È stato anche l’anno di Greta, ma non solo la 17enne Greta Thumberg è una giovanissima che sta agitando le cronache mondiale. Ce lo ricorda il 23enne Joshua Wong con Unfree Speech: The Threat to Global Democracy and Why We Must Act, Now: il suo libro è uscito in inglese il 30 gennaio per WH Allen del gruppo Penguin (288 pagine, $8.38 Kindle, $16.00 in cartaceo). In italiano seguirà già il 6 febbraio per Feltrinelli, con un titolo che non è traduzione letterale. Non “Discorso non libero: la minaccia alla democrazia globale e perché dobbiamo agire, ora” ma Noi siamo la rivoluzione. Perché la piazza può salvare la democrazia (224 pagine, 9,99 € formato Kindle; 12,75 € formato cartaceo). Più “liberale”, se vogliamo, l’originale. Più “sinistrorso” nell’edizione italiana. In inglese si richiama a quell’allarme sul regime cinese come potenziale minaccia per la democrazia mondiale, come evidenziato anche da un recente rapporto di Human Rights Watch di cui pure abbiamo scritto su Linkiesta. In italiano sembra agganciarsi in generale all’ondata di proteste che nel corso dello scorso anno ha investito almeno un quarto di tutti i Paesi del mondo, colpendo in modo trasversale alla differenza ideologica dei governi. In particolare, forse allude anche al fenomeno sardine: anche se da noi c’è il dato abbastanza eccentrico per cui le manifestazioni non sono contro un governo, ma contro un movimento di opposizione percepito come una minaccia per la democrazia.
Quando è venuto in Italia, comunque, Joshua Wong ha parlato a Palazzo Madama su un invito trasversale di Partito Radicale e Fratelli d’Italia e in presenza anche di senatori di Pd, Forza Italia e Lega, e quando l’ambasciata cinese ha protestato anche la risposta è stata abbastanza pluripartisan. «Joshua Wong ha distorto la realtà, legittimato la violenza e chiesto l’ingerenza di forze straniere negli affari di Hong Kong. I politici italiani che hanno fatto la videoconferenza con lui hanno tenuto un comportamento irresponsabile», ha detto il portavoce dell’ambasciata. A quel punto si sono svegliati perfino i fino allora silenti Cinque Stelle. «Il Parlamento ha diritto e il dovere di ascoltare sempre tutte le posizioni e tutte le parti in causa, anche in relazione ad avvenimenti che si svolgono in altri Paesi. Le parole dell’ambasciata cinese sono profondamente irrispettose», ha risposto Roberto Fico. E dal Ministero degli Esteri di Di Maio è arrivata una nota ufficiale che definiva le dichiarazioni «rese dal portavoce dell’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese a Roma» come «del tutto inaccettabili e totalmente irrispettose della sovranità del Parlamento italiano».
Dunque, forse è il caso di superare subito le letture di parte, e soffermarsi piuttosto sulla storia straordinaria di un ragazzino che già a 14 anni aveva fatto la storia, organizzando la prima protesta studentesca nella storia di Hong Kong. Vittoriosa, perché costrinse il governo di Pechino a ritirare un curriculum di educazione civica pensato per inculcare anche agli studenti della ex-colonia un lavaggio del cervello sulle bellezze del potere monolitico del Partito Comunista e sulle brutture del pluripartitismo. Scholarism si chiamò il movimento fondato da Joshua Wong a partire da una pagina su Facebook, e che fu capace di portare fino a 100.000 persone in piazza.
Cresciuto in una famiglia di ceto medio di fede luterana, Wong torna poi alla ribalta il 27 settembre 2014, quando un suo discorso incendiario contro l’annuncio di Pechino di voler imporre il proprio gradimento a ogni futuro candidato alla guida di Hong Kong scatena la “Protesta degli Ombrelli”. Dall’oggetto che i manifestanti scesi in piazza a chiedere il suffragio universale utilizzano per proteggersi dai gas della Polizia. La rivolta dura fino al 14 dicembre. Divenuto famoso in tutto il mondo, Time lo include tra i teenager più importanti dell’anno, e e gli dà addirittura una nomination come Persona dell’Anno del 2014. Nel 2015 Fortune lo indica tra i più grandi leader mondiali. Il 10 aprile 2016 Wong fonda il partito Demosistō, di cui diventa segretario. Nell’agosto del 2017 è arrestato e processato per le proteste del 2014, assieme a altri due leader del movimento. Candidato al Nobel per la Pace del 2017, pure nel 2017 la sua vita è raccontata dal documentario Joshua: Teenager vs. Superpower di Joe Piscatella, che vince il World Cinema Audience Award al Sundance Festival.
Nel gennaio del 2018, Wong è stato di nuovo incarcerato per aver disobbedito a un ordine del Tribunale durante le proteste del 2018. Liberato il 22 gennaio del 2018 su cauzione, è stato però interdetto da ogni carica pubblica fino al 2022: una misura che gli ha impedito una sicura elezione. E nel maggio del 2019 è tornato dentro per sette settimane. Ha risposto convincendo i congressisti statunitensi a approvare un Hong Kong Human Rights and Democracy Act che è entrato in vigore lo scorso 27 novembre, e che impone sanzioni ai funzionari cinesi e di Hong Kong responsabili della repressione. Ovviamente ha avuto un ruolo importante anche nella protesta che l’anno scorso si è scatenata a Hong Kong contro un progetto di riforma della legge sulla estradizione ritenuta una minaccia per i diritti umani: 2 milioni di persone in piazza, un quarto della popolazione.
Questa storia è appunto ora ripercorsa in questo libro, che è diviso in tre parti, e raccoglie anche le lettere che scrisse nei sei mesi passati in carcere come prigioniero politico. Si scopre un nerd appassionato dei fumetti della Marvel e dei documentari di Netflix che a un certo punto ha deciso di trasformarsi in una specie di Supereroe della Democrazia. È stato anche pestato, ma quando gli chiedono quale sia stata la cosa per cui ha sofferto nelle sue detenzioni risponde: l’essersi perso una prima di un film suio supereroi. I suoi stessi genitori, che si erano sposati subito dopo la repressione della Tienanmen, lo avevano chiamato Giosuè come l’eroe biblico che guidò gli ebrei nella Terra Promessa e al suono delle trombe aveva fatto crollare le Mura di Gerico. Profezia del potere dei Social attraverso i quali sta facendo tremare le mura del regime autoritario?
Dislessico, fin da piccolo fu costretti a coltivarsi come oratore appunto per superare il proprio handicap, e la sua prima protesta prima ancora che contro il potere cinese la aveva organizzata nello United Christian College da lui frequentato, per migliorare il vitto della mensa. Da lì ha costruito quella che è ora una sfida globale. Non ci sono alternative, spiega. O la Cina a partire da Hong Kong prova a aprirsi, o sarà il suo governo che proverà a distruggere la democrazia liberale nel mondo. Per questo è interesse di tutti appoggiare la lotta di Hong Kong. «Anche se siamo lontani, la nostra ricerca di democrazia e di libertà è la stessa. Vi prego di stare con Hong Kong, perché la nostra lotta non è ancora finita», spiega. «Se noi bruciamo, voi brucerete con noi».