Economia sfericaCompetenza, etica, responsabilità: ecco cosa serve per un successo sostenibile (e capace di cambiare il mondo)

Fra le altre cose, al World Economic Forum di quest’anno si è parlato di ciò che rende un’azienda vincente. Incredibile ma vero, la ricetta ha ben poco a che fare coi numeri, e ben più con il rapporto dell’impresa stessa con il resto del mondo. Non dimentichiamocelo

Fabrice COFFRINI / AFP

Dell’ultima edizione del World Economic Forum svoltosi a Davos la scorsa settimana, rammenterò tre parole a mio parere cruciali. Le prime due hanno brillato di luce propria al centro di altrettante ricerche significative. La terza ha invece brillato ai miei occhi per assenza. Ma andiamo per ordine.

Secondo il rapporto Trust Barometer 2020, la fiducia, che è la prima delle parole per me cruciali, oggi viene concessa su due attributi distinti: la competenza, cioè la capacità di mantenere le promesse, e il comportamento etico, cioè l’attitudine a fare la cosa giusta lavorando per migliorare la società. Il barometro ha rilevato che le persone hanno tre volte più probabilità di fidarsi di un’azienda se pensano che agisca in modo etico piuttosto che con competenza. I driver etici come l’integrità l’affidabilità e lo scopo, compongono per il 76% il loro capitale fiduciario. Dunque, la battaglia per la fiducia sarà combattuta dalle imprese nel campo del comportamento: non più solo su ciò che fai ma anche su come lo fai.

Secondo la ricerca “Verso una nuova leadership” le cinque caratteristiche che i nuovi leader devono possedere per riuscire a competere in questo nuovo mondo peraltro pervaso dalla digital transformation e gravato dalla crescente sfiducia globale nel settore tecnologico, sono saper includere, saper valorizzare le persone, riuscire a promuovere una crescita sostenibile, saper utilizzare le tecnologie emergenti, abituarsi ad apprendere costantemente. Il mercato, evidenzia il report, chiede sempre più alle aziende, se vogliono avere successo, ed ecco la seconda parola nodale, di occuparsi delle questioni ambientali, sociali ed economiche.

Ma cosa vuol dire avere successo? Albert Einstein diceva ai suoi studenti: «Il motivo più importante per lavorare a scuola e nella vita è il piacere nel lavoro, il piacere nel risultato, e la consapevolezza del valore del risultato per la comunità. La preoccupazione dell’uomo e del suo destino deve sempre costituire l’interesse principale per tutti gli sforzi tecnici. Non dimenticatelo mai in mezzo a tutti i vostri diagrammi e le vostre equazioni. Fate le cose nel modo più semplice possibile, ma senza semplificare. Cercate di diventare non un uomo di successo, ma un uomo di valore».

Ma l’idea di successo che deriviamo dalla lettura di queste parole è la stessa di quella cha abbiamo canonizzato negli ultimi anni? Chi mi conosce sa quanto io ami insistere sul vero significato delle parole perché è attraverso di esso che transita la vera comprensione dell’esistenza. Per questo voglio sottolineare che “succedere” significa “far accadere le cose”, quindi un uomo di successo è qualcuno che fa accadere qualcosa consapevolmente e volontariamente. Per questo penso si debba iniziare a smantellare presso i giovani, prima che diventino adulti e quindi a loro volta genitori ed educatori, e che diventino quei politici su cui grava la crisi di fiducia contemporanea o quei manager ai quali è affidata la leadership futura delle imprese, invitandoli a riflettere su cosa esso sia veramente.

Nel corso degli anni ogni volta che mi sono impegnato molto per cercare di far accadere cose diverse, in famiglia, in società come in azienda, ho avuto la conferma che la differenza sta non tanto nel successo in sé ma proprio nella consapevolezza che maturiamo quando scopriamo di essere in grado di far accadere quel qualcosa. Ma solo quando sono riuscito a “fare bene per tutti” mi sono sentito una persona di successo. Dunque, il successo che resterà alla fine della vita sarà quello che avremo concretamente fatto accadere per tutti.

Se un’idea che abbiamo avuto non l’avremo realizzata incarnandola in un progetto di vita, in realtà non l’avremo mai avuta. E così anche quei valori e quegli ideali a cui potremo aver aspirato, non saranno mai veramente nostri se non li incarneremo in un progetto di vita. Dobbiamo infine lavorare sul nostro senso di responsabilità, ovvero sull’abilità di dare delle risposte.

Quando interagiamo in questo modo nuovo col mondo, quando affrontiamo le situazioni coraggiosamente, senza ripiegarci su noi stessi, guidati da nuovi criteri che superano i metodi di ieri: violenza contro violenza e furbizia contro furbizia, siamo ispirati da un nobile e imprescindibile sentimento che a nostra volta ispiriamo negli altri: la gratitudine, la terza parola. Quella assente a Davos.

Solo generando nell’altro questa emozione profonda sapremo di essere riusciti a rivitalizzare noi stessi. Sarà questo il segno da lasciare dietro ogni nostro passo, ogni nostra azione, ogni nostra parola. Chiunque saprà suscitare la gratitudine di un altro avrà vinto la sfida della nuova epoca.

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