande peccatore. E morì il giorno dopo.
Ma oltre ai Papi scazzottatori, mozzaorecchi, scalciatori e bastonatori, ve ne è stato anche uno accettatore. Il famoso Sisto V, cui un giorno vennero a dire di un incredibile miracolo. «Santità, una statua di Gesù suda sangue!». «Non ci credo!». «Ma Santità, l’hanno vista tutti!». «E portatemela allora!». «Vedete, suda sangue!». «Ah sì? Portatemi un’ascia!». «Ma Santità…». «Un’ascia! Comando!». Con l’accetta in mano, Papa Sisto iniziò a rivolgersi alla sacra immagine con deferenza. «Come Cristo, ti adoro». Ma poi sbottò: «ma come legno, ti spezzo!». «Santità, noooo…». Ma giù accettate! Effettivamente, dal Crocefisso spezzettato saltò fuori la spugna imbevuta di sangue che aveva costruito la truffa. Possiamo immaginare Sisto che si appoggia soddisfatto all’accetta dicendo agli astanti con un sorriso: «lo vedete che avevo ragione?». Nacque comunque così il noto proverbio romano su “Papa Sisto che non l’ha perdonata manco a Cristo”.
Certo, non tutti i Papi sono santi. Ma lo è sicuramente Nicola, pur se fu solo vescovo di Myra, nell’attuale Turchia. Nato nel 270 a Patara di Licia e morto il 6 dicembre 343 appunto a Myra, una leggenda dice che per salvare tre ragazze povere dalla prostituzione abbia gettato loro di notte dalla finestra sacchi di monete d’oro da usare come dote. Rielaborata nell’altra tradizione che lo vede regalare cibo e denaro alle famiglie povere introducendole in forma anonima da finestre o camini, insieme al suo abito rosso da vescovo la leggenda di San Nicola portò infine al personaggio di Babbo Natale. Ma San Nicola è esistito davvero, è dal 9 maggio 1087 il suo corpo è custodito a Bari, dopo essere stato trafugato da Myra da un commando di 62 baresi con la motivazione ufficiale di sottrarlo ai musulmani avanzanti: un viaggio in mare che ne fa anche un patrono dei marinai. La notte tra il 5 e 6 maggio sulle sue reliquie fu fatta anche una ricognizione, appunto nella Basilica di Bari a lui dedicata. E saltò fuori il chiaro segno di un grave trauma al naso.
Fu la conferma di una tradizione, secondo cui San Nicola sarebbe stato uno dei 318 partecipanti a quel Concilio di Nicea che nel 325 definì la formula del “Credo” in contrapposizione all’eresia di Ario, e in quell’occasione sarebbe anche venuto con l’eretico alle mani. Più precisamente: San Nicola avrebbe mollato a Ario un cazzotto, e Ario avrebbe risposto “partendo de’ capoccia”, come si direbbe a Roma. Il prototipo di Babbo Natale ci rimise il setto nasale, ma l’ortodossia fu salva. La chiamarono Trinità: e effettivamente è una scena da film di Bud Spencer e Terence Hill.