Un’opzione nuova – se osservata con gli occhi degli ultimi decenni, ma vecchia – se osservata con gli occhi dei decenni precedenti, è il ritorno dal 2020 della politica fiscale attiva, di una combinazione di spesa e di entrate pubbliche più vivace. La spesa pubblica attiva può, sotto certe condizioni, essere una necessità, ma è anche un’opzione molto concreta sia per il potere politico sia per la cittadinanza “messa peggio”. Da qui la sua persistenza nel dibattito economico e politico e il suo ritorno appena le condizioni la possono legittimare.
Negli ultimi mesi del 2019 abbiamo registrato la riemersione dell’opzione della spesa pubblica vivace: a) in Italia – come l’idea della ripresa degli investimenti in infrastrutture e come riesumazione dell’Iri, b) in Gran Bretagna – come spesa sociale aggiuntiva da erogare dove i conservatori hanno vinto nelle aree laburiste, c) nell’Unione Europea con la proposta di un robusto piano di investimenti eco-sensibili, e persino d) in Germania, che gode dal Dopoguerra della fama di non voler proprio usare il bilancio pubblico in deficit.
Le condizioni perché la spesa pubblica funzioni sono stingenti. Essa funziona per davvero in depressione, ma molto meno in condizioni normali, fossero queste anche di stagnazione o di modesta crescita. Essa funziona per davvero quando l’incertezza è massima, ossia quando si ha lo “sciopero” degli investimenti e dei consumi. Non solo, ma essa funziona al meglio quanto più solida è la posizione fiscale del governo. Ossia, quando un governo non ha un gran debito pubblico. Nel caso italiano, se si spende in deficit e il PIL non cresce abbastanza, allora il debito pubblico crescerà più del PIL. Nel caso in cui ci fosse un aumento dei tassi di interesse, allora il debito diventerebbe più oneroso, e sarebbe tanto più oneroso tanto maggiore è il debito iniziale. Per fronteggiare un elevato e crescente onere del debito si dovranno allora alzare le imposte, così deprimendo l’economia.
Nonostante questi siano oggigiorno i limiti al rilancio della spesa pubblica, si ha chi pensa che essa, anche se le economie non sono in depressione, ma in una “stagnazione secolare”, potrebbe funzionare. E tanto più essa potrebbe funzionare dal momento che i tassi di interesse dovrebbero restare – stante le dichiarazioni delle banche centrali – molto schiacciati per il prossimo futuro. Insomma, si potrebbe – secondo questa linea di pensiero – procedere con l’espansione fiscale che non verrebbe “tarpata” da degli oneri finanziari eccessivi.
Quale che sia la verità macro economica della spesa pubblica attiva – peraltro un argomento dibattuto da almeno un secolo, essa è domandata dai politici e dalla cittadinanza messa peggio. Perché mai?
La credenza che i politici possono governare l’economia e quindi che posano dirigerla verso il “bene”, così come verso il “male” è dominante. È l’idea dei politici come sacerdoti, delle figure che possono guidare il popolo verso il bene. L’economia in questo modo di vedere il mondo, che è quello dei politici onnipotenti e dei tifosi che ne cantano le gesta sui media e/o in piazza, non si muove per effetto di un numero immenso di micro decisioni, ma si muove al comando dei sacerdoti che han preso il posto degli eroi pagani.
«Caro cambiamo la lavatrice?» «No, aspetta che sento che cosa dice Di Maio». «Cara cambiamo l’auto?». «No, aspetta che sento che cosa dice Zingaretti». Questo comportamento è radicato da millenni. Lo rintracciamo nell’Iliade, laddove gli Dei, che intervenivano nella vita degli Eroi, e quindi indirettamente nella vita degli Umani, portavano a compimento il Destino. Gli Eroi guidati dagli Dei per conto del Destino sono disposti in campi avversi, oggi come ai tempi dell’Iliade. I nostri due Matteo nazionali, per esempio.
Risk disclosure, come si legge in fondo a un contratto finanziario. Un Eroe che osa troppo (hybris) viene alla fine punito (nemesis). Nel periodo che intercorre fra i due succitati momenti gode del plauso delle folle che vedono in lui il compiersi del Destino (ananke).
Passiamo alla cittadinanza. Immaginiamo un universo dove le innovazioni sono all’ordine del giorno. Si avranno le imprese che falliscono sostituite da quelle che innovano. Si avranno gli occupati delle imprese fallite che vanno da quelle che innovano. Immaginiamo un mondo dove: a) le candele sono sostituite dalle lampadine; b) con imprese delle candele che producono solo quel che serve per soffiare sulla torta; c) dove le imprese delle lampadine conquistano il mercato dell’illuminazione; d) con quasi tutti gli occupati delle candele che passano a produrre lampadine. Se immaginiamo che e) tutto quanto appena descritto avvenga quasi in tempo reale, e che f) le competenze richieste siano circa le stesse
In questo caso saremmo in un universo dove tutto funziona con il Mercato che non lascia spazio allo Stato. L’unica disoccupazione presente in questo sistema sarebbe quella “frizionale”, ossia quella che si forma giusto per il tempo necessario per passare da un’occupazione ad un’altra. Se però g) le imprese che producono lampadine non occupassero i fuoriusciti delle imprese delle candele, perché richiedono delle competenze diverse, h) e/o se la dislocazione geografica fosse marcata, ossia se i produttori di lampadine fossero a migliaia di chilometri da dove stavano le imprese delle candele, ecco che si avrebbe una crescita della disoccupazione non “frizionale”, ma “strutturale”. Chi non sopravvive alla dinamicità dell’economia potrebbe per evitare il peggio usare il diritto di voto, che dalla Seconda guerra è universale, per fermare la dinamica delle tecnologia. E lo potrebbe usare perché vi sarebbe un’offerta politica che dichiara di voler difendere chi è rimasto fuori dallo sviluppo. In questo caso il Mercato aprirebbe lo spazio allo Stato.
Insomma e in conclusione, il 2020 dovrebbe vedere il ritorno – per regioni sia economiche sia politiche – della politica fiscale attiva, messa in sordina da qualche decennio. Nota finale. I produttori di candele non troveranno lavoro se non sanno o non possono fare altro. La spesa pubblica quindi lenisce i problemi di breve termine, dando un reddito a questi ultimi, ma come tale non risolve quelli di lungo termine.